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Medicina del territorio, il nuovo modello della Urban Health

  • Luca Mazzacane
  • Sanità

Riformare la sanità, passando per comunicazione digitale, formazione e riorganizzazione delle figure professionali. Questi sono i criteri guida per l’implementazione della nuova assistenza territoriale, esposti durante l’evento “Il potenziamento dell’assistenza sanitaria territoriale: Lombardia, Italia, Europa”, organizzato da Age.Na.S e Fondazione The Bridge. Di seguito tracciamo il quadro del nuovo modello di assistenza sul territorio che è emerso dal convegno.

Un nuovo approccio alla medicina del territorio

Il nuovo sistema verte sul concetto di Urban Health, ovvero di salute intesa come bene comune e di merito, dove la città è coinvolta in prima linea. La Urban Health è una concezione della sanità basata sul concetto di Slow Medicine, ossia di assistenza centrata sui bisogni del paziente, che deve ricevere l’attenzione necessaria, con una comunicazione precisa e trasparente e con una figura sanitaria di riferimento facilmente reperibile.

 Pragmaticamente, la nuova assistenza territoriale si fonda sulle Case della Comunità (CdC) e la riorganizzazione dei ruoli delle diverse professioni sanitarie, quali il Medico di Medicina Generale, l’Infermiere di Famiglia e di Comunità (Ifec).

La formazione di nuove figure professionali e la ridefinizione dell’Accordo Collettivo Nazionale con cui opera il MMG dovrebbero fare delle Case della Comunità il centro di riferimento territoriale per le cure primarie, mentre l’ospedale dovrebbe ricevere solo il paziente in fase acuta. L’assistenza domiciliare, migliorata, farà da ponte tra questi servizi andando a facilitare la cura degli individui con mobilità limitata e fornendo un’assistenza durante l’intero arco della giornata.

Il modello della Casa di Comunità

Il modello della Casa della Comunità prevede diversi servizi obbligatori, intesi come requisiti minimi. Tra questi ci sono: i servizi di cure primarie erogati attraverso un’equipe multidisciplinare (come MMG e Ifec), il Punto Unico di Accesso, il servizio di assistenza domiciliare e di specialistica ambulatoriale per le patologie a elevata prevalenza, un sistema integrato di prenotazione collegato al CUP aziendale, continuità assistenziale e la presenza medica e infermieristica sette giorni su sette e nelle 24 ore. È fortemente raccomandata la presenza di Servizi Sociali alla persona e alla famiglia, oltre che quelli per la salute mentale, l’inclusione della medicina dello sport e delle attività consultoriali. Rimane invece facoltativa la presenza di programmi di screening e di vaccinazione.

L’organizzazione del personale

Dal punto di vista dell’organizzazione del personale, si prevede la presenza di un hub di Casa della Comunità ogni 40mila abitanti.

Ogni hub, secondo questa proporzione dovrà coinvolgere 30-35 MMG, prestando servizio 2 ore a settimana in ambulatori aperti 12 ore, 6 giorni su 7. Occorre la disponibilità di 10-15 ambulatori, dove 10-20 MMG potranno svolgere attività ambulatoriali, di assistenza primaria, per i propri pazienti.

Dal punto di vista infermieristico, invece, ogni hub dovrà disporre di 12 Infermieri di Famiglia e Comunità, suddivisi in: 1 coordinatore, 3 Ifec per le attività ambulatoriali della Casa di Comunità, 2 Ifec demandati all’attività di triage e di valutazione dei bisogni di salute, 6 Ifec destinati all’assistenza domiciliare di base per le attività di prevenzione, teleassistenza e telemedicina.

Quest’ultimo punto richiede un’equalizzazione della digitalizzazione medica italiana. Considerando l’utilizzo del Fascicolo Sanitario Elettronico, si nota una disparità nell’implementazione, impiego e utilizzo del modello digitale tra le diverse regioni italiane. Senza una sinergia risulterà difficile garantire la continuità dell’assistenza e della cura e uno sviluppo paritario della nuova medicina del territorio in tutto il Paese.

Luca Mazzacane

Redattore scientifico, esperto di sanità