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FOCUS antibiotico resistenza

Coronavirus e Medicina Generale: una proposta per l’emergenza e oltre

di Alberto Aronica
Medico di Medicina Generale
Vice Presidente Cooperativa Medici Milano Centro

L’emergenza sanitaria provocata dal virus SARS-CoV-2 ha evidenziato, soprattutto nelle regioni del Nord Italia, l’importanza della medicina del territorio. Su questo tema pubblichiamo il contributo del dottor Aronica, medico milanese fondatore di una cooperativa di MMG , che racconta come ha affrontato l’emergenza con i suoi colleghi e propone soluzioni per la Fase 2.

L’epidemia in Lombardia: perché sono di più i contagiati e la letalità è più alta?

I numeri ufficiali dei contagiati dal virus SARS-CoV-2 in Lombardia e nella città di Milano descrivono solo parzialmente le dimensioni dell’epidemia in questa regione. Nella nostra personale esperienza di Medici di Medicina Generale a Milano, ognuno di noi, su una popolazione media di 1.500 assistiti conta almeno una trentina di pazienti con sintomi compatibili con infezione da coronavirus, da seguire quotidianamente, che però non hanno fatto il tampone, e questo conferma l’ipotesi che i dati degli infetti dichiarati ufficialmente devono essere moltiplicati almeno di 10 volte per avere un “denominatore” reale dell’epidemia in atto.

Di fronte a questi dati, la prima domanda da porsi è: perché in Lombardia ci sono più contagiati e più vittime dell’epidemia rispetto alle altre regioni italiane?

Sono state ipotizzate spiegazioni di natura diversa, come l’età media più avanzata della popolazione lombarda, il ruolo giocato dell’inquinamento da polveri sottili, la possibile mutazione genetica del virus.

C’è però un dato molto evidente, che può fornire una chiave interpretativa più immediata. Se confrontiamo la Lombardia con il Veneto, regioni confinanti con condizioni ambientali e socioeconomiche simili, salta subito all’occhio una differenza significativa, che riguarda il numero dei pazienti ricoverati per Coronavirus. Sabato 21 marzo in Lombardia erano il 47% con un 46% in isolamento domiciliare, mentre in Veneto i ricoverati erano solo il 22% a fronte di un 70% in isolamento domiciliare.  Questa notevole differenza si riflette sui dati della letalità che in Lombardia arriva al 12%, mentre in Veneto si ferma al 3%.

Percentuali di pazienti in isolamento domiciliare e letalità per Covid-19 in alcune regioni italiane
(Per gentile concessione elaborazione del Prof. Vittorio Carreri e del Dott. Edgardo Valerio)

Questi dati sono una costante sin dall’inizio dell’epidemia e indicano una stretta associazione tra la letalità per Covid-19 e il modello di organizzazione sanitaria con cui si è affrontata la pandemia. Dove esiste un efficiente servizio di assistenza territoriale il sistema reagisce in modo migliore rispetto a dove il modello assistenziale sia prevalentemente ospedalo-centrico, come quello lombardo: basta ricordare che in Veneto sono attivi ben 9 dipartimenti di Igiene e Sanità pubblica, contro i 3 della Regione Lombardia.

Questo dato è stato evidenziato da numerosi osservatori ed espresso in diversi contributi scritti, tra cui lo studio dell’Harvard Business Review (1).

Il professor Giorgio Palù, già presidente della Società Italiana e della Società Europea di Virologia, ha affermato che vanno ricoverati solo i pazienti più gravi perché l’ospedale rappresenta un incubatore di altre infezioni e favorisce una ricombinazione dei geni virali, che in questo modo portano ad una diffusione sempre più generalizzata del contagio.

Tutte queste osservazioni stanno ad indicare come la Medicina Generale con la sua diffusione territoriale capillare, primo riferimento sanitario per tutti i cittadini, possa giocare un ruolo fondamentale nella gestione della salute pubblica, soprattutto in un momento così drammatico.

Quale modello organizzativo della Medicina Generale ?

Dal 1994, convinti che il modello del MMG che opera da solo sia superato, insieme ad altri colleghi, che oggi sono 3.500 distribuiti sul territorio nazionale, proponiamo un modello associativo che opera attraverso società cooperative di servizio.

Le cooperative forniscono ai MMG gli strumenti per lo svolgimento della professione, quali sedi, personale, attrezzature, formazione, organizzazione negli studi di ricerca e altro, senza inficiare in alcun modo né il rapporto diretto medico-paziente, né la relazione tra medico e sistema sanitario, che rimangono diretti e unici.

