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Rischio cardiovascolare, che cos’è la sindrome CKM

In un recente incontro dell’American Heart Association, l’associazione dei cardiologi americani, è stata proposta la definizione di sindrome CKM (Cardiovascular-Kidney-Metabolic), come condizione che descrive la stretta correlazione e sovrapposizione tra malattia cardiaca, malattia renale, diabete di tipo 2 e obesità.

Secondo la AHA, negli Stati Uniti un adulto su tre presenta almeno tre dei fattori di rischio che contribuiscono allo sviluppo di malattie cardiovascolari, sindrome metabolica e/o malattia renale. Da qui la necessità di disporre di strumenti utili all’identificazione precoce dei soggetti a rischio, e alla personalizzazione delle terapie.

Nella sinossi, contenuta in un lavoro scientifico pubblicato sulla rivista Circulation, è stata quindi presentata una guida alla stadiazione e ai relativi interventi, utilizzabile in adulti e giovani, che riflette il rischio progressivo legato a un quadro clinico associato a conseguenze in termini di mortalità e morbidità prematura.

I cinque stadi della CKM

Lo stadio 0 corrisponde a una condizione priva di fattori di rischio, nella quale il focus è sulla prevenzione dell’incremento ponderale e, attraverso un controllo ogni 3-5 anni, sulla valutazione di lipidi, pressione arteriosa e glicemia.

Nello stadio 1 è presente un eccesso di peso, un’obesità addominale o disfunzione del tessuto adiposo, che si manifesta clinicamente come pre-diabete o compromissione della tolleranza al glucosio. Tuttavia, non sono presenti altri fattori di rischio di natura metabolica o cardiovascolare.

La gestione dei soggetti con CKM allo stadio 1 prevede un supporto mirato al cambiamento dello stile di vita, con attività fisica e alimentazione corretta, e l’obiettivo di un calo di peso di almeno il 5%; quando necessario, in questi pazienti è prevista anche la presa in carico dell’intolleranza al glucosio. È raccomandato un controllo ogni 2-3 anni per la valutazione della pressione arteriosa e dei livelli di trigliceridi, colesterolo e glicemia.

Nello stadio 2 sono presenti fattori di rischio metabolici e per la malattia renale, quindi ipertrigliceridemia, ipertensione, sindrome metabolica, diabete. L’obiettivo in questo caso è quello di prevenire la progressione verso l’insufficienza renale e le malattie cardiovascolari. Si raccomanda uno screening secondo le linee guida dell’AHA rispetto a profilo lipidico (livelli di colesterolo e trigliceridi), glicemia, funzione renale e pressione arteriosa.

I soggetti classificabili in stadio 3, corrispondente a una sindrome CKM subclinica, presentano fattori di rischio metabolici, o malattia renale oppure rischio di malattia cardiovascolare elevato.

In questo caso occorre porsi l’obiettivo di prevenire la progressione verso la malattia cardiovascolare sintomatica e l’insufficienza renale, attraverso modifiche delle terapie farmacologiche e intensificazione delle attenzioni allo stile di vita.

Lo stadio 4 si identifica con la presenza di malattia cardiovascolare sintomatica, grasso corporeo in eccesso fattori di rischio metabolici o malattia renale.

Questa categoria si può a sua volta suddividere in due sottogruppi in base alla presenza, o meno, di insufficienza renale. In genere i pazienti con CKM in stadio 4 presentano anche condizioni cardiovascolari aggiuntive, come arteriopatia periferica o fibrillazione atriale, e possono aver già avuto anche un’insufficienza cardiaca. L’obiettivo è quello di personalizzare il trattamento per la malattia cardiovascolare tenendo conto delle condizioni legate alla CKM.

Gli esperti raccomandano anche l’aggiornamento delle carte di rischio cardiovascolare, così da poterlo valutare anche in persone di 30 anni, e calcolare il rischio stimato per i 10 e 30 anni successivi.

Secondo Chiadi Ndumele, direttore di ricerca presso la Divisione cardiologia della J. Hopkins University di Baltimora, l’identificazione chiara dei pazienti affetti dalla sindrome CKM e la disponibilità di nuovi approcci per prevedere il rischio potranno essere di aiuto agli operatori sanitari e ai medici per offrire ai pazienti un trattamento tempestivo, precoce e personalizzato:

sappiamo che la CKM rappresenta un’emergenza sanitaria di salute pubblica, ma sappiamo anche che esiste la possibilità di migliorare la salute della popolazione, grazie alle terapie che hanno un impatto favorevole sui fattori di rischio metabolici, sull’insufficienza renale o su entrambi, in grado di proteggere anche dalla malattia cardiovascolare.”

Redazione

articolo a cura della redazione