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Dieta a restrizione temporale, una nuova arma di prevenzione

Intervista registrata al Campus IFOM-IEO di Milano, in occasione del forum: “La nuova era della nutrizione dai meccanismi molecolari alla salute umana”, organizzato dalla Fondazione IBSA di Lugano.

 

Medico e Paziente. Professor Panda, che cos’è la dieta a restrizione temporale (time-restricted eating)?

Satchidananda Panda. Molti mi chiedono che cosa sia la dieta con limitazione di tempo. Si basa su un concetto molto semplice: le calorie non sono limitate, ma è limitato il tempo. Questo significa che ciascuno può scegliere il periodo di tempo, da 8 a 12 ore, in cui poter mangiare e bere, e assumere tutte le calorie della giornata.

Ciò significa anche che, al di fuori di questo periodo di 8/12 ore, il paziente dovrebbe assumere solo acqua, perché l’acqua è molto importante per rimanere idratati.

In molti casi le persone preferiscono iniziare con un periodo di 10 ore per nutrirsi e 14 ore di digiuno, e poi alcuni riducono a 8 ore l’arco temporale per il nutrimento e 16 ore di digiuno. Questa in linea generale è la dieta a restrizione temporale.

MeP. Questa indicazione è collegata alle sue ricerche sui rapporti tra metabolismo e ritmo circadiano, qual è il collegamento?

Panda. Quasi ogni organo nel nostro corpo ha un ritmo circadiano. Questo significa che il cervello come un orologio indica un tempo per dormire, ristorarsi e ripartire di nuovo ogni giorno. In modo simile ogni organo ha bisogno di un tempo di riposo per ristorarsi, ripartire e rinnovarsi.

In biochimica questo può essere descritto come esito di processi catabolici che accadono durante il digiuno, insieme ad altri processi di riparazione dei tessuti danneggiati, che porta infine alla disintossicazione, con l’eliminazione di molte tossine o altre componenti di cui il corpo non ha bisogno. In questa categoria c’è anche il colesterolo in eccesso e altro.

La dieta a limitazione di tempo collega metabolismo e orologio circadiano. L’orologio istruisce se stesso a passare lentamente dall’anabolismo collegato alla nutrizione al percorso catabolico e disintossicante durante il digiuno.

MeP. A proposito del rapporto tra salute e ritmo circadiano, nel suo intervento di oggi ha citato anche molte patologie collegate con l’interruzione dei ritmi circadiani.

Panda. Ci sono molte evidenze che collegano l’interruzione sistematica del ritmo circadiano con malattie croniche non infettive. Ad esempio la più immediata evidenza riguarda i lavoratori che fanno i turni di notte. Cambiando il giorno con la notte cambia anche l’esposizione alla luce solare e cambiano gli orari dei pasti.

L’orologio interno ci istruisce ad andare a dormire e a mangiare in certe ore della giornata. Quando cambiamo orari, confondiamo l’orologio che inizia a mandare segnali contraddittori.

Il risultato che possiamo osservare nei turnisti è che sono più soggetti a molte patologie metaboliche, per esempio pre-diabete, obesità, diabete, fino a varie forme di cancro, quali tumore al seno, endometriale, o tumore al colon.

Un secondo livello di evidenze riguarda studi clinici controllati, in cui alcune notti con interruzione del sonno sono state sufficienti per sviluppare un’intolleranza al glucosio, in altre parole a sviluppare un pre-diabete.

Ovviamente non abbiamo potuto continuare queste interruzioni nell’uomo per lungo tempo per ragioni etiche, ma nei test con animali, simulando turni di notte o jet-lag per settimane o mesi, si osserva lo sviluppo di diabete, obesità, malattie cardiache ed epatiche, incremento del rischio di cancro e malattie infiammatorie.

Questo è il motivo per cui sappiamo che le interruzioni del ritmo circadiano portano sia nell’uomo che nell’animale allo sviluppo di malattie croniche non infettive.

MeP. Il medico di famiglia dovere quindi conoscere meglio le abitudini dei suoi pazienti, le ore in cui mangiano, quando vanno a dormire?

Panda. Sì, penso che conoscere le abitudini alimentari del paziente sia molto importante per il medico di famiglia, che è la prima linea per combattere le malattie croniche.

Penso che i medici dovrebbero fare domande sul ritmo circadiano che controlla tre funzioni fondamentali, nutrizione, riposo, e attività fisica.

Molti medici già lo fanno, informandosi su sonno e nutrizione, ma dovrebbero aggiungere alcune domande: a che ora ti alzi? A che ora mangi il primo boccone? E continuando, sapere a che ora assumono l’ultimo boccone o bicchiere di vino e a che ora vanno a dormire. Da queste semplici domande si può capire per quante ore la persona si stia nutrendo e quante ora dorma.

Allora il medico potrebbe iniziare a dare alcuni semplici consigli: iniziare a mangiare all’interno delle 12 ore, che è una cosa molto ragionevole e nella maggioranza dei casi non causerà nessun problema medico, e per alcuni pazienti obesi o pre-diabetici, senza altre complicazioni metaboliche come per esempio un diabete conclamato, consigliare di iniziare lentamente a ridurre questo tempo a 10 ore.

Se il paziente seguirà il consiglio, sappiamo che ci sono resistenze culturali o sociali, i pazienti avranno un miglioramento della loro salute.

Scheda del Prof. Panda sul sito del Salk Insitute (in inglese)

Satchidananda Panda

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Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.