Si tratta di una modalità completamente diversa da quella delle strutture gestite dal Sistema Sanitario, come le Case della Salute, dove il MMG finisce per “dipendere” dalle direzioni sanitarie nell’organizzazione ed erogazione dei servizi.

La cooperativa di servizio rappresenta, invece, un modello organizzativo societario tra “liberi professionisti”, quali sono i Medici di Medicina Generale, che utilizzano questa modalità solo ed esclusivamente per dotarsi in modo associato dei così detti “fattori di produzione del reddito”, che nulla hanno a che fare con la loro professionalità.

Peraltro, l’acquisizione dei questi servizi con una logica di economia di scala, permette di ottenere risparmi, compresa l’esenzione dall’IVA.

Questo modello organizzativo ha permesso negli anni scorsi alla Regione Lombardia di sperimentare il CReG (Chronic Related Groups) un piano di assistenza ai malati cronici che garantiva tutti i servizi extraospedalieri (prevenzione secondaria, follow-up, monitoraggio persistenza terapeutica, specialistica ambulatoriale, protesica, farmaceutica). Un modello poi ripreso nel percorso di presa in carico dei pazienti cronici, varato dalla Regione nel 2018.

Ai Medici di Medicina Generale associati in questa forma organizzativa “imprenditoriale”, possono essere demandati in toto compiti di organizzazione e gestione complessiva dei pazienti cronici, ottenendo miglioramento degli indicatori clinici, delle performances professionali, soddisfazione degli assistiti che usufruiscono di percorsi di cura programmati e certi, oltre alla possibilità con tale modello di fare “programmazione” reale dei servizi necessari, con conseguente risparmio dovuto all’appropriatezza dei percorsi.

In questa direzione di gestione “globale” del territorio sono nati a Milano i primi PreSST (Presidi Socio Sanitari Territoriali) dove gruppi di MMG associati nella stessa struttura, affittata e gestita dalla loro cooperativa (spazi, personale, attrezzature e servizi), operano in collaborazione con gli specialisti territoriali dell’ASST-Nord. Un modello di gestione integrata dove il paziente trova, nella stessa sede e con un percorso organizzato, tutto quanto sia stato programmato per il controllo e la gestione del suo stato di patologia cronica, senza più doversi sottoporre ad estenuanti ricerche delle prestazioni.

Inoltre, il modello ha permesso di superare la distanza “storica” tra medicina generale e specialistica e ha permesso lo sviluppo di una reale collaborazione, accompagnata da una continua formazione bidirezionale tra gli operatori coinvolti.

La cooperazione in Medicina Generale e la Pandemia da COVID-19

È in questo contesto organizzativo che le due cooperative dell’ATS di Milano (CMMC di Milano e GST di Legnano) con 450 medici associati, che già seguono con il loro Centro Servizi (Rete Servizi Lombardia) i pazienti cronici, hanno sviluppato e prodotto un sistema informativo, dedicato alla gestione ed al monitoraggio dei pazienti con sintomi sospetti o affetti da Coronavirus in quarantena.

Insieme a PagineMediche, una Software House con cui già collaboravano per mettere in contatto medici e pazienti attraverso una app che si chiama “VISITAMI”, hanno rapidamente messo a punto una soluzione di primo soccorso per i MMG molto semplice e flessibile rispetto ai diversi modelli di gestione applicabili sul territorio.

Questa soluzione ha l’obiettivo di:

  • filtrare il più possibile le chiamate ai numeri di utilità pubblica
  • mantenere la continuità delle cure contenendo il rischio di contagio per i medici, visto che ad oggi sono pochi i presidi DPI forniti alla medicina generale, che per questo ha pagato un triste tributo con numerosi colleghi deceduti
  • evitare il più possibile gli spostamenti e quindi le occasioni di diffusione del contagio
  • fornire degli strumenti di monitoraggio dello stato di salute delle persone di rapido utilizzo per medici e pazienti, consentendo la rilevazione a distanza dei sintomi dei pazienti indipendentemente o meno dalla disponibilità a domicilio di dispositivi di telemonitoraggio integrati (la cui diffusione se ci sarà avverrà con delle tempistiche che non sono compatibili con la tempestività di intervento che i MMG devono avere).

