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Obesità, proposti nuovi criteri per la diagnosi e la gestione dei pazienti

L’indice di massa corporea (BMI) non può essere il criterio esclusivo per la diagnosi e la stadiazione dell’obesità. Lo afferma un documento messo a punto dall’European Association for the Study of Obesity (EASO) e pubblicato su Nature Medicine (prima firma Luca Busetto, Università di Padova).

L’attuale sistema per diagnosticare e gestire l’obesità, affermano gli esperti dell’EASO,  esclude molte persone che trarrebbero beneficio dal trattamento dell’obesità, considerando anche le nuove opzioni farmacologiche disponibili. Nonostante l’ampio riconoscimento dell’obesità come una malattia multifattoriale, cronica, recidivante e non trasmissibile, caratterizzata da un accumulo anormale e/o eccessivo di grasso corporeo, la diagnosi di obesità è ancora in molti contesti basata esclusivamente sui valori di soglia del BMI e non riflette il ruolo della distribuzione e della funzione del tessuto adiposo nella gravità della malattia.

L’importanza della componente antropometrica nella diagnosi

Gli autori del documento affermano:

una novità importante del nostro schema riguarda la componente antropometrica della diagnosi. La base di questo cambiamento è il riconoscimento che il solo BMI è insufficiente come criterio diagnostico e che la distribuzione del grasso corporeo ha un effetto sostanziale sulla salute. Più specificamente, l’accumulo di grasso addominale è associato ad un aumento del rischio di sviluppare complicazioni cardiometaboliche ed è un determinante più forte dello sviluppo della malattia rispetto al BMI, anche in individui con un livello di BMI inferiore ai valori di soglia standard per la diagnosi di obesità (BMI di 30).”

In sostanza il nuovo approccio all’obesità sottolinea che l’accumulo di grasso addominale (viscerale) è un importante fattore di rischio per il deterioramento della salute, anche in persone con BMI basso e ancora prive di manifestazioni cliniche evidenti. Il nuovo schema include persone con BMI basso (≥25–30 kg/m2) ma accumulo di grasso addominale aumentato e presenza di eventuali compromissioni mediche, funzionali o psicologiche nella definizione di obesità.

Rivedere i criteri di accesso alle terapie farmacologiche e chirurgiche

Gli autori chiariscono che i pilastri del trattamento delle persone con obesità nelle loro raccomandazioni aderiscono sostanzialmente alle linee guida attualmente disponibili. Le modifiche comportamentali, inclusa la terapia nutrizionale, l’attività fisica, la riduzione dello stress e il miglioramento del sonno, sono stati concordati come i principali capisaldi della gestione dell’obesità, con la possibile aggiunta di terapia psicologica, farmaci per l’obesità e procedure metaboliche o bariatriche (chirurgiche ed endoscopiche).

Tuttavia, fanno notare glie esperti EASO, a causa dei criteri di inclusione degli studi clinici, nella pratica attuale è precluso l’uso di farmaci per l’obesità o procedure metaboliche/bariatriche in pazienti con un sostanziale carico di malattia da obesità ma valori di BMI bassi. Pertanto, i membri del comitato direttivo EASO hanno proposto che l’uso di farmaci per l’obesità dovrebbe essere considerato in pazienti con BMI di ≥25 kg/m2 o e un rapporto vita-altezza >0,5 e la presenza di compromissioni o complicazioni mediche, funzionali o psicologiche, indipendentemente dai valori di soglia di BMI attuali.

Un appello per nuovi criteri di stadiazione dell’obesità e obiettivi terapeutici a lungo termine

“Questa dichiarazione – affermano gli autori – può anche essere vista come un appello alle aziende farmaceutiche e alle autorità regolatorie a utilizzare criteri di inclusione più aderenti alla stadiazione clinica dell’obesità e meno ai tradizionali cut-off di BMI quando si progettano futuri studi clinici con farmaci per l’obesità.” E concludono:

questa dichiarazione avvicinerà la gestione dell’obesità a quella di altre malattie croniche non trasmissibili, in cui l’obiettivo non è rappresentato da esiti intermedi a breve termine, ma da benefici per la salute a lungo termine. Definire obiettivi terapeutici personalizzati a lungo termine dovrebbe informare la discussione con i pazienti dall’inizio del trattamento, considerando lo stadio e la gravità della malattia, le opzioni terapeutiche disponibili e i possibili effetti collaterali e rischi concomitanti, le preferenze del paziente, i fattori individuali che determinano l’obesità e le possibili barriere al trattamento. Si sottolinea la necessità di un piano di trattamento globale a lungo termine o per tutta la vita piuttosto che di una riduzione del peso corporeo a breve termine.”

Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.