Alberto Zambelli, direttore dell’Oncologia dell’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo e professore associato di Oncologia all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, spiega come è possibile ridurre il rischio di recidiva nel tumore mammario localizzato.
Il 90% delle diagnosi di ca. mammario riguarda casi in stadio precoce (Stadi I-II-III) con o senza coinvolgimento dei linfonodi. La positività linfonodale è considerata un fattore prognostico negativo, tuttavia il rischio di recidiva esiste anche per le donne con tumore localizzato e linfonodi negativi.
Nelle pazienti con tumore al seno in fase precoce con malattia ormonosensibile ed HER2 negativa- (ER+/HER2-) che rappresentano circa il 70% di tutti i tumori, il rischio di recidiva si registra in una percentuale compresa tra il 10% e il 17% per gli stadi I, per aumentare a una quota compresa tra il 10% e 50% negli stadi II e III, anche dopo 20 anni dalla diagnosi e dalla conclusione della terapia endocrina.
Diviene quindi essenziale migliorare il controllo a lungo termine della patologia e l’ottimizzazione del piano di trattamento mirato a identificare quelle pazienti che possono beneficiare di una nuova classe di farmaci, gli inibitori delle chinasi ciclina-dipendenti 4 e 6 (CDK4/6i), che rafforzano l’effetto protettivo delle terapie estrogeniche e possono ridurre il rischio di recidiva.
La campagna di sensibilizzazione “Pronte a Prevenire”, promossa da Novartis in collaborazione con le associazioni di pazienti ANDOS, Europa Donna Italia, IncontraDonna e Salute Donna ODV, nasce con l’obiettivo di aumentare la consapevolezza sul rischio di recidiva nel tumore della mammella in stadio localizzato.