Tumore alla prostata, i diritti dei pazienti dopo la chirurgia
Il tumore alla prostata viene diagnosticato ogni anno a 36mila italiani e in almeno 20mila casi il paziente è sottoposto a un intervento chirurgico radicale (prostatectomia). Il 50% di questi pazienti va incontro a problemi di disfunzione erettile e di incontinenza urinaria, con un impatto devastante sulla vita personale e di relazione.
Il percorso di queste persone è arduo non solo dal punto di vista medico, ma anche sotto il profilo del diritto alle cure. Se si fa un confronto con quanto ottenuto dalle donne dopo la mastectomia si può parlare di una diversità di genere, con un ritardo nel riconoscimento dei diritti, che in questo caso riguarda gli uomini.
Su questo tema si è svolto un incontro a Milano presso l’Institute for Advancing Science di Boston Scientific. All’incontro, promosso da DBI e coordinato dal giornalista Federico Mereta, hanno portato la loro testimonianza medici, direttori sanitari, istituzioni, giornalisti, Associazioni di pazienti, esponenti politici.
Cure efficaci contro il tumore, ma percorsi spesso difficili dopo la chirurgia
A fronte degli ottimi risultati ottenuti con diagnosi precoci e nuove soluzioni terapeutiche, che permettono la guarigione o la sopravvivenza a lungo termine per il 90% delle persone colpite da tumore alla prostata, appare più critica la fase della riabilitazione e delle terapie per i principali problemi che possono insorgere dopo la chirurgia, disfunzione erettile e incontinenza.
Per esempio i dispositivi protesici non rientrano nei LEA, Livelli Essenziali di Assistenza mentre è previsto il rimborso delle terapie farmacologiche per i pazienti sottoposti a chirurgia pelvica.
Al convegno è stato fatto un confronto tra il percorso di una paziente donna dopo mastectomia, che ha trovato supporto e soluzioni nelle Breast Units e quello di un paziente uomo, che ha risolto il problema dell’incontinenza solo dopo un lungo iter in diverse urologie.
I pazienti con queste problematiche, hanno ricordato gli urologi presenti, dovrebbero, senza difficoltà e dovunque nel territorio nazionale, poter accedere ai Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali (PDTA), prima di tutto riabilitativi e, poi, farmacologici e chirurgici, per recuperare autonomia e qualità di vita. Restano invece disparità enormi fra le varie regioni italiane.
Le protesi peniene non comprese nei LEA
I rappresentati delle associazioni (Fincopp, Europa Uomo) hanno sottolineato che:
l’accesso agli impianti protesici nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale non è agevole per tutti i pazienti. La protesi peniena è una prestazione prevista dalla Sanità pubblica, ma il sistema dei DRG prevede rimborsi che risultano ampiamente inadeguati. Contrariamente a quanto consolidato sul fronte femminile che contempla da tempo la rimborsabilità delle protesi mammarie a seguito di una mastectomia, le protesi peniene dopo una chirurgia radicale pelvica non sono ancora inserite nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza). Da qui, pochissimi Centri specializzati e la scarsa diffusione di queste soluzioni, nonostante ne siano ampiamente riconosciute l’efficacia terapeutica e il carattere di intervento non estetico ma risolutivo per tutelare la salute psicofisica di migliaia di uomini, di ogni età”.
I clinici presenti hanno evidenziato come l’accesso ai delicati percorsi di riabilitazione, farmacologici, chirurgici, sia spesso lasciato all’iniziativa dei singoli reparti ospedalieri o, addirittura, dei singoli medici. Varie le motivazioni: prima di tutto la convinzione, di fatto errata, che l’aspetto più importante per i pazienti sia esclusivamente la rimozione del tumore e che l’aspettativa di vita debba concentrarsi su questo; dall’altro, le valutazioni sui costi dei trattamenti di recupero funzionale, ritenuti eccessivamente elevati, e sulle modalità di rimborso, tuttora inadeguate. Si aggiunga, come più volte ricordato nel corso del convegno , che queste procedure non rientrano nei LEA, un aspetto che non favorisce gli “orientamenti” in questa direzione.
Le realtà presenti in Italia e la corretta gestione dei pazienti
Al convegno, che ha dato ampio spazio alle criticità del Sistema Sanitario, non sono mancate le testimonianze su realtà “virtuose”, esistenti e consolidate, nelle quali la sinergia medico-Direttore Sanitario-Direzione Generale agevola il percorso che i pazienti prostatectomizzati devono intraprendere dopo la chirurgia. Come modelli virtuosi, sono state indicate le strutture ospedaliere di Torino, Parma e Foggia.
In proposito è stata ricordata la creazione di una efficiente rete di Centri specialistici di primo, secondo e terzo livello nei quali operano team multidisciplinari che possono affrontare con efficienza tutti gli aspetti della patologia e dei percorsi di recupero.
Il paziente, hanno testimoniato i clinici, deve essere adeguatamente informato prima dell’intervento e accompagnato nella fase successiva, fondamentale non solo dal punto di vista terapeutico ma anche psicologico e del “reinserimento”.
Nell’ambito delle attività sviluppate presso questi Centri è stata ricordata, per esempio, la creazione di innovative piattaforme che consentono di mantenere costante il dialogo con i pazienti, garantendo l’aderenza alle terapie, assicurando il massimo supporto lungo l’intero percorso terapeutico e agevolando il flusso di informazioni fra i clinici.
Per quanto riguarda il futuro il professor Carlo Bettocchi, Direttore USD di Andrologia e Chirurgia Ricostruttiva dei genitali Esterni, Policlinico Riuniti di Foggia, ha annunciato la prossima elaborazione di un Position Paper che consentirà di mettere “nero su bianco” tutti gli aspetti legati a questo problema così da richiedere, istituzionalmente, l’adozione di soluzioni di recupero funzionale per migliaia di uomini sottoposti a prostatectomia, e percorsi terapeutici dedicati, accessibili e risolutivi, da sviluppare nell’ambito delle strutture urologiche.