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Scelte alimentari e salute: le evidenze della ricerca. Intervista a Giuseppe Grosso

Intervista registrata al Campus IFOM-IEO di Milano, in occasione del forum: “La nuova era della nutrizione dai meccanismi molecolari alla salute umana”, organizzato dalla Fondazione IBSA di Lugano.

 

Dottor Grosso, nel suo intervento si fa il punto sulle principali evidenze scientifiche attualmente disponibili che riguardano la nutrizione e lo sviluppo delle malattie, quali sono queste evidenze?

Abbiamo delle evidenze ampiamente condivise che sono di dominio pubblico quali ad esempio i benefici di un aumento del consumo di frutta e verdura.  Evidenze che in questo caso sono più forti sicuramente per la patologia cardiovascolare, piuttosto che, ad esempio, per la patologia tumorale. Questo perché è più difficile controllare controllare i possibili fattori di confondimento e altri dati che riguardano le popolazioni considerate, per quanto riguarda outcomes di tipo tumorale. Altre evidenze sono quelle sulla carne processata con associazione in verso opposto quindi con un aumento del rischio. Anche in questo caso la patologia cardiovascolare ha un ruolo principale e bisognerebbe con degli studi ad hoc andare un po’ più a fondo e capire quale potrebbe essere il meccanismo, perché non sappiamo se a determinare l’aumento del rischio è la carne processata in sé o magari il sale utilizzato nella lavorazione della carne. A questo si aggiungono anche altre evidenze scientifiche che però a livello di racconto comune non sono percepite o addirittura lo sono in senso opposto, ad esempio i sostanziale beneficio dei derivati dal latte per quanto riguarda il cancro al colon retto, mentre spesso si leggono notizie che mettono in guardia dai possibili pericoli legati al consumo di questi alimenti.  Lo stesso vale per le uova, per cui non sono stati evidenziati grossi rischi per la salute e si potrebbero fare altri esempi il consumo di  grani integrali legato alla diminuzione rischio di diabete, il consumo di legumi e frutta a guscio sempre associabile a  benefici per i parametri metabolici.

Gli studi sul rapporto nutrizione salute sono in crescita, secondo lei quali sono i settori dove ci si può aspettare i risultati più interessanti?

Risultati interessanti li abbiamo già soprattutto su outcomes di tipo cardiometabolico, come dicevo prima. L’associazione con una diminuzione di rischio di cancro è più difficile da individuare, questo perché da un lato il cancro è una patologia relativamente più rara rispetto ai problemi cardiometabolici, dall’altro perché c’è anche una componente genetica che comunque non può essere valutata quando valutiamo l’esposizione agli alimenti. Guardando al futuro, gli studi di metabolomica, di nutrigenetica e nutrigenomica sicuramente miglioreranno questo tipo di approccio soprattutto per quanto riguarda la patologia tumorale. Ultimo, ma non ultimo per importanza è il filone di ricerca che riguarda le patologie del sistema nervoso e anche dei disturbi affettivi, come per esempio la depressione, che sembrerebbe essere in qualche modo associata anche alla nutrizione.

Il medico di famiglia è il primo approccio alla sanità e il primo consulente di salute per la popolazione generale. Cosa dovrebbe sapere il medico di famiglia sulle abitudini alimentari dei suoi pazienti?

Il medico di famiglia e ha sicuramente un ruolo cruciale perché la prima figura a cui si rivolge il paziente con qualsiasi problema di salute. Abbiamo un problema generale penso condiviso da quasi tutto il mondo che riguarda la formazione. La nutrizione è un approccio scientifico relativamente nuovo e quindi non c’è un approccio sistematico alla questione. Esiste un problema di reperimento delle informazioni più aggiornate, non tutti i medici ovviamente possono consultare i motori di ricerca  scientifici per avere l’accesso agli studi più aggiornati. Quello che il medico può fare è andare a vedere le linee guida generali o le raccomandazioni generali, che spesso sono dei consigli abbastanza comuni e generici. Poi le cose cambiano davanti al singolo paziente con una specifica patologia e bisogna andare più nello specifico.

Nel complesso è opportuno consigliare un aumento del consumo di frutta e verdura e sicuramente diminuire l’assunzione di cibi processati in generale, non la carne.

Grassi sì, ma quelli buoni, quindi non acidi trans quelli appunto che derivano dalla processazione degli alimenti. Cercare di limitare le farine raffinate, quindi per il pane e la pasta cercare di orientarsi più su qualcosa di integrale, sì a legumi e frutta a guscio ovviamente tutto nel contesto di una persona sana e soprattutto rimanendo in un contenuto calorico generale non eccessivo.

Ribadiamo il sì ai prodotti derivati dal latte, sempre con moderazione e sì ovviamente pesce perché abbiamo evidenze di associazione tra consumo di pesce e  riduzione del rischio di patologie croniche.

In questo momento storico  c’è un certo allarme sull’aumento delle intolleranze. C’è una percezione diffusa nella popolazione che siano in aumento le allergie agli alimenti. Questo ha un fondamento scientifico?

L’intolleranza è una condizione ben definita dipende, magari dalla mancanza di un enzima che non ti permette di digerire per esempio il lattosio e quindi determina un’intolleranza al lattosio. Una condizione ben definita che anche relativamente semplice da individuare, quale sia poi l’origine, se sia genetica o derivi da un’evoluzione antropologica è un tema da approfondire  e però nel complesso sono delle condizioni cliniche ben precise. Gli gli allarmismi su situazioni che invece un hanno una base scientifica, sono allarmismi inutili per cui molte intolleranze di cui si sente parlare in realtà non esistono, perché appunto non c’è una base scientifica che indichi la carenza di determinato enzima per digerire quella determinata sostanza.

Quindi eliminare degli alimenti senza avere una base di diagnosi di intolleranza non ha senso?

No, assolutamente. Si parla adesso di nutrizione personalizzata e quindi si vanno ad investigare parametri precisi che vanno ben oltre la fantasia delle intolleranze. Parliamo di microbioma intestinale, parliamo di genetica. Sono approcci comunque molto innovativi, che da un lato avranno bisogno di tempo per essere confermati per l’altro avevano bisogno di tempo per essere più diffusi anche per motivi di costi. In Italia per esempio non abbiamo la possibilità di fare screening del genoma a basso costo. Quindi la nutrizione personalizzata sicuramente ha un futuro ma c’è ancora molto lavoro da fare.

 

Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.