Calcoli renali, un nuovo metodo prevede se si riformeranno
Uno strumento (tool) che prende in considerazione 13 fattori di rischio indipendenti per valutare il rischio di ricorrenza nei soggetti che hanno avuto un episodio di calcolosi renale.
Il nuovo strumento, pubblicato sulla rivista Mayo Clinic Proceedings, è una versione aggiornata del ROKS (Recurrence Of Kidney Stone), basato su 11 fattori di rischio, che aveva mostrato forti limiti nel predire le riccorrenze dei calcoli renali in persone che avevano avuto due o più occorrenze.
I ricercatori hanno preso in esame 3.364 soggetti che avevano avuto 4951 episodi di calcolosi renale. I tassi di recidiva per i calcoli per 100 persone-anno erano 3,4 (IC 95%, 3,2-3,7) dopo il primo episodio, 7,1 (IC 95%, 6,4-7,9) dopo il secondo episodio, 12,1 (IC 95%, 10,3-13,9) dopo il terzo episodio e 17.6 (IC 95%, 15.1-20.0) dopo quattro o più episodi.
Lo studio ha identificato i seguenti fattori di rischio indipendenti per la ricorrenza:
- età più giovane;
- sesso maschile;
- indice di massa corporea più alto;
- storia familiare di calcoli renali;
- gravidanza;
- calcolo asintomatico visibile a un esame di imaging prima del primo episodio;
- sospetto episodio di calcolosi prima del primo episodio;
- storia di calcoli di Brushite, Struvite o acido urico;
- nessuna storia di calcoli di ossalato di calcio monoidrato;
- calcoli pelvico o degli apparati inferiore sull’imaging;
- nessun calcolo nella giunzione uretero vescicale sull’imaging;
- numero di calcoli renali sull’imaging;
- diametro del più grande calcolo renale sull’imaging.
“Ciascuno dei fattori di rischio che abbiamo identificato spiega John Lieske del dipartimento di Nefrologia e Ipertensione della Mayo Clinic di Rochester 8USA) – è inserito nel modello, che calcola quindi una stima del rischio di avere un altro calcolo renale nei prossimi 5 o 10 anni”.
Il rischio di recidiva in 5 anni variava dallo 0,9% al 94%, a seconda dei fattori di rischio, del numero di episodi passati e degli anni trascorsi dall’ultimo episodio.
Nelle conclusioni il team dei ricercatori si augura che i professionisti sanitari utilizzeranno questo strumento per la prevenzione, soprattutto rafforzando le misure dietetiche e/o le terapie per i soggetti che risultano più a rischio di ricorrenze.