Riassumere e valutare le evidenze disponibili al fine di coadiuvare i professionisti sanitari nella scelta della migliore strategia diagnostico-terapeutica per ciascun paziente affetto da una determinata patologia”
questo l’obiettivo dichiarato delle “Linee guida 2024 per la gestione della pressione arteriosa elevata e dell’ipertensione”, elaborate da un’apposita task force della Società Europea di Cardiologia (ESC) sotto l’egida della European Society of Endocrinology (ESE) e della European Stroke Organisation (ESO), che modificano e completano quelle pubblicate nel 2018.
Le novità sono diverse, a cominciare dalla terminologia: il precedente titolo “Linee guida per la diagnosi e il trattamento dell’ipertensione arteriosa” ha lasciato il posto a “Linee guida per la gestione della pressione arteriosa elevata e dell’ipertensione”.
Le evidenze più recenti hanno infatti messo in luce come il rischio di malattie cardiovascolari (MCV) sia correlato ai valori di pressione arteriosa (PA) lungo un continuum, senza cioè un valore di soglia che separa la normotensione dall’ipertensione. Coerentemente con questo nuovo paradigma, gli studi hanno dimostrato un significativo beneficio, in termini di outcome cardiovascolare (CV), del trattamento antipertensivo nei soggetti ad alto rischio di MCV con valori pressori elevati, ma non ipertesi nel senso convenzionale del termine.
In secondo luogo, nel titolo non compare l’aggettivo “arterioso” accanto a “ipertensione” in quanto l’ipertensione arteriosa può verificarsi anche nelle arterie polmonari, un tema non affrontato dalle presenti linee guida.
Un altro importante aggiornamento riguarda l’introduzione della “PA elevata” che corrisponde a valori pressori di 120-139 mmHg per la pressione sistolica e di 70-89 mmHg per la diastolica, pur mantenendo la definizione di ipertensione per valori di PA sistolica clinica maggiore o uguale a 140 mmHg o PA diastolica clinica maggiore o uguale a 90 mmHg.
Un’importante raccomandazione di nuova introduzione riguarda un target pressorio più stringente per i soggetti adulti in trattamento antipertensivo, corrispondente a una PA sistolica compresa tra 120 e 129 mmHg, purché il trattamento stesso sia ben tollerato dal paziente. Target meno ambiziosi sono invece da mantenere nei soggetti con ipotensione ortostatica sintomatica, di età maggiore o uguale a 85 anni, o con fragilità moderata-severa o una ridotta aspettativa di vita.
Il raggiungimento del target di PA sistolica 120-129 mmHg dovrebbe essere documentato in ogni caso mediante misurazione della PA al di fuori dell’ambiente medico. In tutti i casi in cui non sia possibile raggiungere il target più stringente, la raccomandazione è quella di puntare ai valori più bassi di PA ragionevolmente conseguibili.
Va ricordato anche che le decisioni relative alla terapia e alla gestione dei valori pressori andrebbero sempre condivise con il paziente. Inoltre, va sottolineato un ulteriore cambiamento di approccio relativo agli obiettivi delle terapie e alle classi di evidenza, con maggiore enfasi sulle evidenze scientifiche del rischio di esiti cardiovascolari, fatali e non fatali, invece che su esiti surrogati, come la riduzione dei valori pressori tout court.
Da sottolineare infine che nella task force era presente anche un Medico di Medicina Generale e che sono state tenute in debito conto le indicazioni dei generalisti per l’elaborazione delle raccomandazioni, nell’ottica di una piena applicabilità anche e soprattutto nelle cure primarie.
Algoritmo pratico per il trattamento farmacologico antipertensivo
Le nuove raccomandazioni in sintesi
La sintesi è focalizzata sui contenuti che riteniamo possano essere di maggiore interesse per il Medico di Medicina Generale, rimandando al documento integrale (scaricabile qui) per approfondimenti.
Definizione e classificazione della PA elevata e dell’ipertensione, e valutazione del rischio di malattia CV. Nel trattamento della PA elevata è raccomandato l’utilizzo di un approccio basato sul rischio. I soggetti affetti da nefropatia cronica (CKD) moderata o severa, malattia CV accertata, danno d’organo mediato dall’ipertensione (HMOD), diabete mellito o ipercolesterolemia familiare rientrano nella categoria ad alto rischio di eventi CV.
Indipendentemente dall’età, i soggetti con PA elevata e un rischio di malattia CV ≥10% secondo il sistema SCORE2 o SCORE2-OP dovrebbero essere considerati ad aumentato rischio di malattia CV ai fini della gestione della PA elevata basata sul rischio.
Il sistema SCORE2-Diabetes dovrebbe essere preso in considerazione per valutare il rischio in pazienti con PA elevata e diabete di tipo 2, in particolare se di età <60 anni. L’anamnesi delle complicanze in gravidanza rappresenta un modificatore del rischio sesso-specifico che dovrebbe essere preso in considerazione per migliorare la classificazione dei soggetti con PA elevata e un aumentato rischio di malattia CV a 10 anni a livelli borderline (rischio compreso tra 5 e <10%).
