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Dieta e declino cognitivo, nuovi dati sul consumo di cerali integrali

Uno studio appena pubblicato su Neurology dai ricercatori della Rush University di Chicago diretti da Xiaoran Liu (1) ha dimostrato che un maggiore e più frequente consumo di cereali integrali rallenta il declino cognitivo globale, così come quello della velocità percettiva e della memoria episodica e l’effetto sembra essere etno-specifico.

Lo studio, durato 6 anni, ha valutato 3.326 settantacinquenni; il 60% dei partecipanti era di etnia afro-americana (1.999) e sono stati proprio questi ultimi a risentire maggiormente della carenza dietetica di cereali integrali.

I risultati dello studio

All’arruolamento tutti i partecipanti erano liberi da demenza e nel corso dello studio dovevano periodicamente sottoporsi a valutazioni neuropsicologiche con test come il Word List Recall (2) con cui vanno ricordate a breve distanza alcune parole, il Digit Span Memory Test (3) nel quale va ricordata una breve lista di numeri o il Montreal Cognitive Assessment noto con la sigla MoCA (4), in cui i numeri vanno ordinati in maniera crescente o decrescente, una prova di calcolo, oltre alla quale altre 10 valutano attenzione e concentrazione, funzioni esecutive, memoria, linguaggio, abilità visuospaziali e di astrazione (5). Inoltri, tutti i soggetti dovevano compilare un diario della loro dieta: il questionario valutava in particolare la frequenza con cui avevano assunto cereali integrali negli ultimi 3 anni.

In base ai risultati i partecipanti sono stati suddivisi in 5 gruppi, da quello con minor consumo corrispondente a meno di mezza porzione al giorno di cereali integrali a quello col maggior consumo, cioè 2,7 porzioni al giorno. Le linee guida dietetiche USA (6) raccomandano almeno 3 porzioni di cibo integrale al giorno e una porzione viene considerata equivalente a un etto di cibo, cioè una fetta di pane, mezza tazza di pasta o riso cotti, un grammo di cracker o una tazza di cereali secchi.

Rispetto al 38% dei bianchi erano soprattutto gli afroamericani (67%) a consumare più di una porzione di cereali integrali al giorno considerando anche pop-corn e quinoa (7), una chenopodiacea detta falso cereale comunemente usata nel cous-cous.

Quando è stato il momento di valutare il declino cognitivo nel tempo con i test suindicati, dopo aver escluso fattori confondenti come età, sesso, scolarità e fumo, è risultato che nei soggetti di etnia afroamericana il punteggio cognitivo globale differiva in funzione del consumo alimentare di cereali integrali. Nei soggetti che consumavano oltre 3 porzioni al giorno il declino era più lento rispetto a chi assumeva meno di 1 porzione al giorno evidenziando una deviazione standard di 0,2 unità per decennio.

Radici storiche

Il diverso comportamento etno-alimentare, oltre che da ovvi motivi di carattere socio-culturale (8), deriva anche da ragioni storiche che, alla luce delle numerose scoperte sulle correlazioni fra microbiota e attività cerebro-psichiche (9), potrebbero verosimilmente offrire una nuova chiave di lettura a quanto ora scoperto dai ricercatori di Chicago.

L’agricoltura si è infatti sviluppata nel continente africano e nel Vicino Oriente nel Pleistocene e nell’Olocene, cioè ben 4mila anni prima che in Europa (10) e quindi il microbiota caucasico si è adattato al grano integrale con molto ritardo rispetto a quello degli africani che maggiormente possono risentire della riduzione dietetica di cereali integrali a cui sono assuefatti da molto più tempo.

Ciò non toglie comunque che il microbiota caucasico possa ormai andare incontro agli stessi fenomeni (11) nonostante che in questo studio i ricercatori si siano concentrati sugli afroamericani perché meglio evidenziavano gli effetti della differente dieta.

La dieta migliore

La principale componente della quota di microbiota che si acquisisce dall’ambiente proviene peraltro dalla dieta che, con adeguate scelte alimentari, può contribuire a mantenerlo sano.

