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Salute mentale, l’onda lunga della pandemia nelle giovani generazioni

Nell’anno successivo alla pandemia gli indicatori sullo stato di salute e benessere mentale della popolazione, a livello globale, anche se in miglioramento rispetto alla crisi legata all’emergenza sanitaria, non mostrano ancora decisi segnali di ripresa.

Questo è il quadro che emerge dalla IV edizione del rapporto The Mental State of the World Report, pubblicato dal Global Mind Project un grande database che raccoglie via internet dati sullo stato di salute mentale della popolazione in tutti continenti, in relazione a fattori socio-demografici e stili di vita. Evidenziando tendenze e mutamenti rispetto agli anni precedenti.

L’ indagine sul 2023, che ha coinvolto 71 paesi per un totale di oltre 500mila partecipanti raggiunti attraverso il web, secondo Tara Thiagarajan, fondatrice dell’organizzazione americana no profit Sapien Labs, promotrice dell’iniziativa, mostra un “quadro preoccupante” soprattutto tra i giovani adulti e nei paesi economicamente più sviluppati, con l’assenza di segnali di miglioramento rispetto alla situazione precedente alla pandemia da Covid-19.

La ricerca con una scala di valutazione della salute mentale

L’indagine ha fatto uso del Mental Health Quotient (MHQ), strumento appositamente sviluppato per indagare 47 aspetti relativi alle capacità mentali e funzionali, riferite alle capacità individuali di gestire le avversità e gli eventi stressogeni, e di contribuire produttivamente alla vita della società. Obiettivo della ricerca è di “fornire una mappa globale dell’evoluzione del benessere mentale, e indagare le leve che possono essere impiegate per una sua più efficace gestione presso la popolazione, attraverso interventi e politiche sociali basate sulle evidenze”.

In otto paesi di lingua inglese, che avevano già partecipato all’indagine negli anni passati, nel 2020 è stata riscontrata una diminuzione del punteggio MHQ (mediamente pari a 65 su una scala di 300 punti) dell’8% rispetto al 2019. Un dato aggravato da un ulteriore calo del 3%, registrato nel 2021. Rispetto a questo crollo degli indicatori di salute mentale, registrato negli anni della pandemia, l’ultima indagine, relativa al 2023, mostra un superamento che però non va oltre la situazione pre-pandemica. Spiega Thiagarajan:

il declino del benessere mentale avvenuto durante la pandemia è stato arrestato, ma sfortunatamente non c’è stato alcun miglioramento, e nemmeno l’inizio di un miglioramento, rispetto ai livelli pre-pandemici. Pensavamo di vedere una ‘curva a forma di U’, in cui il benessere mentale sarebbe crollato per poi risalire lentamente, ma non è quello che abbiamo visto.”

Nel 2023, il punteggio MHQ medio dei 71 paesi considerati dall’indagine era di 65 sulla scala MHQ di 300 punti, con il 27% degli intervistati classificato come “stressato  o in difficoltà” (distressed o struggling) e solo il 38% come “realizzato o fiorente” (succeeding o thriving)

L’onda lunga della pandemia nei paesi “ricchi”

Al di là della classifica dei singoli paesi, il report contiene alcuni indicazioni significative per le politiche sanitarie nel settore della salute e benessere mentale.

Un primo dato riguarda la maggiore incidenza dello stress e del disagio psicologico nella fasce d’età più giovani rispetto agli anziani. Negli otto paesi anglofoni, il benessere mentale per i giovani al di sotto dei 34 anni ha subìto un calo di 42-50 punti rispetto a prima della pandemia, mentre risulta pressoché invariato per gli over 65; questi ultimi potrebbero avere in sé maggiori risorse per far fronte alle crisi, dovute a precedenti traumatiche esperienze come, per esempio, la seconda guerra mondiale.

Inoltre, i ricercatori si sono interrogati sul fatto che i paesi con un maggior benessere economico abbiano mediamente punteggi più bassi in termini di benessere mentale. A questo proposito tra i possibili fattori che possono contribuire al disagio psicologico vengono indicati l’uso di internet, e in particolare dello smartphone, e il consumo di cibi ultra-processati.

Un contatto con il web meno frequente e a partire da un’età più avanzata potrebbe spiegare i punteggi migliori registrati per i paesi in via di sviluppo, dal momento che precedenti ricerche hanno evidenziato che un maggiore benessere mentale collegato all’alzarsi dell’età in cui si entra in possesso del primo smartphone.

Relativamente al massiccio consumo di cibi ultra processati, caratteristica appannaggio dei paesi economicamente più avvantaggiati, questo corrisponde a peggiori esiti per diverse dimensioni della salute mentale, in particolare per depressione, resilienza e controllo emotivo e cognitivo, a prescindere da età e genere.

Un altro fattore evidenziato riguarda i legami familiari, tendenzialmente più saldi nei paesi economicamente arretrati; altra potenziale spiegazione per il perdurare dello scarso benessere mentale, riguarda infine il lavoro da remoto, ormai consolidato nei paesi occidentali, con un conseguente calo delle interazioni personali, ritenute invece fondamentali per la costruzione di abilità e connessioni sociali.

A prescindere dalle possibili spiegazioni, il dato di fatto riguarda un effetto a lungo termine dell’ondata pandemica, per cui a distanza di alcuni anni non si registra una inversione di tendenza per l’andamento del benessere mentale, in particolare tra i giovani.

Redazione

articolo a cura della redazione