Insufficienza cardiaca, rischi e benefici delle terapie complementari
Sulla rivista Circulation all’inizio di dicembre è stato pubblicato uno statment che fa il punto sulle evidenze scientifiche che riguardano l’utilizzo di terapie di medicina alternativa complementare (CAM) nell’insufficienza cardiaca. Il documento è curato da diversi organismi scientifici, come il Clinical Pharmacology Committee e il Council on Clinical Cardiology, che fanno parte dell’associazione dei cardiologi americani (American Heart Association, AHA).
Il documento prende in esame le terapie complementari che vanno considerate sicure e potenzialmente efficaci per i soggetti con insufficienza cardiaca e quelle che, invece, non sono esenti da rischi. Tra le prime ci sono la supplementazione con acidi grassi polinsaturi Omega-3 (PUFA, olio di pesce) e la pratica dello Yoga e del Tai-chi.
Supplementazione con Omega-3 e discipline orientali
Secondo gli autori i PUFA hanno le evidenze più forti di un beneficio clinico per le persone con insufficienza cardiaca. L’utilizzo di questi supplementi risulta associato a un ridotto rischio di sviluppare insufficienza cardiaca e a miglioramenti nella capacità di pompaggio del cuore per coloro che hanno già un’insufficienza cardiaca. Inoltre, scrivono gli autori, questi supplementi hanno anche moderate evidenze sulla sicurezza. Tuttavia, le dosi superiori a quattro grammi/die dovrebbero essere evitate, poiché dosi elevate di acidi grassi polinsaturi Omega-3 sono state associate a un aumentato rischio di fibrillazione atriale.
Anche lo Yoga e il Tai-chi risultano pratiche a fini terapeutici sicure per le persone con insufficienza cardiaca. Lo statment suggerisce che possono ridurre la pressione sanguigna e portare a una migliore tolleranza all’esercizio fisico, con miglioramenti della qualità della vita.
Supplementazioni che non hanno dimostrato benefici clinici e possono interagire con i farmaci
Altre terapie complementari non farmacologiche, hanno spiegato gli autori, possono avere effetti dannosi o interazioni con i farmaci più utilizzati per l’insufficienza cardiaca. Ad esempio, anche se bassi livelli ematici di vitamina D sono stati collegati a peggiori esiti di insufficienza cardiaca, gli integratori di vitamina D non hanno dimostrato di avere benefici significativi per i pazienti con insufficienza cardiaca. Inoltre, secondo l’AHA, la vitamina D può avere interazioni con farmaci per l’insufficienza cardiaca come digossina, calcio-antagonisti e diuretici.
Un altro integratore che l’AHA ha suggerito di evitare di somministrare ai pazienti con insufficienza cardiaca è il cohosh blu (pianta medicinale nordamericana), che potrebbe causare un battito cardiaco accelerato, ipertensione, dolore toracico e aumentare la glicemia. Inoltre, gli integratori di mughetto sono indicati come potenzialmente dannosi in quanto potrebbero causare battito cardiaco irregolare, confusione e stanchezza. Il mughetto, hanno avvertito gli autori, dovrebbe essere evitato soprattutto per coloro che assumono digossina perché la combinazione può portare a livelli di potassio molto bassi.
Ci sono poi terapie CAM che hanno dati di rischio e beneficio contrastanti e includono l’integrazione di vitamina B1, l’integrazione di vitamina E, il consumo di alcol da basso a moderato, il coenzima Q10 e il biancospino.
Secondo Sheryl Chow, farmacologa della Western University of Health Sciences di Pomona, in California:
sono necessarie più ricerche di qualità e studi controllati randomizzati per comprendere meglio i rischi e i benefici delle terapie di medicina complementare e alternativa per le persone con insufficienza cardiaca. Lo statment fornisce informazioni valide agli operatori sanitari che curano le persone con insufficienza cardiaca e può essere utilizzato come risorsa per i consumatori per conoscere i potenziali benefici e danni associati ai prodotti della medicina complementare e alternativa”.