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Epilessia

Epilessia, le parole giuste per combattere lo stigma

Combattere pregiudizi e stereotipi culturali ancora molto diffusi sull’epilessia per evitare discriminazioni ed emarginazione sociale. Questo l’obiettivo indicato nell’incontro “L’Epilessia nel Terzo Millennio. Aspetti Socio-Culturali e Clinici” organizzato da Federazione Italiana Epilessie (FIE) con il contributo di Sandoz.

La formula indicata da neurologi, operatori sanitari ed esperti di comunicazione è quella di utilizzare un linguaggio corretto, un approccio indicato dal termine inglese People-first language, che significa mettere al centro del discorso la persona e non la malattia.

Come ha spiegato Claudio Arrigoni del Corriere della Sera, esperto di comunicazione nella disabilità:

“al centro è la persona (la bambina, il ragazzo, l’uomo, la donna ecc.), la sua condizione, se servisse indicarla, viene dopo. Il termine corretto per indicare chi vive questa condizione è proprio questo: persona con epilessia.”

Da Arrigoni viene un’altra indicazione fondamentale per una corretta comunicazione con le persone con disabilità: “modificare il discorso quando si parla insieme a una persona con una condizione di malattia e/o disabilità o questa è presente sarebbe discriminatorio. E’ importante agire normalmente, senza essere imbarazzati se capita di utilizzare espressioni di uso comune (come, appunto, “hai visto?” a chi è cieco o “dai, meglio correre” a chi usa una carrozzina). Nessuno, in assoluto, vuole essere visto con pietà, compassione, carità. Dire a una persona cieca: “ci vediamo dopo?” oppure a una in carrozzina per malattia o disabilità: “fai un salto qui” è corretto, anzi, si è invitati a farlo.”

Tra le più diffuse convinzioni erronee sull’epilessia ci sono l’idea che sia una malattia rara, oppure una malattia mentale con scarse possibilità di trattamento. Si pensa che durante una crisi epilettica si diventi violenti, o che non si possa guidare, fare sport e, nel caso della donna, che questa abbia difficoltà a concepire o che le venga vietato di allattare.

La mancanza di informazioni corrette diventa spesso un ostacolo concreto per le persone con epilessia. “Nel caso dei bambini e dei ragazzi, –  ricorda Carlo Andrea Galimberti, Centro per la Diagnosi e Cura dell’Epilessia, IRCCS Istituto Neurologico C. Mondino, Pavia  – gli atteggiamenti spesso iperprotettivi dei genitori, una conoscenza in generale limitata dell’epilessia da parte degli insegnanti, una non corretta informazione tra i coetanei, possono ostacolare un adeguato inserimento scolastico con conseguenti problemi per l’identità sociale del bambino. Lo sport e l’attività fisica, talvolta erroneamente percepiti come un pericolo per le persone con epilessia, hanno invece effetti positivi sulla salute, oltre a rappresentare una circostanza favorevole di espressione, rafforzamento dell’autostima e aggregazione. Naturalmente l’idoneità alla pratica di talune attività sportive deve essere oggetto di valutazione medica specialistica, con stima nel singolo caso dei rischi relativi all’eventuale occorrenza di crisi”.

“Da sempre – ha dichiarato Rosa Cervellione, Presidente Federazione Italiana Epilessie (FIE) – il vissuto dell’epilessia è raccontato con parole cupe, spesso sussurrate, che provocano reazioni altrettanto cupe e impediscono ad un’intera comunità di potersi raccontare. Ma il pensiero viaggia sulle parole che, oltre a essere un potente mezzo di comunicazione, sono anche uno strumento capace di produrre il cambiamento. La Federazione Italiana Epilessie rivolge il suo appello ai media e alle Istituzioni affinché utilizzino un linguaggio nuovo. Un linguaggio che permetta alle persone con epilessia di raccontare la realtà nella quale vivono che, come accade per tutte le malattie, è fatta di sofferenza, ma anche di energie positive, di impegno, di ottimismo e di molto altro ancora.”

Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.