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Medicina ambientale, come contrastare gli inquinanti indoor

  • Silvia Pogliaghi
  • Sanità

“Nella società moderna viviamo tra il 70 e il 90% del nostro tempo all’interno di spazi confinati come case, uffici, mezzi di trasporto, luoghi di aggregazione, luoghi di sport al chiuso. In questi spazi indoor l’inquinamento è mediamente cinque volte superiore a quello esterno.”

Lo ricorda Alessandro Miani, presidente della Società italiana di medicina ambientale (SIMA) che promuove ricerche in Italia e collaborazioni internazionali, con l’approccio ‘One-Health’, per evidenziare lo stretto rapporto esistente tra salute umana, animale, vegetale, su scala planetaria.

“L’inquinamento indoor – aggiunge Miani – è dato da composti organici volatili, varie tipologie di polveri, inquinamento di tipo biologico come virus e batteri, idrocarburi policiclici aromatici, tutte sostanze nocive e potenzialmente cancerogene, che si creano con le nostre attività di cucina, igiene della casa e con l’uso di prodotti, come smalti, vernici o spray.

“Inoltre, va considerata l’usura delle superfici e dei materiali presenti nelle nostre case e negli uffici, come, ad esempio, le superfici plastiche di arredo o le pavimentazioni che per l’usura del tempo, rilasciano particelle plastiche, le quali contengono ftalati (famiglia di composti chimici) distruttori endocrini altamente pericolosi che possono generare una serie di patologie correlate, quali per esempio ritardi del neurosviluppo.”

Come contrastare gli inquinanti indoor?

Miani indica alcuni comportamenti che possono diminuire l’impatto degli inquinanti negli ambienti chiusi:

aprire porte e finestre più volte al giorno per almeno 5 minuti , utilizzare dei sistemi di ventilazione validati scientificamente, e possibilmente a doppio flusso che prevedano una sottrazione dell’aria viziata e l’immissione di aria esterna prefiltrata e sistemi di purificazione dell’aria. Per quanto riguarda la distribuzione dell’acqua all’ultimo miglio, vi sono dei sistemi “Point of entry” che consentono di eliminare l’eventuale presenza di inquinanti. La così detta ‘acqua del sindaco’ è mediamente di ottima qualità. Viene presa da falda di secondo livello e sottoposta giornalmente a molti controlli, ancor di più delle acque in bottiglia del supermercato.”

La formazione dei medici. “Come Società italiana di medicina ambientale stiamo cercando di formare su base universitaria i medici e gli operatori sanitari, anche nell’ottica di individuare i sintomi di patologie dovute all’inquinamento già in sede di anamnesi. Ad esempio, se visito un paziente con asma, bronchite, tosse e difficoltà respiratorie, la prima cosa da chiedersi è se il paziente sia un fumatore. Ma se non lo fosse, il medico dovrebbe chiedere dove il paziente vive. Se si vive in campagna/montagna dove l’aria è pulita le cause andrebbero ricercate altrove, ma se si vive in una grande metropoli o vicino ad una zona industriale questo dato andrebbe inserito nell’anamnesi, così come altre informazioni legate agli stili di vita”.

Radon: problema poco conosciuto. “La seconda causa di numero di decessi per tumore ai polmoni, dopo il fumo, in Italia è rappresentata dal gas Radon – spiega Alessandro Mian – Il Radon è un gas nobile (simbolo Rn), naturale, inodore e incolore che si libera dal sottosuolo e dalle falde acquifere, ma si libera anche nelle costruzioni (edifici e infrastrutture) ove le fondamenta sono vecchie e dove non sono previste solette di isolamento. Inoltre, può risalire, attraverso vecchie condutture, anche a piani alti. Il problema Radon non è molto conosciuto dalla popolazione, ma SIMA con il Consiglio Nazionale dei Geologi ha fatto sì che l’Italia approvasse la normativa europea Euratom, che prevede l’obbligatorietà su base regionale del monitoraggio del gas Radon”.

Amianto: problema non risolto. “Anche per quanto riguarda l’amianto è ancora molto presente nel nostro territorio – sottolinea Miani – ad esempio nelle scuole: tra gli studenti e docenti oltre 350.000 persone sono ancora direttamente esposte al rischio amianto per via delle costruzioni obsolete. Abbiamo anche centinaia di migliaia di chilometri di condutture idriche di acquedotti realizzate con componenti che contengono amianto. L’esposizione all’amianto può produrre asbestosi, mesotelioma o tumori, ma difficili da diagnosticare come causa- effetto, per la lunga latenza della malattia, specialmente e se la persona che contrae la malattia non è stata residente in zone dove è documentabili l’esposizione all’amianto”.

Pogliaghi
Silvia Pogliaghi

Giornalista scientifica, specializzata su ICT in sanità.