Autismo, le associazioni chiedono sorveglianza attiva per i residenti nelle RSD
Un appello per sensibilizzare sulla difficile situazione che si sta registrando in questo periodo di emergenza sanitaria nelle strutture residenziali che ospitano persone con disabilità, per le quali ammalarsi di Covid-19 può aggravare pesantemente il loro stato di salute. la richiesta viene da UNITI PER L’AUTISMO, dall’Associazione Nazionale famiglie di persone con disabilità intellettiva e/o relazionale (Anfass), dall’Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici (ANGSA) e dalla Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA).
“I soggetti con disabilità intellettiva e disordini del neurosviluppo – ricordano le associazioni – costituiscono una popolazione a rischio, come confermano le segnalazioni che giungono dalle Residenze Sanitarie per Disabili (RSD) e dai familiari.”
Per spegnere i focolai già presenti nelle RSD e per prevenirli nelle strutture al momento risparmiate, le associazioni propongono un modello di sorveglianza attiva, sull’esempio di quanto fatto a Vo’ Euganeo, piccolo comune in provincia di Padova. In particolare, il modello prevede:
- esecuzione di tampone nasofaringeo e orofaringeo a tutti gli ospiti e operatori delle strutture, con periodica rivalutazione;
- immediato isolamento delle persone risultate positive, indipendentemente dalla sintomatologia, con allontanamento immediato di operatori positivi e trasferimento degli ospiti positivi in settori o strutture dedicati;
- allestimento di strutture o settori di isolamento per gli ospiti positivi – asintomatici e sintomatici – con efficaci zone filtro, mediante riorganizzazione degli spazi interni delle residenze (es. padiglioni dedicati) o utilizzo di altre strutture messe a disposizione da AST o Comune di appartenenza;
- per gli ospiti sintomatici, strumenti diagnostici e protocolli approvati e aggiornati per l’assistenza domiciliare e ospedaliera non intensiva, possibilmente in collaborazione con le Unità Speciali di Continuità Assistenziale (USCA);
- adeguamento del personale in forza nelle RSD, attraverso l’attivazione di bandi per richiamare personale volontario, incentivato a fornire la propria collaborazione.
“Ciò che finora abbiamo capito della pandemia consente di razionalizzare l’assistenza sanitaria nelle RSD, evitando il perseverare di strategie non coerenti con l’evidenza scientifica. Con un modello di sorveglianza attiva rivolto alle persone più fragili, l’Italia potrebbe essere di esempio per i Paesi che stanno dimostrando scelte in direzione opposta”, dichiara Cristina Panisi, pediatra del Comitato Scientifico SIMA e del Comitato UNITI PER L’AUTISMO.