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Il latte scremato è utile per ridurre il rischio cardiovascolare?

Secondo un panel di esperti internazionali non esistono evidenze per associare il contenuto di grassi del latte con un maggior rischio

Il rapporto tra consumo di latte e derivati e rischio cardiovascolare è un argomento di discussione ancora aperto tra clinici e ricercatori.

Il latte intero contiene circa 3,6 g di lipidi ogni 100 g; il 65% di questi è costituito da grassi saturi. Ipotizzando che un consumo eccessivo di questi acidi grassi possa aumentare il rischio di patologie cardiovascolari, le linee guida nutrizionali internazionali hanno promosso l’uso di latticini a basso contenuto di grassi, cioè derivati da latte parzialmente o totalmente scremato.

La validità di questa indicazione è stata discussa da un panel internazionale di esperti di nutrizione che si è riunito ad Amsterdam lo scorso anno per esaminare le evidenze disponibili in questo ambito.

Le conclusioni degli esperti, pubblicate a marzo di quest’anno sull’American Journal of Clinical Nutrition evidenziano come gli studi più recenti indichino che il consumo di latte, yogurt e formaggio vada considerato sostanzialmente neutro per quanto riguarda gli effetti sul rischio cardiovascolare, indipendentemente dal tipo di latte, intero o scremato.

Come considerare il contenuto di grassi dei latticini in una dieta sana

Come fanno notare i nutrizionisti, non vi sono evidenze derivanti da studi clinici randomizzati che mettano in rilievo differenze significative tra derivati da latte intero o scremato nell’influenzare i parametri rilevanti per il rischio cardiovascolare, quali sono i livelli di colesterolo, pressione arteriosa e peso corporeo.

Pertanto non vi sarebbero indicazioni per raccomandare il consumo di latticini a ridotto contenuto di grassi. Anzi, secondo diverse ricerche, i derivati fermentati del latte, come yogurt e alcuni formaggi, pur contenendo elevate quantità di grassi saturi, potrebbero avere effetti protettivi.

I dati derivanti da studi di sostituzione, costruiti su modellizzazioni dei dati osservazionali, risultano invece meno solidi e di più difficile interpretazione.

Una possibile spiegazione, da confermare, risiederebbe nella cosiddetta “matrice alimentare” dei latticini, ossia nella struttura complessa che modula l’assorbimento e l’effetto metabolico dei nutrienti. Alcuni componenti presenti in questi alimenti potrebbero attenuare l’impatto negativo dei grassi saturi.

In conclusione, la distinzione tra latticini a ridotto contenuto di grassi e quelli derivati da latte intero nelle raccomandazioni dietetiche non sarebbe attualmente supportata da evidenze, né per gli adulti né per i bambini.

Latticini e raccomandazioni dietetiche

Gli esperti che hanno affrontato il tema del consumo di latte e derivati nella prospettiva della salute cardiovascolare sottolineano come l’obiettivo prioritario sia la riduzione del consumo di cibi ricchi di calorie e scarsamente nutrienti, che sono la principale fonte di acidi grassi saturi nelle diete occidentali.

Inoltre, precisano i ricercatori, i modelli alimentari da promuovere, caratterizzati da un’elevata presenza di alimenti di origine vegetale e un basso contenuto di carni rosse e alimenti ultra-processati, determinano una riduzione significativa dell’apporto di grassi saturi, indipendentemente dal consumo di prodotti lattiero-caseari.

Resta comunque da approfondire il ruolo di alimenti a normale e ridotto contenuto di grassi nell’ambito di una sana alimentazione e, inoltre, le potenziali associazioni tra modelli alimentari che includano diverse tipologie di prodotti lattiero-caseari, con contenuti variabili di grassi, e il rischio cardiovascolare, in una varietà di popolazioni con differenti profili di rischio.

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Stefania Cifani

Giornalista scientifica e Medical writer

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