Un ampio studio statunitense “riabilita” il burro
Un ampio studio statunitense “riabilita” il burro, che così si libera dall’etichetta di alimento poco sano. La ricerca in questione è stata condotta alla Friedman School of Nutrition Science and Policy della Tufts University, negli Stati Uniti ed è stata pubblicata su PlosOne (Pimpin L et al.), e rivela che il consumo di burro è solo lievemente associato alla mortalità, mentre non sembra esserci alcun legame con le patologie cardiovascolari (CV). Addirittura pare che il consumo di burro protegga dall’insorgenza di diabete. I risultati derivano dall’analisi complessiva di nove studi su oltre 636mila soggetti, con età superiore ai 18 anni. La quantità di burro giornaliera mediamente consumata è risultata pari a un cucchiaio, circa 14 grammi. Durante il periodo di osservazione (6,5 milioni persona/anni) si sono verificati 28.271 decessi, 9.783 casi di malattie cardiovascolari e 23.954 casi di diabete. Il consumo di burro è risultato debolmente associato con la mortalità per tutte le cause (RR 1,01 CI 95 per cento 1,00 -1,03; P =0,045); nessuna associazione è stata riscontrata con le patologie CV (RR 1,00, 95 CI 0,98-1,02; P =0,704), con le coronaropatie (RR 0,99, 95 CI 0,96-1,03; P =0,537), o l’ictus (RR 1,01, 95 CI 0,98-1,03; P =0,737). Verso il diabete sembra esserci un effetto protettivo (RR 0,96, 95 CI 0,93-0,99; P =0,021) che dovrà comunque essere approfondito e che potrebbe anche essere legato alla presenza di grassi del latte. In conclusione gli Autori sottolineano che, sebbene chi consuma più burro abbia uno stile di vita e un’alimentazione peggiori, questo alimento sembra essere complessivamente neutrale sulla salute cardiovascolare.