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Tatuaggi all’henné, temporanei ma non innocui: si rischia la dermatite

Una pratica molto diffusa, soprattutto sulle spiagge estive, è il tatuaggio temporaneo con l’Henné, tintura di origine vegetale in uso in molti paesi orientali e del Nord Africa. Una decorazione non permanente, che piace molto soprattutto a bambini e adolescenti.

Uno studio dell’Università di Perugia, pubblicato sul International Journal of Environmental Research and Public Health, rivela che questa pratica può essere all’origine di reazioni allergiche e dermatiti tutt’altro che trascurabili.

“L’uso di tatuaggi temporanei all’henné – evidenzia la prof.ssa Susanna Esposito, professore ordinario dell’Università degli Studi di Perugia e presidente dell’Associazione Mondiale per le Malattie Infettive e i Disordini Immunologici, WAidid – è ormai una moda molto diffusa nel nostro Paese soprattutto in estate. I tatuaggi sembrano innocui ma non lo sono. Da evidenze scientifiche emerge, infatti, che la sostanza chiamata para-fenilendiammina (PPD) che spesso viene aggiunta all’henné naturale per ottenere un colore più scuro e duraturo, per le sue caratteristiche molecolari può indurre sensibilizzazione cutanea con varie manifestazioni cliniche alle ri-esposizioni, tra cui la più comune è la dermatite allergica da contatto. Nelle persone allergiche al composto, in particolare, il tatuaggio temporaneo può scatenare reazioni violente con gonfiore e rossore, mentre in chi ha una pelle molto sensibile e delicata può dare origine a una dermatite irritativa più lieve, ma altrettanto fastidiosa”.

Nello studio dell’Università di Perugia sono state osservate manifestazioni cutanee (prurito, eritemi, vescicole e bolle, orticarie) o reazioni sistemiche come linfoadenopatie e febbre entro uno o due giorni dalla prima applicazione; oppure sintomi che compaiono solo dopo un ritocco – mostrando quindi una sensibilizzazione cutanea alla para-fenilendiammina (PPD) presente nell’henné – fino a 72 ore dall’effettuazione del tatuaggio.

Le lesioni nella maggior parte dei casi sono risultate persistenti anche a 7 giorni dall’inizio della terapia con cortisone e antistaminici e una persistente discromia cutanea è stata osservata anche dopo 4 settimane dalla fine della terapia. Inoltre ad un anno di distanza è riscontrabile una ipopigmentazione cutanea sulla zona dedicata al tatuaggio.

Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.