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Intelligenza artificiale in medicina, cosa ne pensano i clinici?

Diagnosi più accurate, trattamenti personalizzati e un’assistenza migliore al paziente: l’AI promette una svolta in campo medico-sanitario e le sue applicazioni vedranno una crescita esponenziale nei prossimi anni. Una recentissima indagine condotta negli Stati Uniti indica che, per ora, i medici sembrano fidarsi dell’intelligenza artificiale.

Negli ultimi anni l’intelligenza artificiale (AI) sta determinando una vera e propria rivoluzione in campo medico-sanitario con nuovi metodi d’approccio nella cura del paziente e nella ricerca con diagnosi più accurate, piani di trattamento personalizzati e migliori outcome. Il suo impiego promette di imprimere una svolta alla diagnosi e all’analisi del trattamento, offrendo livelli senza precedenti di approfondimento clinico evidence-based (1), tant’è che la US Science Foundation ha appena lanciato un programma per promuoverne le sue applicazioni a livello nazionale (2).

Grazie a device indossabili (3) l’intelligenza artificiale può valutare via web l’efficacia dei trattamenti e suggerirne aggiustamenti in tempo reale, portando a risultati clinici migliori e a una riduzione dei costi del trattamento stesso.

Marker e trend di malattia

Potendo analizzare in tempo reale una grossa massa di dati, gli algoritmi di apprendimento automatizzato riescono a identificare modelli e correlazioni difficili o impossibili per l’uomo, consentendo di identificare in modo rapido e accurato i marker e i trend di malattia.

La migliore e più rapida previsione dei possibili outcome di malattia dell’intelligenza artificiale deriva dalla sua possibilità di accedere rapidamente allo “storico” del paziente, dall’anamnesi remota ai dati sanitari degli archivi presenti nel Sistema sanitario.

Nella pratica clinica il suo impiego spazia dalla valutazione di radiografie, risonanze o TAC con il rilevamento precoce delle condizioni morbose, fino alla previsione degli esiti di malattia attraverso l’analisi delle cartelle cliniche elettroniche. Non solo i radiologi possono avere, ad esempio, segnalazione di problemi potenzialmente letali molto più rapidamente rispetto ai metodi di valutazione tradizionale affidati all’esperienza e alla preparazione del singolo clinico, ma vengono offerte diagnosi più accurate e tempestive a tutti gli specialisti in modo da identificare i pazienti a rischio per condizioni specifiche, così da intervenire precocemente e prevenire complicanze.

Basandosi sulle personali caratteristiche di ciascun paziente l’AI sviluppa anche piani di trattamento personalizzati e, per quanto un recente editoriale di Nature affermi il contrario (4), i suoi algoritmi possono ridurre l’errore umano, migliorando l’accuratezza diagnostica. Ne derivano iter sanitari migliori, più rapidi ed efficienti in grado di fornire cure ottimali a molteplici pazienti contemporaneamente.

Automatizzando le attività amministrative quotidiane viene aumentata anche l’efficienza, lasciando così più tempo ai medici per concentrarsi sulla cura del paziente. E anche per quanto riguarda il paziente l’integrazione dell’intelligenza artificiale nell’assistenza sanitaria può semplificare la pianificazione degli appuntamenti, fornendo soluzioni di monitoraggio in remoto.

Il ricorso a chatbot per rispondere alle domande frequenti di pazienti alla ricerca d’informazioni su cure e assistenza aiuta a ridurre lo stress e fa risparmiare tempo sia ai pazienti che agli operatori sanitari. Gli attuali smartphones sono già dotati di ECG, EEG, ecografi ecc. che possono essere usati per ottimizzare la diagnosi a distanza aiutando il medico non solo a migliorare l’assistenza, ma anche ad incrementare l’accesso nei confronti del paziente.

Atteggiamento fiducioso: i risultati di un’indagine USA

In questa nuova era nascono anche problematiche di cui occorre tenere conto fin d’ora: dal punto di vista psicodinamico, che cosa cambia nella diade medico-paziente quando viene a mancare la co-presenza? Come cambierà questo rapporto quando il setting online va a realizzare una relazione terapeutica condizionata dallo stato dissociativo prodotto dal medium (io non sono qui), dagli effetti onnipotenti impliciti nel particolare setting (studio medico, ambulatorio ecc.), dalla fluidità del confine del corpo virtuale, dalla perdita dell’evidenza naturale delle cose, dalla contemporaneità di prossimità/ lontananza ecc.? Come cambierà questo rapporto quando la responsabilità del setting sarà affidata al solo paziente? A quel punto chi dipenderà da chi? Non finiranno per dipendere entrambi da un terzo tecnologico? (5)

una recentissima indagine negli Stati Uniti (6) con principali autori Edmund Billinga e Steven Waldren indica che per ora i medici sembrano fidarsi dell’intelligenza artificiale dato che solo nel 9% dei casi hanno rifiutato le sue raccomandazioni.

La valutazione è stata condotta su 60 medici dall’AAFP in collaborazione con Navina. L’AAFP è l’American Academy of Family Physicians (7) che, fondata nel ’47, raccoglie quasi 130mila medici (129.600) fra generalisti e specializzandi americani che producono in media 192 milioni di visite all’anno, fornendo la principale forma di assistenza alle popolazioni rurali e svantaggiate dell’America rispetto a qualsiasi altra specialità medica.