In entrambe le etnie una dieta corretta può infatti compensare pure i danni indotti dall’abuso di antibiotici, uno dei principali problemi dell’attuale stile di vita soprattutto occidentale che distrugge anche le popolazioni microbiche sane di tutto il microbioma e non solo quelle del microbiota intestinale (12).

In generale la dieta migliore  è quella mediterranea, che diversi studi indicano come preventiva nei confronti di malattie degenerative come quella di Alzheimer (13) o di Parkinson (14), ancor meglio se arricchita da probiotici e yogurt (15) e buoni risultati sono stati ottenuti con la sua elaborazione nella cosiddetta MIND Diet (16). Un recentissimo studio ha dimostrato che il wasabi della cucina giapponese migliora la working memory e quella episodica in anziani sani (17).

“Oltre a prevenire occorre però anche evitare di procurare danni scegliendo una dieta senza carboidrati a rapido assorbimento come i derivati del frumento –osserva il presidente della Società Italiana di Neurologia, professor Alessandro Padovani dell’Università di Brescia- cioè la cosiddetta dieta grano zero messa a punto dal cardiologo americano William Davis (18).

Ma attenzione, le raccomandazioni di Davis non riguardano tanto il grano in sé, quanto piuttosto le specie di cereali che sono state selezionate e modificate negli anni cosicché il pane e i biscotti che arrivano oggi sulle nostre tavole derivano da un cereale ben diverso da quello che mangiavano anche solo i nostri nonni. Induce infatti un’esagerata risposta insulinica con aumento del rischio di diabete e sindrome metabolica e ciò danneggia lentamente e cronicamente il nostro microbiota intestinale (19) innescando una condizione gravida di pesanti ricadute sul sistema nervoso centrale”.

Uno studio nippo-americano pubblicato su Psychiatry and Clinical Neurosciences lo scorso novembre ha confermato come il consumo di cereali integrali riduca in tutti i pazienti il rischio di sviluppare ogni tipo di demenza e non solo quella di Alzheimer (20).

Bibliografia

  1. https://n.neurology.org/lookup/doi/10.1212/WNL.0000000000207938
  2. https://www.brainhq.com/brain-resources/brain-connection/word-list-recall/
  3. https://www.memorylosstest.com/digit-span/
  4. https://bibliotecamedica.ausl.re.it/allegati/montrealcognitiveassessment_130713112931.pdf
  5. https://www.neuropsicologiaweb.it/index.php/neuropsicologia/test/32-il-moca-protocollo?showall=1
  6. https://www.hhs.gov/about/news/2023/01/19/members-2025-dietary-guidelines-advisory-committee-announced.html
  7. https://powo.science.kew.org/taxon/urn:lsid:ipni.org:names:165175-1
  8. https://www.pnas.org/doi/full/10.1073/pnas.2017947118
  9. https://doi.org/10.1002/brb3.2177
  10. https://www.treccani.it/enciclopedia/la-domesticazione-delle-piante-e-l-agricoltura-africa_%28Il-Mondo-dell%27Archeologia%29/
  11. https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/mbo3.476
  12. https://www.bellamysorganicinstitute.com.au/wp-content/uploads/2021/04/Ianiro-G-et-al_BMJ_2016.pdf
  13. https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/ene.15698
  14. https://www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/1028415X.2022.2073107
  15. https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/jgh3.12450
  16. https://www.nejm.org/doi/10.1056/NEJMoa2302368
  17. https://www.mdpi.com/2072-6643/15/21/4608
  18. https://www.naturopataonline.org/alimentazione/diete/dieta-zero-grano-indicazioni-e-alimenti-suggeriti/
  19. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC540562/
  20. https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/pcn.13509
Cesare Peccarisi

Giornalista scientifico, neurologo, editorialista del Corriere Salute, Responsabile Comunicazione Scientifica della Società Italiana di Neurologia (SIN)