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Robot in ospedale, per accogliere le persone con autismo

Si chiamano Ugo e Gino i Robot NAO con sembianze umane appena arrivati a Modena per aiutare nella comunicazione i bambini e le persone con autismo in ambito clinico cardiologico. I robot non hanno espressioni emotive, ma sono equipaggiati di sensori tattili, mani prensili, fotocamere e microfoni e sono soprattutto validati da uno studio controllato e randomizzato (vedi Journal of Autism and Developmental Disorders); rappresentano quindi una tecnologia detta “terapia assistita da Robot” (RAT) atta a migliorare il trattamento delle persone e dei bambini con Disturbi dello Spettro Autistico (ASD). Spiega Maria Grazia Modena, responsabile del programma PASCIA (Programma Assistenziale Scompenso Cardiaco):

le persone che non riescono a comunicare, come le persone con autismo, soffrono due volte. La persona con disabilità intellettiva che soffre per esempio di mal di denti e non riesce a comunicare il suo problema va in agitazione psicomotoria. I robot, rappresentano una piattaforma tecnologica che combina diversi aspetti: dialogo con linguaggio naturale e interazione gestuale, con la loro ripetitività attenuano la diffidenza, inoltre, con le espressioni facciali caratteristiche dei robot NAO e le parole scandite lentamente, in modo più efficace della voce umana, accolgono il bambino o l’adulto con autismo ed aiutano a metterlo a proprio agio in un ambiente che potrebbe essere recepito come inospitale. Tutto questo permette a noi clinici di svolgere le visite e gli esami diagnostici con maggiore facilità”.

I robot sperimentati per facilitare le procedure di visite ed esami

I due robot, frutto di una tecnologia nata in Francia nel 2005, sono stati fortemente voluti per l’accoglienza dei pazienti con autismo e disabilità dal dipartimento di Cardiologia Universitaria, nella persona di Maria Grazia Modena, professore ordinario dell’Università di Modena e Reggio Emilia, responsabile del programma PASCIA,  che ha finanziato il progetto, con la collaborazione di associazioni dei pazienti.  È così partita una prima sperimentazione che utilizza i robot per facilitare le procedure cliniche di vari esami e visite.

Il progetto nasce direttamente dalle esigenze dei pazienti, rappresentate dalle associazioni di famiglie, e mira ad abbattere le barriere dell’ospedale per chi non ha voce, come spesso accade nelle persone che soffrono di autismo. L’ascolto di queste necessità potrebbe portare, all’ospedale di Modena, un futuro percorso ospedaliero di accoglienza dedicato a pazienti con disabilità. Andrea Lipparini, Presidente di Aut Aut APS, spiega:

questo progetto con l’utilizzo dei robot è l’anticamera per poter creare dei percorsi dedicati a persone con disabilità, in modo che gli screening o le normali viste, dal dentista, dall’oculista o altro, non rimangano un problema difficile da superare.”

Il lavoro delle associazioni

Aut Aut APS, associazione di famiglie, nata nel 2003 da 8 famiglie, ad oggi conta più di 140 nuclei familiari. Erica Coppelli, mamma di un ragazzo con autismo di 23 anni, ex presidente dell’associazione e attuale presidente di Tortellante APS, racconta di come l’iniziativa sia nata per colmare il  vuoto sociale in cui si trovano questi ragazzi dopo la scuola dell’obbligo:

Tortellante APS è nata per garantire a ragazzi, adolescenti e adulti con disabilità un lavoro vero, dignitoso. Per non vanificare tutti gli sforzi dei percorsi riabilitativi che vengono fatti dai ragazzi e che hanno portato ad un miglioramento della loro autonomia. Oggi i ragazzi di Tortellante sono 26, confezionano il tortellino, prodotto che contraddistingue il nostro territorio e sono supportati da un team scientifico multidisciplinare. Il miglioramento delle abilità nella vita quotidiana e la riduzione della sintomatologia correlata all’autismo è attestato dallo studio pilota pubblicato nel luglio 2022 su Research in Developmental Disabilities.”

Il ruolo attuale dei robot

Franco Nardocci, coordinatore del panel Linee Guida per l’Infanzia, dell’Istituto Superiore di Sanità, afferma:

“il percorso intrapreso con i robot è un percorso di facilitazione e non tanto di terapia. I robot sono più semplici da comprendere per i ragazzi e le ragazze con autismo, hanno una mimica diversa dagli esseri umani, e la loro capacità di interagire è migliore anche grazie al visual comunication, soprattutto per le persone non che verbalizzano. I robot costituiscono un nuovo strumento che aiuta, in modo particolare nelle visite dentistiche e nelle valutazioni diagnostiche.”

 

Pogliaghi
Silvia Pogliaghi

Giornalista scientifica, specializzata su ICT in sanità.