I membri dell’AAFP costituiscono la pietra angolare della medicina di famiglia americana con una relazione continua e personale tra paziente e medico, incentrata sull’assistenza integrata. Navina è una società di intelligenza artificiale (8) nata con lo scopo di facilitare l’attività del medico tramite strumenti con cui poter disporre in ogni momento con un semplice “clic” dell’intero quadro del paziente integrando i dati delle cartelle cliniche elettroniche e di altre fonti in modo da focalizzare l’attenzione su ciò che conta e su eventuali lacune.

L’indagine ha voluto misurare l’atteggiamento dei medici nei confronti degli assistenti di intelligenza artificiale e ne è anche risultato che in termini di tempo e di fatica il burnout dei generalisti USA, che nel 2022 risultava del 51% (9), si riduce del 23% parallelamente a un effetto di riduzione del 38% nel tempo di preparazione delle visite e del 30% nella revisione dei dati clinici.

Con l’accettazione dei suggerimenti diagnostici è aumentata del 49% l’identificazione diagnostica e del 22% la soddisfazione complessiva della pratica clinica. Secondo il 98% dei medici partecipanti alla survey l’AI aiuta a formulare le diagnosi in modo più accurato e l’84% ha accettato le sue raccomandazioni diagnostiche.

Lo studio chiarisce l’impatto del cosiddetto bias di automazione (10) e i limiti della propensione ad accettare suggerimenti automatizzati in maniera acritica. Secondo Steven E. Waldren, Chief Medical Informatics Officer dell’AAFP questa indagine indica che un assistente AI rappresenta per i generalisti un’importante innovazione che semplifica il loro flusso di lavoro indirizzandoli verso una migliore assistenza.

Un allargamento dello studio su un gruppo più ampio di medici potrebbe confermare i risultati secondo cui l’intelligenza artificiale, se adeguatamente integrata nel loro flusso di lavoro e ulteriormente arricchita di dati basati sull’evidenza dei quali i medici possano fidarsi, può anche alleviare il loro burnout. La fiducia dei medici è risultata aumentata del 45% nella preparazione alle visite dei pazienti con l’AI Assistant come supporto del loro processo decisionale di cura.

Uno dei partecipanti all’indagine ha dichiarato:

solo tre anni fa trascorrevo ore e ore alla ricerca di documenti, referti di laboratorio o di imaging e adesso tutto questo appartiene al passato. Conosco meglio i miei pazienti e sono preparato quando li incontro per la visita”. ž

Gli scenari futuri

Diverse forme di intelligenza artificiale sono già utilizzate non solo dagli operatori sanitari, ma anche da assicuratori e aziende per semplificare lo sviluppo dei farmaci grazie a una più rapida analisi di grandi quantità di composti in cui identificano prima quelli con potenziali benefici terapeutici (11).

L’impiego dell’intelligenza artificiale nei trial clinici utilizza algoritmi di apprendimento automatico (12) con cui si può prevedere il tasso di successo dei nuovi composti evitando sperimentazioni laboriose, lunghe e dispendiose. Con i continui progressi tecnologici e la crescente adozione dell’intelligenza artificiale in vari aspetti dell’assistenza sanitaria, l’AI svolgerà senza dubbio un ruolo fondamentale nel plasmare il futuro dell’assistenza.

Nei prossimi anni il suo impatto aumenterà e la sua integrazione con la telemedicina, la genomica, la robotica e la stampa 3D espanderà ulteriormente le sue applicazioni nella diagnostica, nella pianificazione dei trattamenti, nell’assistenza medica e chirurgica e nel monitoraggio dei pazienti. Per massimizzare i benefici di tutti questi sviluppi è opportuno che gli organismi sanitari investano fin da ora nella formazione della forza lavoro e nella collaborazione tra medici e sviluppatori di intelligenza artificiale.

Sitografia

  1. https://www.triple-tree.com/strategic-insights/2021/april/a-new-era-of-virtual-health/
  2. https://new.nsf.gov/focus-areas/artificial-intelligence/nairr
  3. https://neurologiaitaliana.it/2022/cefalee-terapia-monitorata-dallassistente-virtuale/
  4. https://www.nature.com/articles/d41586-024-00168-8?utm_source=Live+Audience
  5. https://esource.dbs.ie/server/api/core/bitstreams/75c8f71c-53fc-4981-af89-6eedd7faec08/content
  6. https://www.navina.ai/lp/content/aafp-phase-two-report-download
  7.  https://www.familydoctor.org
  8. https://www.navina.ai/
  9. https://www.aafp.org/about/policies/all/family-physician-burnout.html#:~:text=Family%20physicians%20suffer%20from%20
  10. https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/intelligenza-artificiale-tutti-i-pregiudizi-bias-che-la-rendono-pericolosa/
  11. https://www.linkedin.com/pulse/reflections-from-global-ai-summit-francois-candelon
  12. https://www.researchgate.net/profile/Batta-Mahesh/publication/344717762_Machine_Learning_Algorithms_-A_Review/links/5f8b2365299bf1b53e2d243a/Machine-Learning-Algorithms-A-Review.pdf?eid=5082902844932096
Cesare Peccarisi

Giornalista scientifico, neurologo, editorialista del Corriere Salute, Responsabile Comunicazione Scientifica della Società Italiana di Neurologia (SIN)