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Vitamina D, quali criteri per migliorare l’appropriatezza prescrittiva

A cura di Fabio Vescini MD, PhD
Direttore SOC Endocrinologia,
ASU FC-Dipartimento di Area Oncologica
P.O. Santa Maria della Misericordia di Udine

Un’adeguata supplementazione con vitamina D è particolarmente consigliata per quelle di fasce di popolazione che sono a maggior rischio di carenza. La nota AIFA 96, che definisce i criteri di rimborsabilità da parte del nostro Sistema Sanitario Nazionale (SSN) per i trattamenti a base di vitamina D, considera categorie a rischio le persone istituzionalizzate, allettate o con gravi deficit motori, a causa della ridotta mobilità, dell’alto rischio di malnutrizione e della scarsa esposizione solare, le donne in gravidanza o in allattamento, a causa dell’incremento del fabbisogno di calcio e vitamina D durante questo periodo della vita e, ovviamente, tutti i soggetti che presentino già uno stato accertato di osteoporosi. In questi soggetti è possibile avviare una supplementazione con vitamina D in ogni condizione, anche senza conoscere i valori di partenza, mentre nei soggetti che non rientrano nelle suddette categorie, la nota prevede la rimborsabilità dei supplementi di vitamina D solo in caso di riscontro di valori ematici ridotti.

Nota AIFA 96, vantaggi e limiti

Un primo importante limite della nota 96 riguarda proprio questo punto, considerando che nella pratica clinica vi sono molte altre categorie di soggetti che risultano ad alto rischio di ipovitaminosi D tra cui: tutti i soggetti anziani (> 75 anni) anche se non allettati o istituzionalizzati, soggetti affetti da obesità, diabete mellito, disturbi del comportamento alimentare, neoplasie, insufficienza renale cronica, numerose patologie osteo-metaboliche, condizioni associate a malassorbimento (es. celiachia, chirurgia bariatrica o del distretto gastro-intestinale in generale), o persone che assumono farmaci interferenti con l’assorbimento o il metabolismo della vitamina D.

La nota AIFA 96 prevede la rimborsabilità degli analoghi della vitamina D solo per una piccola parte di queste categorie e sempre previo riscontro di valori ematici al di sotto di un determinato valore soglia. In particolare, la nota 96 indica di avviare una supplementazione per valori di 25OHvitamina D <12 ng/mL (soglia ridotta rispetto ai 20 ng/mL indicati dalla precedente versione del 2019), mentre per i soggetti con malassorbimento la soglia fissata è di 20 ng/mL e per i soggetti con iperparatiroidismo primitivo o secondario, o altre osteopatie è di 30 ng/mL.

La definizione di questi valori soglia è un altro aspetto particolarmente controverso della nota 96, considerando che numerose società scientifiche internazionali, tra cui la SIOMMMS, reputano come valori ottimali di riferimento livelli maggiori di 20 ng/mL per la popolazione generale e maggiori di 30 ng/mL per la popolazione a maggiore rischio, oppure per coloro che stanno assumendo farmaci anti-osteoporotici. Inoltre, l’impostazione di queste soglie espone al rischio che la supplementazione sia sospesa una volta raggiunti i valori di riferimento, conducendo inevitabilmente il paziente ad un nuovo stato di carenza.

È bene dunque ricordare che la supplementazione con vitamina D nei soggetti fragili dovrebbe essere considerata come una terapia cronica, volta a garantire il mantenimento di valori sempre nel range ottimale (> 30ng/mL). Tale considerazione è ancora più valida per i soggetti con osteoporosi in terapia con farmaci anti-riassorbitivi, in cui una carenza di vitamina D potrebbe associarsi ad una riduzione dell’efficacia dei trattamenti e ad un maggiore rischio di effetti avversi, come ad esempio l’ipocalcemia.

In conclusione, l’aggiornamento della nota 96 limita sicuramente la supplementazione impropria di vitamina D, soprattutto nella popolazione generale non a rischio, con conseguente riduzione della spesa a carico del SSN. Tuttavia, l’applicazione di criteri troppo restrittivi rischia di escludere dalla rimborsabilità anche diverse categorie di persone a rischio non contemplate dalla nota. Questo sembra essere, pertanto, un punto da migliorare per garantire l’accesso gratuito ai trattamenti per tutti coloro che ne hanno maggiormente bisogno.

in collaborazione con IBSA

Redazione

articolo a cura della redazione