a cura di: Francesca De Vecchi, Tecnologa alimentare
L’estate 2025 è stata segnata da due importanti cluster di intossicazione botulinica che si sono verificati in Sardegna e Calabria, dovuti a prodotti contenenti salsa guacamole e cime di rapa contaminati.
L’Italia è uno dei Paesi europei con il maggior tasso di incidenza del botulismo alimentare. I dati rilasciati dal Centro di monitoraggio dell’Istituto Superiore di Sanità riportano 574 casi confermati su 1.276 sospetti tra il 2021 e il 2024. Alcuni prodotti tipici della nostra gastronomia, ma soprattutto l’usanza di prepararli in ambito domestico fanno sì che il botulismo sia considerato dall’Istituto superiore di sanità un problema di salute pubblica (epicentro.it).
Per quanto riguarda l’Italia gli alimenti più coinvolti in casi di botulismo sono conserve e semi-conserve non acide o che non hanno subito trattamenti di acidificazione/fermentazione: verdure sottolio (47,7%), vegetali in acqua/salamoia (25,5%); conserve di carne (7,8%), di pesce (7,8%), prosciutto (4,6%), salami e salsicce (3,3%); conserve di formaggio (2,0%), alimenti macrobiotici (1,3%). In particolare, i funghi sott’olio di produzione domestica, le conserve di olive e di cime di rapa sono fra i maggiori interessati.
Tutte le conserve sono potenzialmente a rischio. I casi di botulismo dovuti al consumo di conserve domestiche ammontano mediamente al 90% delle notifiche pervenute, il 10% riguarda invece i prodotti industriali.
Dal 1996 a oggi le segnalazioni giunte al RASFF, il Sistema di allarme rapido per gli alimenti e i mangimi, sono state 46 e hanno riguardato per lo più conserve vegetali industriali nel 33% dei casi, seguiti da zuppe, salse e condimenti (16%), prodotti a base di carne (14%) e prodotti della pesca (9%), principalmente tonno in scatola.

Come si sviluppano le tossine
Il botulismo alimentare è una vera e propria intossicazione causata dall’ingestione delle tossine preformate da Clostridium botulinum, un batterio Gram+ strettamente anaerobio e sporigeno. È diffuso nel suolo, nelle acque e nell’intestino animale sottoforma di spore – la forma più resistente – che possono quindi, per contaminazione, arrivare agli alimenti.
Quando la spora trova le condizioni ambientali favorevoli entra in uno stato vegetativo e produce fino a 8 tipi diversi di tossine (denominate con le lettere dalla A alla H) che vengono così rilasciate nel mezzo. Per evitare la produzione di tossine è necessario che le condizioni dell’alimento siano tali da non permettere la germinazione delle spore che invece si attivano nelle seguenti condizioni:
- totale assenza di ossigeno,
- in substrati con caratteristiche chimico fisiche con pH >4.5,
- in presenza di elevata acqua libera (il valore limite al di sotto del quale il botulino non riesce più a svilupparsi è di 0,935) e in prodotti con alta percentuale proteica.
Le tossine sono sensibili al calore (80 °C per 15 min), mentre le spore possono resistere fino a 120 °C. Queste caratteristiche rendono le preparazioni casalinghe particolarmente rischiose in particolare per le conserve di carne e pesce. L’acidificazione, l’aggiunta di sale e di zucchero in ben precise percentuali, unitamente al corretto trattamento e manipolazione degli alimenti vegetali determinano una riduzione del pH o dell’attività dell’acqua che garantiscono una ragionevole sicurezza.
L’Istituto Superiore di Sanità ha tuttavia pubblicato una guida approfondita sulle modalità di preparazione domestica delle conserve vegetali (qui) con l’intento di scongiurare episodi di intossicazione.
La prevenzione del botulismo alimentare
In termini di prevenzione del botulismo alimentare, la produzione industriale può offrire una maggiore sicurezza se vengono osservati in autocontrollo gli standard operativi codificati. Gli operatori del settore devono infatti osservare una serie di obblighi non solo operativi (selezione e manipolazione delle materie prime, ricettazione, controllo dei processi, sanificazione delle superfici, registrazione documentale, standardizzazione dei processi) ma anche di informazione al consumatore.
In fase di ricettazione l’aggiunta di alcuni additivi chimici, approvati per legge, risponde proprio alla necessità di controllare il rischio di botulino. Fra questi i nitriti (E249, E250) e i nitrati (251, E 252) o il potassio sorbato (E202), lattato di sodio (E325) o nisina (E 234).
Oppure si ricorre alla tecnologia: è il caso, per esempio delle conserve a base di carne e pesce, che trovano nelle condizioni industriali di sterilizzazione (con vapore surriscaldato alla temperatura di 121°C ed alla pressione di 2 atmosfere) la migliore garanzia di sicurezza di distruzione delle eventuali spore presenti (e non riproducibile in ambiente domestico).
Precauzioni vanno poi osservate prima del consumo di zuppe e vellutate pronte che si trovano nei banchi refrigerati dei supermercati (semi-conserve). Questi sono una categoria di prodotti dove è stato applicato un trattamento termico blando, che conserva un profilo di gusto più simile al prodotto fresco, ma non tutela del tutto dal rischio di intossicazione botulinica. Le zuppe e le vellutate refrigerate vanno quindi consumate solo dopo bollitura (tre minuti per zuppe di legumi/cereali/verdure; un minuto per vellutate), mescolando mentre si scaldano, avendo cura di riporre in frigorifero l’avanzo. L’indicazione, come ribadito da una recente circolare del Ministero della Salute del 12 agosto 2025 (nota 34260) deve essere riportata ben chiara in etichetta.
Infine, il freddo. Alleato importante (anche se da solo non sempre sufficiente). La conservazione a temperatura refrigerata va comunque osservata per tutti i prodotti: la catena del freddo, prima del consumo, non deve essere interrotta. Le temperature di conservazione inferiori a 4°C, infatti, rallentano la possibile attivazione dei microrganismi riducendo, insieme al rispetto delle altre condizioni di conservazione, il rischio di avvelenamento.



