Un nuovo studio americano, pubblicato sull’American Journal of Gastroenterology, ha rilevato nei pazienti in terapia con inibitori di pompa protonica (IPP) un rischio più alto di contrarre l’infezione da SAR-CoV-2. La ricerca ha mostrato un rischio doppio in chi prende il farmaco una volta al giorno e addirittura quadruplo in chi lo assume due volte al giorno, rispetto a chi non è in terapia con questi farmaci.
In una dichiarazione rilasciata al sito Medscape, uno degli autori dello studio, Brennan Spiegel, professore di Medicina e Salute Pubblica al Sinai Medical Center di Los Angeles ha ipotizzato che un aumento del pH dello stomaco superiore a 3 a seguito dell’uso di PPI potrebbe consentire al virus di entrare più facilmente nel tratto gastrointestinale, portando a enterite, colite e diffusione sistemica ad altri organi, inclusi i polmoni.
“D’altra parte, ha affermato Brian Lacy professore di medicina della Mayo Clinic di Jacksonville e condirettore dell’American Journal of Gastroenterology – i farmaci sono importanti per il trattamento di condizioni come reflusso gastroesofageo e ulcere. Il rischio complessivo di contrarre COVID-19 è relativamente basso, quindi anche il dato di un rischio aumentato di 3,7 volte non dovrebbe indurre i pazienti o i medici a interrompere l’assunzione o la prescrizione di IPP.”
Lo studio
Per valutare la possibile relazione tra terapia con IPP e Covid-19 i ricercatori del Cedars-Sinai Medical Center a Los Angeles e dell’Università del Michigan (Usa) hanno condotto un sondaggio on line dal 3 maggio al 24 giugno 2020 su 53.130 pazienti, di questi 3.386 (6,4%) hanno riportato un test COVID-19 positivo.
Nell’analisi statistica gli individui che utilizzavano IPP fino a una volta al giorno (OR 2,15; IC 95%, 1,90–2,44) o due volte al giorno (OR 3,67; IC 95%, 2,93–4,60) avevano significativamente aumentato le probabilità di riportare un test COVID-19 positivo rispetto a quelli che non assumevano IPP. I soggetti in terapia con antagonisti del recettore dell’istamina-2 (H2RA) non presentavano un rischio elevato di contrarre l’infezione.
I commenti
Gli autori avvertono che i dati di questo studio mostrano solo un’associazione tra uso di IPP e maggior rischio di COVID-19, senza dimostrare u rapporto causa ed effetto. Tuttavia, afferma Spiegel, i risultati dovrebbero incoraggiare i medici a prescrivere IPP solo quando chiaramente indicato e prendere sempre in considerazione l’alternativa offerta dagli anti-H2.
“Le persone più anziane, con comorbidità o fumatori, se contraggono il Covid-19 potrebbero avere una malattia più grave – ricorda Spiegel – è ragionevole chiedersi in questi casi se è possibile ridurre la terapia con IPP da due a una volta al giorno.”