Tumore della tiroide, in arrivo nuove linee guida italiane
Nel 2017 ci sono state oltre 15.000 nuove diagnosi di tumore alla tiroide, una malattia che nel 2020 potrebbe diventare il secondo tumore più frequente nella popolazione femminile. Le diagnosi di questo tumore, che riguarda il 5% dei noduli tiroidei sono in aumento in Italia, ma non la mortalità. Gli esperti attribuiscono quindi l’aumento di nuovi casi a una maggiore accuratezza degli esami, che oggi sono in grado di inviduare tumori di piccole dimensioni, non ancora palpabili.
Il tasso di guarigione per il tumore della tiroide raggiunge il 76%. Emerge quindi l’importanza di una maggiore appropriatezza diagnostica e terapeutica. Per questo le principali società scientifiche italiane del settore hanno elaborato nuove linee guida per la gestione ottimale dei noduli alla tiroide, benigni e maligni.
Le nuove linee guida italiane per la patologia nodulare e il carcinoma differenziato tiroideo verranno presentate durante il 6° Thyroid UpToDate, che si terrà a Roma il 28 e 29 ottobre. Il documento è stato realizzato con l’apporto di AIT (Associazione Italiana della Tiroide), AME (Associazione Medici Endocrinologi), SIE ( Società Italiana di Endocrinologia), AIMN (Associazione Italiana Medici Nucleari), SIUEC (Società Italiana Unitaria di Endocrino Chirurgia) e SIAPEC (Società di Anatomia Patologica e di Diagnostica Citologica).
“L’esigenza di un documento unitario – spiega Rinaldo Guglielmi, Past President AME- è condivisa da tutte le società scientifiche, date le incertezze operative che derivano dalle numerose linee guida internazionali. Visto il carattere epidemico della malattia nodulare della tiroide nel nostro Paese, il documento permette di individuare i soggetti che meritano una maggiore attenzione diagnostica ed evitare di sottoporre inutilmente ad indagini invasive la maggior parte dei pazienti con noduli che non presentano elementi di preoccupazione, senza trascurare quella minoranza di soggetti che merita maggiore attenzione, presentando ad esempio noduli di dimensione maggiore, micro-calcificazioni e margini irregolari.”
“Oltre a identificare le condizioni e le caratteristiche che meritano maggiori approfondimenti diagnostici – prosegue Guglielmi – sono stati analizzati anche gli approcci terapeutici più appropriati. Ad esempio, nel documento si raccomanda di procedere con interventi chirurgici meno estensivi ed invasivi, confermando la nuova tendenza a prediligere interventi conservativi. Tale approccio permette di ridurre il fabbisogno di terapia sostitutiva e si associa ad una minore insorgenza di complicanze metaboliche e anatomiche. Inoltre, in assenza di caratteristiche allarmanti, si evita l’intervento quando l’analisi tra i costi e benefici per il paziente non è vantaggiosa, come nel caso di soggetti con malattie concomitanti e quindi ad alto rischio”.
Il documento sottolinea anche l’importanza di lavorare per una migliore comunicazione tra medico e paziente.
“Secondo un’indagine commissionata dal Comitato delle Associazioni dei Pazienti Endocrini – spiega Luisa La Colla, Presidente CAPE – 1 persona su 3 vorrebbe ricevere oltre alla diagnosi maggiori informazioni sulla malattia, sui trattamenti a disposizione e gli eventuali effetti collaterali.”
“È importante – sottolinea La Colla – che le principali società scientifiche endocrinologiche abbiano condiviso approcci e strategie per queste patologie e riconoscano l’importanza di informare correttamente il paziente circa le procedure a cui dovrà sottoporsi e alle possibili alternative, mettendo in evidenza i vantaggi ma anche le possibili complicazioni. Una diagnosi di tumore tiroideo è spesso associata a una crisi emotiva che, se non supportata dall’aiuto di professionisti, può protrarsi nel tempo. Alla base di questo impatto psicologico ci sono principalmente l’incertezza della prognosi, lo scarso supporto psicologico, l’impatto sulle attività lavorative e i possibili effetti collaterali dei trattamenti”.