La soluzione comprende due servizi:

  • la Videovisita, molto apprezzata dai pazienti in isolamento che in questo modo si  sentono meno abbandonati;
  • il Modulo di Monitoraggio dei pazienti COVID-19 (adattabile anche al monitoraggio di altre patologie di tipo cronico) in cui il paziente su una semplice app inserisce due volte al giorno dei dati semplicemente rilevabili (febbre, frequenza respiratoria, del respiro ed altri sintomi caratteristici dell’infezione da Coronavirus). Se i dati sono indicativi di un’evoluzione in senso peggiorativo del quadro clinico fanno scattare un alert, che arriva sullo smartphone del medico, avvertendolo precocemente dell’evoluzione della malattia.

Questo sistema (vedi qui) è stato messo a disposizione di tutte le istituzioni: Regione Lombardia, ATS, Protezione civile e a tutti i medici che vogliano approfittarne, quale contributo al paese per uscire da questa situazione drammatica.

Quali soluzioni per la gestione della Fase2 della pandemia e non solo?

Noi pensiamo quindi che il possibile modello che ci consentirà di contenere nei prossimi mesi la diffusione del contagio dovrà essere incentrato sul territorio: sarà necessario creare una rete tipo “HUB SPOKE” in cui i MMG diffusi sul territorio (SPOKE) siano in rete tra loro.

In ogni zona/municipio (HUB) in cui operino gruppi i MMG organizzati, specialisti territoriali in luoghi definiti (PreSST, Case della Salute, Gruppi di cure primarie…) dovrà esserci un punto di riferimento dove sia possibile effettuare lo screening, in presenza di sintomi significativi, con soggetti che sul territorio possano eseguire in tempo reale esami ematochimici, (per escludere il coinvolgimento pluriorgano del Coronavirus valutando indici infiammatori, funzionalità renale, problemi coagulatori o compromissione cardiaca), radiografia del torace (per escludere presenza di focolai polmonari ancora misconosciuti), elettrocardiogramma (per escludere problemi cardiaci soprattutto  di ritmo che possano impedire l’eventuale utilizzo di terapie farmacologiche specifiche) e tampone per la ricerca dell’RNA virale, con eventuale valutazione sierologica, per individuare precocemente i pazienti immuni, da isolare o avviare al presidio ospedaliero di riferimento in rete con il territorio di riferimento.

I pazienti paucisintomatici dovranno essere isolati al domicilio e dove questo sia impossibile per problemi logistici, in strutture appositamente predisposte, tipo “ospedale di Comunità”, dove gli stessi MMG possano, con il supporto infermieristico e logistico, monitorare l’evoluzione clinica dei soggetti.

I soggetti che possono essere gestiti al domicilio dovranno essere dotati di sistemi di monitoraggio informatico, quale ad esempio la app prima descritta, e verranno seguiti al domicilio dagli stessi MMG (adeguatamente protetti con i DPI idonei !!)  anche in collaborazione con le USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale), che devono essere assolutamente integrate nel sistema di rete HUB-SPOKE. Questo modello richiede un coordinamento e una gestione organizzativa complessa, che può essere svolta dalla società cooperativa professionale dei MMG stessi, attraverso il Centro Servizi, che provvede all’organizzazione e coordinamento di tutti gli attori coinvolti.

Ci rendiamo conto che per attivare questo modello di riorganizzazione del sistema sanitario sono necessari un cambio culturale generalizzato della Medicina Generale e un investimento economico importante.

La Medicina Generale deve assumersi un compito centrale nel momento dell’emergenza, ma anche nella gestione della cronicità, che, non dimentichiamo, assorbe il 70% delle risorse sanitarie del paese.

L’investimento economico (incentivi per i professionisti, sedi, personale, attrezzature) verrebbe certamente compensato dalla riduzione del numero di giornate di ricovero, dalla diminuzione degli accessi impropri al pronto soccorso e da una minore incidenza dell’inappropriatezza diagnostica e terapeutica  (vista la  condivisione clinico/terapeutica tra medicina generale e specialistica. Tutto questo con soddisfazione dei nostri cittadini, che troveranno risposte organizzate ed appropriate ai loro bisogni di salute, come solo un sistema sanitario pubblico può garantire.

(1)”Lesson from Italy’s Response to Coronarovirus”  di Gary P.Pisano, Raffaella Sadun and Michele Zanini – Harvard Business Review – Marzo 2020

Alberto Aronica

Medico di Medicina Generale Vice Presidente Cooperativa Medici Milano Centro