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Bevande zuccherate e rischio di iperandrogenismo nelle donne

Il consumo abituale di bevande zuccherate è da tempo indicato come uno degli elementi più negativi della cosiddetta dieta occidentale, ossia un’alimentazione caratterizzata da un alto consumo di grassi saturi e zuccheri raffinati. Una glicemia elevata è, infatti, un fattore di rischio riconosciuto per lo sviluppo di malattie cardiovascolari, obesità, diabete di tipo 2, steatosi epatica non alcolica e tumori.

Una delle componenti più utilizzate nei dolcificanti delle bevande zuccherate è il fruttosio, uno zucchero semplice metabolizzato a livello del fegato e presente anche nella frutta. Diverse ricerche hanno dimostrato che gli effetti sul metabolismo del fruttosio assunto con la frutta sono limitati dalla presenza di fibre, vitamine e minerali, mentre il fruttosio dei dolcificanti ha effetti negativi sul metabolismo lipidico, ossia può determinare un aumento dei trigliceridi nel sangue e provocare, a lungo andare, danni epatici. Un nuovo studio sembra indicare anche una possibile interferenza con i livelli ormonali, in particolare con gli ormoni sessuali.

Lo studio su assunzione di fruttosio e livelli ormonali

Lo studio, condotto da ricercatori dell’Università di Maastricht e pubblicato sulla rivista European Journal of Endocrinology, ha analizzato l’associazione tra il consumo di fruttosio, nella frutta o nei dolcificanti e i livelli degli ormoni sessuali. È risultato che il consumo abituale di bevande zuccherate può portare ad un aumento del testosterone e quindi, nelle donne, può aumentare il rischio di iperandrogenismo, una condizione caratterizzata da un’eccessiva produzione di ormoni maschili, che può comportare manifestazioni come acne e irsutismo ed è associata anche ad ovaio policistico.

La ricerca è stata condotta su una coorte della UK Biobank, composta da 136.384 individui di età compresa tra i 40 e 70 anni. L’obiettivo era valutare l’associazione tra la quantità di fruttosio assunto quotidianamente – derivante da frutta fresca e disidratata, succhi di frutta e bevande zuccherate artificialmente, oltre che quello totale – e la proteina SHBG, ossia la globulina legante gli ormoni sessuali, i livelli di testosterone e il rischio di iperandrogenismo.

Oltre allo studio osservazionale, è stato prodotto uno studio di associazione genetica, selezionando i soggetti portatori di una variante genetica che rende difficile metabolizzare il fruttosio.

Le bevande zuccherate possono aumentare il rischio di iperandrogenismo nelle donne

L‘apporto di fruttosio totale, e quello derivante dalla frutta, è risultato associato con livelli di più elevati SHBG, livelli inferiori di testosterone libero negli uomini e nelle donne, e con un più basso rischio di iperandrogenismo nelle donne.

Per contro, il fruttosio derivante da bevande dolcificate artificialmente, assunto nella misura di almeno 10 grammi al giorno, ha comportato un livello inferiore di SHBG sia negli uomini che nelle donne, un livello più elevato di testosterone libero e un aumento del rischio di iperandrogenismo.

Gli autori concludono

Il consumo di ≥10 g/giorno di fruttosio da bevande con zuccheri aggiunti, corrispondente a una porzione ≥200 mL, è associato a un rischio di iperandrogenismo più elevato del 2% nelle donne

I risultati sono supportati da uno studio di associazione genetica, che ha mostrato come la compromissione del metabolismo del fruttosio sia associata con livelli di SHBG più elevati (sia negli uomini che nelle donne) e con un minor rischio di iperandrogenismo e acne (nelle donne).

La rilevanza dei risultati, precisano i ricercatori, è indicata dall’importante consumo di bevande zuccherate che caratterizza alcune fasce sociali, e dalla elevata prevalenza di disturbi, quali acne vulgaris e sindrome dell’ovaio policistico, associate all’iperandrogenismo. Per evitare di andare incontro a un aumento del rischio, sottolineano i ricercatori, potrebbe essere sufficiente una semplice e facilmente realizzabile modifica della dieta.

Redazione

articolo a cura della redazione