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Tatuaggi, trovata un’associazione con un aumento del rischio di linfoma

Negli ultimi decenni la pratica del tatuaggio è aumentata notevolmente. Gli inchiostri dei tatuaggi contengono sostanze potenzialmente cancerogene, inoltre il tatuaggio provoca una risposta immunitaria ed è stato provato che il pigmento del tatuaggio si deposita nei linfonodi, anche se non sono noti gli effetti sulla salute a lungo termine.

Un gruppo di ricercatori svedesi ha condotto uno studio basato su registri sanitari nazionali, per verificare una possibile associazione tra tatuaggio e aumento dell’incidenza di linfoma maligno. Lo studio ha riscontrato nelle persone tatuate un rischio di sviluppare un linfoma maligno, superiore a quello delle persone senza tatuaggi.

L’inchiostro del tatuaggio provoca una reazione immunitaria e si deposita nei linfonodi

L’inchiostro utilizzato per i tatuaggi contiene sostanze potenzialmente cancerogene come idrocarburi aromatici policiclici, ammine aromatiche primarie e metalli. Inoltre, gli esperti invocano da tempo controlli più stringenti sulla loro sicurezza.

Christel Nielsen, ricercatrice responsabile dello studio, afferma:

sappiamo che l’inchiostro penetra all’interno dell’organismo, attivando il sistema immunitario che lo riconosce come estraneo. Sappiamo inoltre che una gran parte di questo viene trasportato nei linfonodi, dove si deposita. Non sono note invece le conseguenze a lungo termine dei tatuaggi sulla salute”.

Questa evidenza, insieme ai risultati di precedenti ricerche indicanti che l’esposizione a solventi, sostanze ignifughe, pesticidi e tinture per capelli interferisce con il sistema immunitario, hanno portato a ipotizzare una relazione tra tatuaggi e rischio di sviluppare la malattia.

Lo studio sulla popolazione svedese

La ricerca della Lund University, in Svezia, pubblicato sulla rivista eClinicalMedicine, ha investigato l’associazione tra tatuaggi e il rischio di sviluppare un linfoma maligno nella popolazione svedese, con uno studio caso controllo, che ha coinvolto 11.905 persone, tra i 20 e i 60 anni, presenti sui registri sanitari nazionali svedesi; i soggetti che tra il 2007 e il 2017 avevano ricevuto una diagnosi di linfoma sono stati confrontati con un gruppo di controllo, composto da individui della popolazione generale selezionati casualmente.

Attraverso un questionario auto-compilato, nel 2021 i partecipanti hanno riferito informazioni relative alla propria esposizione ai tatuaggi: età al primo tatuaggio, caratteristiche dello stesso in termini di colore e superficie corporea interessata, livello di abilità del tatuatore e regione geografica di appartenenza. È stato considerato anche l’effetto della durata dell’esposizione, dato dall’intervallo di tempo tra il primo tatuaggio e l’anno di diagnosi della malattia.

Per escludere un possibile effetto di casualità inversa, sono stati eliminati i pazienti che avevano ricevuto il loro primo tatuaggio entro un anno dalla diagnosi di linfoma.

Dopo aver considerato anche il possibile effetto di altri fattori rilevanti ai fini del rischio di linfoma, quali età e fumo, l’analisi statistica ha evidenziato che i soggetti tatuati presentavano un rischio di ammalarsi superiore del 21% rispetto alle persone non tatuate. Tale rischio è risultato più elevato in chi aveva fatto il primo tatuaggio da meno di due anni, oppure da oltre 11 anni. Inoltre sembra essere più elevato il rischio per il linfoma follicolare e a cellule B.

Per quanto riguarda il meccanismo alla base dell’associazione tra esposizione all’inchiostro del tatuaggio e linfoma maligno, i ricercatori affermano:

non sappiamo ancora il motivo. Si può solo ipotizzare che un tatuaggio, indipendentemente dalle dimensioni, scateni un’infiammazione di basso grado nel corpo, che a sua volta può scatenare il cancro. Il quadro è quindi più complesso di quanto pensassimo inizialmente.”

La dimensione del tatuaggio non influisce sul rischio di linfoma

Contrariamente a quanto ipotizzato prima dello studio, la dimensione del tatuaggio -e quindi la superficie corporea totale interessata dalla pigmentazione- non sembra influire sul rischio di linfoma. Viene infine sottolineato come anche la terapia laser, impiegata per la rimozione dei tatuaggi, sia associata a un significativo aumento – fino a tre volte- del rischio di linfoma.

Per le relative implicazioni di salute pubblica i risultati di questo studio, secondo gli autori, suggeriscono la necessità di ulteriori ricerche epidemiologiche per stabilire un preciso nesso di causalità tra esposizione ai tatuaggi e rischio di linfoma, ed evidenziano l’importanza di introdurre misure e norme di controllo rispetto alla composizione chimica degli inchiostri.

Redazione

articolo a cura della redazione