Anziani con memoria di ferro, alla ricerca dei segreti dei superager
Il filosofo francese Edgar Morin, classe 1921, ha pubblicato il suo ultimo libro all’età di 99 anni ed è tuttora, a 102 anni, un lucido osservatore della società contemporanea. La capacità di alcuni soggetti di resistere ai processi fisiologici di declino cognitivo legato all’età ha portato alla definizione di “superager”, termine che indica una persona in grado a 80 anni e oltre di ottenere ai test su memoria e capacità cognitive risultati paragonabili o superiori a quelli di un soggetto 20 o 30 più giovane.
Un’indagine sui fattori che permettono di conservare le capacità cognitive
Per capire meglio che cosa permette al cervello di rallentare il processo naturale di declino cognitivo un team di ricercatori ha messo a confronto 64 superager e 55 anziani con capacità cognitive nella norma, selezionati da una coorte di partecipanti a uno studio volto a identificare i primi indicatori della malattia di Alzheimer.
Come spiega Marta Garo-Pascual, dell’Università Politecnica di Madrid in Spagna:
Una delle domande più importanti che riguardano i superagers è: ‘Sono resistenti alla perdita di memoria legata all’età o hanno meccanismi di coping che consentono loro di compensare meglio la perdita di memoria?’ “
La risposta che viene dallo studio è che esiste una base biologica che consente al cervello di conservare meglio le funzioni cerebrali, anche se gioca un ruolo importante mantenere un buon livello di attività fisica e mentale.
Superager a confronto con anziani con funzioni cognitive nella norma
I ricercatori spagnoli hanno selezionato un gruppo di soggetti di età pari o superiore a 79,5 anni, cognitivamente sani, scelti dalla coorte longitudinale del Progetto Vallecas. In base a una valutazione effettuata con diversi test sono stati classificati superager le persone che mostravano capacità cognitive superiori a quelle della media di soggetti più giovani di 30 anni, mentre le persone con capacità cognitive nella media per la loro età sono state considerate gruppo di controllo.
Complessivamente sono stati valutati 64 superager (età media 81,9 anni; 38 [59%] donne e 26 [41%] uomini) e 55 anziani normali (82·,4 anni; 35 [64%] donne e 20 [36%] uomini).
Tutti i partecipanti allo studio sono stati monitorati per 6 anni. Durante questo periodo, è stato programmato un controllo annuale con un esame di Risonanza magnetica (MRI) cerebrale, test clinici, esami del sangue e questionari sullo stile di vita.
Le differenze nel volume della materia grigia
I risultati pubblicati su Lancet Healthy Longevity mostrano che i superager hanno un volume di materia grigia più elevato nel lobo temporale mediale, nel prosencefalo e nel talamo. Nel corso degli anni i superager hanno anche mostrato un processo più lento di atrofizzazione della materia grigia totale, in particolare all’interno del lobo temporale mediale, rispetto agli anziani con funzioni cognitive nella media.
Questo risultato conferma quello di ricerche precedenti, aggiunge però dei dati sull’evoluzione della struttura del cervello nel corso degli anni. Come spiega Alessandro Cellerino del Leibniz Institute on Aging–Fritz Lipmann Institute di Jena in Germania:
Anche prima di questo studio, sapevamo che i superagers mostrano una minore atrofia in alcune aree del cervello, ma i risultati precedenti si basavano sempre su una singola misurazione”.
Quali fattori possono influire sulla longevità delle funzioni cerebrali?
I ricercatori hanno anche utilizzato un algoritmo ad apprendimento automatico per distinguere i superager dagli anziani nella norma. Degli 89 fattori demografici, di stile di vita e clinici inseriti nell’algoritmo, due si sono rivelati i più importanti per distinguere i due gruppi: la capacità di movimento e la salute mentale.
Da notare che test specifici hanno rilevato una maggiore capacità di movimento dei superager, anche se le attività quotidiane dei due gruppi erano simili. Spiega Cellerino:
Queste persone hanno più di 80 anni – il fatto che non ci fosse molta differenza tra i loro livelli di attività non è sorprendente. Molto più rilevante è la questione di come ci arrivi – cioè, quanto sei attivo all’età di 40 anni, 50 o anche 60 anni.”
In media i superager se la sono cavata molto meglio nei test sulla salute fisica rispetto ai soggetti di controllo. In particolare soffrivano significativamente meno di depressione o disturbi d’ansia. Conferma Cellerino:
studi precedenti suggeriscono che la depressione e i disturbi d’ansia possono influenzare le prestazioni nei test di memoria in tutte le età e che sono fattori di rischio per lo sviluppo della demenza.”
Il gerontologo ha sottolineato l’importanza per gli anziani di rimanere attivi socialmente: “la depressione e l’ansia – ha ricordato Cellerino – sono spesso una conseguenza dell’isolamento sociale.”
Il ruolo del profilo genetico
Per quanto riguarda il possibile ruolo del patrimonio genetico, i ricercatori sono convinti che ci sia, anche perché le 89 variabili impiegate nell’algoritmo hanno permesso di distinguere i superager dagli anziani normali solo nel 66% dei casi.
Le analisi dei campioni di sangue hanno rivelato nei superager concentrazioni inferiori di biomarcatori per le malattie neurodegenerative rispetto al gruppo di controllo. Tuttavia, non vi era alcuna differenza tra i due gruppi nella prevalenza dell’allele APOE e4, uno dei più importanti fattori di rischio genetico per l’Alzheimer.
“Lo studio – ha concluso Cellerino – conferma che le attività fisiche e quelle mentali sono strettamente collegate e che dobbiamo mantenerle entrambe per invecchiare in salute”.