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Osteoporosi in Europa, le differenze nelle linee guida pesano sull’accesso alle cure

  • Alessandro Visca
  • Sanità

Secondo i dati del rapporto SCOPE 2021, nell’Unione Europea (UE) oltre 23 milioni di donne e uomini sarebbero esposti a un alto rischio di frattura, e andando più nel concreto nel 2019 le fratture osteoporotiche osservate sono state oltre 4,2 milioni, dato che proiettato al 2034 supererebbe i 5,3 milioni.

Ad aggravare un quadro di per sé poco confortante si aggiunge anche il gap nel trattamento: nell’area UE27+2 oltre 15 milioni di donne trarrebbero vantaggio da un trattamento antiosteoporotico, ma non ne ricevono alcuno.

Diverse potrebbero essere le motivazioni della sottodiagnosi e di conseguenza del sottotrattamento, ed è per questo motivo che un gruppo di esperti ha voluto fare un’analisi delle attuali raccomandazioni sulla gestione del paziente con osteoporsi (o a rischio di) di alcuni Paesi europei, confrontandole con le linee guida ESCEO-IOF (European Society for Clinical and Economic Aspects of Osteoporosis and Osteoarthritis-International Osteoporosis Foundation).

Obiettivo del lavoro era quello di analizzare similitudini e differenze tra le linee guida di Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito.

Dalla revisione emerge innanzitutto che l’approccio adottato per la valutazione del rischio differisce tra le linee guida prese in esame. In Francia e in Spagna la stratificazione del rischio viene effettuata sulla base dei risultati ottenuti mediante DEXA e sulla presenza di fratture pregresse, mentre le raccomandazioni adottate in Germania, Italia e Regno Unito si basano fondamentalmente sull’impiego di strumenti validati di valutazione del rischio.

Queste discrepanze, secondo gli autori, portano a una differente classificazione dei pazienti a rischio alto e molto alto.

Vi è invece allineamento dal punto di vista del trattamento, raccomandando molecole ad azione antiriassorbitiva e anabolica come opzioni di prima scelta, eventualmente in uno schema sequenziale laddove necessario.

Vi è accordo sul fatto che i pazienti a rischio alto o molto alto di frattura o con osteoporosi severa siano candidabili a ricevere in prima linea un trattamento anabolico, seguito da uno ad azione antiriassorbitiva.

Discrepanze significative infine sono state osservate nell’ambito del follow up dei pazienti in terapia, e soprattutto nell’ambito dei criteri di rimborsabilità adottati nei singoli Paesi; quest’ultimo punto rappresenterebbe un elemento critico nell’ottica dell’ottimizzazione della gestione del paziente con osteoporosi o a rischio di frattura.

Nelle conclusioni, gli autori sottolineano che i differenti criteri di valutazione del rischio adottati impattano in modo significativo sull’accesso ai trattamenti anabolici e che un’armonizzazione tra le diverse raccomandazioni sarebbe auspicabile e utile al fine di individuare tempestivamente i pazienti che trarrebbero maggiori benefici da un trattamento adeguato.

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Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.