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Aritmie cardiache, camminare a passo veloce può prevenirle

Uno studio su un'ampia popolazione mostra un minor rischio di fibrillazione atriale e altre alterazioni del ritmo in chi cammina regolarmente e a passo svelto

Praticare con regolarità la camminata a un passo medio o veloce può ridurre il rischio di alterazioni del ritmo cardiaco (fibrillazione atriale, tachicardia e altre anomalie) indipendentemente dai fattori di rischio cardiovascolare. L’indicazione emerge da uno studio pubblicato sulla rivista Heart che ha confrontato ritmi e frequenza del cammino di un ampio campione di popolazione con l’incidenza di alterazioni del ritmo cardiaco.

Lo studio su ritmo e frequenza del cammino e aritmie

Un team internazionale di ricercatori ha esaminato i dati di oltre 420mila persone (età media 55 anni, 55% donne) incluse nella UK Biobank. I partecipanti hanno risposto a questionari riguardanti frequenza e velocità del cammino. Per quasi 82mila di loro erano disponibili anche i dati sul tempo dedicato a camminare raccolti con un accelerometro.

Camminare a una velocità inferiore alle 3 miglia orarie (4,5 km circa) è stato considerato passo lento, mentre un ritmo medio corrispondeva a una velocità tra 3 e 4 miglia orarie (4,5-6 km circa) e un passo veloce a più di 4 miglia orarie (6,8 km).

Complessivamente, 27.877 partecipanti (poco più del 6,5%) hanno dichiarato un ritmo di camminata lento; 221.664 (53%) un passo medio e 171.384 (41%) un ritmo sostenuto.

Durante un periodo medio di monitoraggio di 13 anni, 36.574 partecipanti (9%) hanno sviluppato anomalie del ritmo cardiaco: 23.526 fibrillazione atriale; 19.093 altre aritmie cardiache; 5.678 una bradicardia; e 2.168 aritmie ventricolari.

La velocità del passo è più influente del tempo dedicato a camminare

I partecipanti allo studio che hanno segnalato un ritmo di camminata più veloce erano più probabilmente uomini, tendevano a vivere in aree meno povere e ad avere stili di vita più sani. Avevano anche un girovita più piccolo, pesavano meno, avevano una migliore forza di presa e livelli più bassi di fattori di rischio metabolici, inclusi lipidi e glicemia a digiuno, nonché livelli inferiori di attività infiammatoria e un minor numero di patologie croniche.

Dopo aver tenuto conto di fattori demografici e di stile di vita potenzialmente influenti, un ritmo di camminata medio o veloce è stato associato a rischi significativamente inferiori (rispettivamente del 35% e del 43%) di tutte le anomalie del ritmo cardiaco rispetto a un ritmo di camminata lento.

E queste velocità di camminata sono state associate a rischi inferiori di fibrillazione atriale (rispettivamente del 38% e del 46%) e di altre aritmie cardiache (rispettivamente del 21% e del 39%) rispetto a coloro che hanno riferito di camminare a passo lento.

Per quanto riguarda il campione monitorato con l’accelerometro (activity tracker) circa 4.117 degli 81.956 partecipanti hanno sviluppato aritmie. L’analisi non ha rivelato alcuna associazione tra il tempo dedicato a camminare e il rischio di sviluppare anomalie del ritmo cardiaco, mentre un tempo trascorso camminando a passo medio o svelto era associato a un rischio inferiore del 27%.

Nel complesso, circa il 36% dell’associazione tra il ritmo di camminata e tutte le anomalie del ritmo cardiaco era influenzato da fattori metabolici e infiammatori.

Le associazioni osservate erano indipendenti dai fattori di rischio cardiovascolare noti, ma erano più marcate nelle donne, negli under 60, nei soggetti non obesi, in quelli con ipertensione e in quelli con 2 o più patologie croniche.

L’effetto sui fattori metabolici spiega il ruolo positivo del cammino

Lo studio osservazionale ha diversi limiti, riconosciuti dai ricercatori, tra cui il fatto che in buona parte si basa su autodichiarazioni e che i partecipanti rappresentano una fascia limitata di età. Tuttavia, come scrivono gli autori:

questo studio è il primo a esplorare i meccanismi alla base dell’associazione tra andatura e aritmie e a fornire prove del possibile ruolo dei fattori metabolici e infiammatori: camminare più velocemente ha ridotto il rischio di obesità e infiammazione, il che, a sua volta, ha ridotto il rischio di aritmie”.

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Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.

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