A distanza di 10 anni dalle precedenti, l’American Stroke Association (ASA) di concerto con l’American Heart Association (AHA) ha da poco pubblicato le linee guida per la prevenzione primaria dell’ictus.
Il documento aggiornato deriva dalla revisione dei trial clinici di maggiore rilievo pubblicati negli ultimi anni e ha l’obiettivo di implementare le strategie per la prevenzione primaria cardio-cerebrovascolare.
Il perno su cui si articola il documento è costituito dal fatto che l’ictus, sia di natura ischemica che emorragica, rappresenta una delle principali cause di disabilità e mortalità, ma si può prevenire adottando approcci personalizzati volti a migliorare la gestione dei fattori di rischio, e coinvolgendo il paziente in un percorso condiviso.
Di seguito ricapitoliamo i punti chiave delle linee guida ASA/AHA, che pur riflettendo la situazione statunitense possono essere adottate anche in ambito internazionale per promuovere migliori pratiche di prevenzione primaria.
1. Cure primarie. Sin dalla nascita e per tutto l’arco di vita, a ciascun individuo dovrebbe essere garantito l’accesso a visite di controllo periodiche nell’ambito delle cure primarie, volte a valutare e migliorare la salute del cervello.
2. Determinanti sociali. Lo screening dei determinanti sociali è fondamentale in un’ottica preventiva: l’ambiente in cui si vive e lavora, lo status sociale e culturale nonché quello economico hanno un peso non trascurabile sul profilo di rischio, limitando le possibilità di accesso agli screening e alle visite. Individuare i bisogni sociali delle persone diventa quindi parte integrante di un percorso di prevenzione e sensibilizzazione sulla salute del cervello.
3. Dieta mediterranea. La dieta mediterranea con aumentato consumo di olio di oliva e frutta secca (noci in particolare) è da tempo considerata una risorsa fondamentale ai fini della riduzione del rischio di ictus. Pertanto, nei soggetti adulti in assenza di patologie cardio-cerebrovascolari pregresse e in quelli a rischio medio o alto è fortemente raccomandato un regime alimentare basato sulla dieta mediterranea.
4. Attività fisica. L’attività fisica è uno strumento essenziale per la riduzione del rischio cardio-cerebrovascolare. Uno stile di vita sedentario rappresenta un noto fattore di rischio; pertanto il clinico dovrebbe stimolare i pazienti alla regolare pratica di esercizio fisico, ed evitare il più possibile la sedentarietà. In tal senso il documento sottolinea anche la necessità di studi di intervento mirati.
5. Nuovi antidiabetici. Gli agonisti del recettore del GLP-1 si sono dimostrati efficaci non solo per migliorare la gestione del diabete di tipo 2, ma anche per favorire la perdita di peso e ridurre il rischio di malattie cardiovascolari e stroke. Sulla base delle evidenze raccolte se ne raccomanda l’impiego in pazienti diabetici ad alto rischio cardiovascolare o con patologie cardiovascolari pregresse.
6. Pressione arteriosa. Punto critico nella gestione del rischio di ictus è il controllo della pressione arteriosa. Dalla letteratura è emerso come l’utilizzo di una monoterapia antipertensiva comporti il raggiungimento del target pressorio solamente nel 30% circa dei pazienti; l’utilizzo di 2 o 3 farmaci in combinazione invece si è mostrato in grado di ottenere un buon controllo pressorio nella maggior parte dei pazienti. Dunque, nei soggetti che richiedano una terapia antipertensiva, si raccomanda l’impiego di 2 o più farmaci per la prevenzione dell’ictus.
7. Anticoagulanti. La terapia anticoagulante è indicata per i pazienti affetti da sindrome antifosfolipidica (patologia autoimmune clinicamente caratterizzata da trombosi e aborti multipli) o lupus eritematoso sistemico. I soggetti affetti da sindrome antifosfolipidica e che hanno sperimentato un episodio di trombosi venosa (non motivato) potrebbero trarre maggiore beneficio da una terapia a base di antagonisti della vitamina K (target INR 2-3) più che dagli anticoagulanti orali ad azione diretta.
8. Donne in gravidanza. Il documento pone particolare attenzione alla gestione del rischio nelle donne in gravidanza, soprattutto attraverso il controllo della pressione arteriosa (PS e PD). In caso di PS ≥160 mmHg o PD ≥110 mmHg durante la gravidanza o nelle 6 settimane successive al parto, si raccomanda l’adozione di un trattamento mirato, al fine di ridurre il rischio di emorragia intracerebrale fatale.
9. Medicina di genere. Sempre in tema di salute della donna, il documento raccomanda l’importanza di indagare la presenza di condizioni quali endometriosi, insufficienza ovarica prematura, menopausa precoce che comportano un aumento del rischio di ictus.
10. Transgender. Infine, la valutazione del rischio nelle persone transgender: in particolare le donne transgender che sono sottoposte a trattamenti a base di estrogeni presentano un aumentato rischio di ictus. Di conseguenza, è importante valutare i determinanti del rischio anche in queste particolari fasce di popolazione.