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Dieta e depressione, i dolcificanti artificiali aumentano il rischio di svilupparla?

Un’alimentazione ricca di cibi ultraprocessati sembra essere associata a un aumento del rischio di depressione. Questo secondo i risultati di uno studio pubblicato su JAMA network Open e condotto analizzando i dati del Nurses Health Study II.

I risultati si basano sull’osservazione di 30.712 donne, seguite nel periodo 2003-2017, con età media pari a 52 anni e che al momento dell’arruolamento non presentavano segni o diagnosi di  depressione. L’obiettivo era quello di stabilire se, nel corso del tempo, l’incidenza di depressione  fosse legata al consumo di alimenti ultra-processati.

Tra gli alimenti sotto osservazione, e considerati potenzialmente pericolosi per i disturbi dell’umore, sono stati inclusi snack dolci, piatti pronti, grassi, salse, latticini ultraprocessati, snack salati, carni lavorate, bevande e dolcificanti artificiali e cereali altamente lavorati.

Per definire l’incidenza di depressione sono stati utilizzati due diversi criteri: secondo una prima definizione  l’insorgenza di depressione veniva identificata con una diagnosi medica, autoriferita, insieme all’uso regolare di antidepressivi; tale situazione ha interessato alla fine dello studio 2.122 casi. Un secondo criterio, meno stringente, prevedeva invece la determinazione dello stato depressivo attraverso la presenza di una diagnosi clinica oppure, in alternativa, dell’uso di farmaci antidepressivi. Scenario che ha riguardato 4.840 partecipanti.

Da una prima analisi è risultato che chi consumava più di otto porzioni al giorno di questi alimenti aveva un rischio superiore del 49% rispetto a chi ne consumava meno di quattro (HR: 1,49; IC 1,26-1,76). Nei casi selezionati in base alla definizione di depressione meno stringente, la relazione resta valida, con un rischio aumentato del 34% (HR: 1,34; IC 1,20 – 1,50).

Le due sottopopolazioni differivano per caratteristiche quali BMI, atteggiamento verso il fumo, presenza di diabete, ipertensione e dislipidemia, sedentarietà; tutte maggiormente presenti nelle donne con elevato consumo di alimenti ultra-processati. Ma la relazione tra consumo di alimenti industriali e depressione non è stata alterata dall’inclusione di questi potenziali confounders, e non sono state osservate differenze nell’associazione nei sottogruppi definiti da età, BMI e attività fisica o attitudine verso il fumo. Inoltre, nelle donne che avevano ridotto il consumo di almeno tre porzioni al giorno, il rischio di incorrere in depressione (secondo il criterio più stringente) appare diminuito di circa il 15% (HR: 0,84; IC 0,71 – 0,99) rispetto alle altre.

L’aumento del rischio è legato in particolare al consumo di dolcificanti artificiali

L’analisi dei livelli di rischio per i diversi alimenti ha mostrato che sono soprattutto le bevande zuccherate artificialmente, e i dolcificanti artificiali, a essere associati al maggiore rischio di depressione (HR; 1,37 e HR: 1,26, rispettivamente) con un aumento del rischio di circa il 30%.

Andrew Chan, gastroenterologo presso il Massachusetts General Hospital, e docente presso l’Harvard Medical School, afferma:

il consumo di questi alimenti è collegato a diversi aspetti e in particolare all’infiammazione cronica, legata a sua volta a potenziali esiti negativi in termini di salute, tra cui la depressione. Esiste un legame tra questi cibi e lo squilibrio del microbioma intestinale; elemento importante, questo, dal momento che sono sempre di più le evidenze che indicano come il microbioma intestinale abbia una effetto sulla stato dell’umore, attraverso il metabolismo e la produzione di proteine che esercitano un’attività a livello cerebrale.”

La relazione tra dolcificanti artificiali e depressione non è di tipo causale

Poiché dallo studio emerge una relazione di associazione e non di causalità, i risultati hanno dato luogo a un  dibattito nell’ambito della comunità scientifica che, in parte, invoca la cautela nell’interpretazione. È possibile che le persone colpite da depressione modifichino la propria alimentazione, e possano decidere di consumare cibi più facili da preparare, spesso considerati ultraprocessati. Viene, inoltre, sottolineata l’eterogeneità dei dolcificanti e la difficoltà di classificarli, così come la possibilità che la relazione tra cibo e depressione sia mediata da obesità, sedentarietà e dalla storia familiare, in misura maggiore rispetto alla dieta. Uno schema alimentare carico di alimenti processati potrebbe, d’altra parte, rappresentare un indicatore indiretto di stress cronico, probabilmente il maggior fattore di rischio per la depressione.

Conclude Chan:

data la potenziale associazione rilevata dallo studio, è auspicabile che il consumo di cibi ultra processati e di dolcificanti artificiali venga limitato; un cambiamento dello stile di vita che potrebbe risultare particolarmente utile alle persone a rischio di disturbi di salute mentale.”

Redazione

articolo a cura della redazione