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diabete medico

Diabete in Italia, in aumento prevalenza e complicanze della malattia

I nuovi dati epidemiologici mostrano l’incremento di prevalenza della patologia negli ultimi anni, mentre i numeri di accesso al pronto soccorso indicano un approccio farmacologico poco aggiornato

In Italia nel 2022 si contavano 3,9 milioni di soggetti diabetici (6,6% della popolazione generale), cioè 400mila casi in più rispetto al 2019 (+14%). I dati epidemiologici sono contenuti nell’ltalian Diabetes Barometer Report 2023, realizzato da IBDO Foundation e significativamente intitolato: “Il diabete in Italia e nelle regioni: dati di una pandemia in continua evoluzione”.

Se si considerano i dati delle singole regioni italiane, emerge ancora una volta una situazione a pelle di leopardo. La prevalenza dei soggetti diabetici passa infatti dal 4,7% delle zone del Nord-Est del paese al 6,9 del Centro-Sud, fino a raggiungere la percentuale record del 8,5% della Calabria.

Persone che dichiarano di essere affette da diabete
per regione e ripartizione geografica

Anni 2019, 2020, 2022. Tassi standardizzati per 100 persone*

Fonte: 16° Italian Barometer Diabetes Report, da Istat, Indagine Aspetti della vita quotidiana.
*I tassi standardizzati sono stati calcolati con il metodo diretto, la popolazione di riferimento è la popolazione europea (Eurostat 2013).

I dati relativi alle differenze rispetto a periodo pre-pandemico riservano però qualche sorpresa. Roberta Crialesi, dirigente del Servizio Sistema integrato salute, assistenza, previdenza e giustizia, dell’Istat, ha infatti spiegato:

se confrontiamo i dati prima e dopo la pandemia da Covid-19, a parità di età, il maggior aumento di persone con diabete è stato registrato per il Nord-Ovest in Piemonte, che è passato dal 4,5 per cento al 5,7 per cento della popolazione colpita, mentre per il sud in Campania che è passata dal 6,3 per cento al 7,8 per cento. Un aumento importante in questi anni si è registrato anche nella Provincia Autonoma  di Trento, che nel 2019 aveva il 3,8 per cento della popolazione con diabete e nel 2022 il 5,5 per cento”.

Il coronavirus ha incrementato complicanze e decessi nella popolazione diabetica

Naturale a questo punto interrogarsi su come abbia interagito il contagio da coronavirus con il diabete. Francesco Maria Chelli, presidente facente funzioni dell’ISTAT Vergata, scrive nella prefazione del report:

“Negli anni della pandemia, la patologia diabetica ha comportato complicanze per molte persone, con un aumento significativo della fragilità degli individui e un aumento del rischio di decesso. Nel primo anno (2020) sono stati oltre 97 mila i decessi in cui il diabete è presente come causa iniziale o come concausa, il 13 per cento del totale. L’incremento rispetto al 2010 è stato del 33 per cento e molto significativo (+25 per cento) anche rispetto al 2019. Gli ultimi dati di mortalità per causa, diffusi di recente, testimoniano le notevoli evidenze del legame tra Covid-19 e diabete, rendendo sempre più urgente la messa in campo di interventi per prevenire e contrastare la diffusione della malattia.”

Impatto del diabete sulle strutture ospedaliere e nuovi farmaci poco utilizzati

A scattare un’istantanea di come le strutture sanitarie si trovano a gestire l’emergenza diabete ci ha pensato invece l’incontro “Diabete in pronto soccorso: e dopo?”, tenutosi recentemente presso il Senato della Repubblica, durante il quale sono stati resi noti i dati raccolti da Bhave su oltre 100 strutture ospedaliere in tutta Italia e su circa 290mila accessi in pronto soccorso.

Dal rapporto emergono subito delle criticità relative alle unità di urgenza che spesso si trovano di fronte le complicanzee di patologie croniche, come il diabete, non gestite in modo adeguato dalla medicina territoriale. Secondo lo studio, gli accessi al pronto soccorso dei soggetti diabetici si devono a ipoglicemia nel 20-56% dei casi; iperglicemia (16-45%); chetoacidosi (11-32%); piede diabetico (0-15%).

Di estremo interesse anche l’identikit del diabetico che giunge al pronto soccorso: solo nel 50% dei casi utilizza un dispositivo di monitoraggio continuo della glicemia e, prima dell’accesso ha assunto prevalentemente insulina e ipoglicemizzanti orali tradizionali, mentre in rari casi riferisce di utilizzare i nuovi ipoglicemizzanti orali (inibitori GLP-1 e SGLT-2).

Ciò potrebbe essere un indice del fatto che i prescrittori non sono sufficientemente aggiornati sulle novità terapeutiche degli ultimi anni o del perdurare di vecchie abitudini. Per quanto concerne invece le dimissioni dall’ospedale, si rileva dal rapporto che i pazienti con accessi per ipoglicemia e per iperglicemia vengono inviati nella maggior parte dei casi al centro antidiabetico, mentre solo in caso di chetoacidosi è previsto anche il ricovero.

Francesco Pugliese, direttore del Dipartimento Emergenza presso l’Ospedale Pertini di Roma, ha dichiarato:

la soluzione può venire solo da un percorso diagnostico terapeutico assistenziale specifico ed efficiente che veda un’adeguata formazione del personale ospedaliero e territoriale, l’informazione del paziente/caregiver e degli operatori sanitari, oltre ad una reale presa in carico del paziente diabetico che deve prevedere un percorso assistenziale multiprofessionale, multidisciplinare, condiviso con tutti gli attori, compreso il paziente stesso e senza discontinuità. Un percorso oggi più agevolmente perseguibile anche con l’ausilio delle nuove tecnologie”.

 

 

 

 

 

Folco Claudi
Folco Claudi

Giornalista medico scientifico