Tra i modificatori del rischio rientrano anche l’etnia ad alto rischio (per es. Sud asiatica), l’anamnesi familiare per malattia aterosclerotica precoce, il disagio socio-economico, patologie infiammatorie autoimmuni, infezione da HIV e patologie psichiatriche gravi. Questi fattori vanno considerati per migliorare la classificazione dei soggetti con PA elevata e aumentato rischio CV a 10 anni a valori borderline (compresi tra 5 e <10%). In caso di situazioni incerte prima di procedere con il trattamento antipertensivo possono essere presi in considerazione la determinazione del CAC score, la presenza di placche carotido-femorali all’ecografia, i livelli di troponina cardiaca ad alta sensibilità o dei peptidi natriuretici di tipo B o la rigidità delle arterie misurata mediante la velocità dell’onda di polso.
Diagnosi di ipertensione e ricerca delle cause sottostanti. Lo screening opportunistico per la PA elevata e l’ipertensione dovrebbe essere preso in considerazione almeno ogni 3 anni negli adulti di età <40 anni e almeno ogni anno negli adulti di età ≥ 40 anni. Nei soggetti con PA elevata che non soddisfano le soglie di rischio per il trattamento dovrebbe essere ripetuta la misurazione della PA e la valutazione del rischio entro 1 anno.
Nei soggetti ad aumentato rischio CV con valori di PA clinica allo screening di 120-139/70-89 mmHg si raccomanda di misurare la PA al di fuori dell’ambiente medico mediante misurazioni ambulatoriale/o domiciliare. In caso di risorse disponibili, per i pazienti con ipertensione apparentemente resistente dovrebbe essere presa in considerazione una valutazione oggettiva dell’aderenza terapeutica.
Nei pazienti con CKD moderata-severa è raccomandabile ripetere il dosaggio della creatinina sierica, eGFR e ACR almeno una volta all’anno. Lo score per la quantificazione del calcio coronarico (CAC score) dovrebbe essere considerato nei pazienti con PA elevata o ipertensione quando possa portare verosimilmente ad una modifica della terapia.
I pazienti con ipertensione resistente dovrebbero essere inviati a un centro specialistico per ulteriori approfondimenti.
I pazienti con segni e sintomi o anamnesi suggestivi di ipertensione secondaria dovrebbero essere sottoposti ad uno screening appropriato per individuarne l’origine.
Prevenzione e trattamento della pressione arteriosa elevata. Lo screening opportunistico mediante misurazione della PA clinica per il monitoraggio dei valori pressori nella tarda infanzia e nell’adolescenza, specie quando uno o entrambi i genitori siano ipertesi, dovrebbe essere preso in considerazione per predire meglio lo sviluppo di ipertensione in età adulta e relativo rischio CV.
È raccomandabile limitare il consumo di zuccheri liberi, in particolare bevande zuccherate, a un massimo del 10% dell’apporto energetico. Il consumo di bevande zuccherate (bibite, succhi ecc.) dovrebbe essere scoraggiato sin dalla giovane età.
Negli ipertesi senza CKD moderata o severa che assumono quotidianamente elevate quantità di sodio, si consiglia di aumentare l’introito di potassio di 0.5-1.0 g/die (sale arricchito di potassio oppure diete ricche di frutta e verdura).
Nei pazienti con CKD in terapia con risparmiatori di potassio come alcuni diuretici, ACE-inibitori, ARB o spironolattone dovrebbero essere monitorati i livelli sierici di potassio in caso di un aumento della quantità di assunzione con la dieta. Al fine di migliorare l’aderenza, è raccomandabile stabilire uno schema abituale di assunzione dei farmaci, tipicamente in un momento della giornata più comodo per il paziente.
Negli adulti con PA elevata e rischio CV medio-basso (<10% a 10 anni), si raccomanda di ridurre i valori pressori attraverso modifiche dello stile di vita.
In caso di pazienti con rischio CV ritenuto sufficientemente elevato, dopo 3 mesi di interventi sullo stile di vita è raccomandato l’impiego di una terapia antipertensiva soprattutto per valori pressori ≥130/80 mmHg.
Nei soggetti ipertesi con PA ≥140/90 mmHg, indipendentemente dal profilo di rischio CV, dovrebbero essere implementati tempestivamente il cambiamento dello stile di vita e il trattamento farmacologico. Se ben tollerato, è raccomandabile proseguire il trattamento a tempo indefinito anche nei soggetti >85 anni. Nei casi di scarsa tolleranza al trattamento e quando non sia possibile raggiungere il target di PA sistolica nel range 120-129 mmHg, è raccomandabile mirare a valori ragionevolmente conseguibili (principio ALARA). Dopo raggiungimento e mantenimento nel tempo dei target pressori, sarebbe opportuno il controllo periodico, una volta all’anno, della PA e degli altri fattori di rischio per malattie cardiovascolari.



