Infertilità maschile, nuovi dati mettono in dubbio l’efficacia degli antiossidanti
Si moltiplicano le evidenze circa la scarsa efficacia degli integratori a base di vitamine e minerali ad azione antiossidante come coadiuvanti nel trattamento dell’infertilità maschile. Si tratta di supplementi molto spesso usati per migliorare la qualità e la quantità dello sperma negli uomini infertili che però sulla base dei dati attuali, seppure limitati, non sembrerebbero mostrare alcun effetto in tal senso.
Queste in sintesi sono le conclusioni di un ampio studio clinico statunitense, denominato MOXI, promosso dall’Eunice Kennedy Shriver Institute of Chiled Health and Human Development e apparso sulla rivista Fertility and Sterility. Il trial randomizzato, in doppio cieco e controllato contro placebo ha arruolato 171 coppie in cui solo il partner maschile era affetto da infertilità, confermata da almeno uno spermiogramma anomalo. Gli uomini sono stati suddivisi in due gruppi: il primo ha assunto un supplemento a base di vitamine C, E, D, selenio, L-carnitina, zinco, acido folico e licopene per un periodo di 3-6 mesi, il secondo placebo. Sulla base dei dati raccolti a 3 mesi, non sono state osservate differenze significative dal punto di vista statistico tra i due gruppi per quel che riguarda concentrazione spermatica nel liquido seminale, motilità, morfologia e qualità del DNA degli spermatozoi. Analogo trend è stato riscontrato per il tasso di nascite che a 6 mesi non differiva tra i gruppi (15% gruppo antiossidanti vs 24% gruppo placebo).
Gli Autori tuttavia puntualizzano che i dati sulla natalità non sono stati sufficienti per condurre un’analisi statistica adeguata. Non solo, ma lo studio è stato interrotto precocemente per mancanza di benefici osservati.
Sebbene MOXI sia il più ampio trial volto a esaminare gli effetti degli antiossidanti in assenza di tecniche di riproduzione assistita, la questione rimane aperta così come i dubbi sul potenziale utilizzo di questi supplementi.