Dieta sana, nuovi dati su consumo di carne rossa e rischio di diabete
“Seguire una dieta basata maggiormente sui vegetali e ridurre il consumo di ferro eme dalla carne rossa dovrebbe essere considerato una strategia per ridurre il rischio di diabete e prevenire le malattie croniche”. Lo ha affermato Frank Hu, della Chan School of Public Health, Università di Harvard di Boston (USA), coautore di uno studio pubblicato sull’ American journal of clinical nutrition.
Lo studio ha rilevato un rischio significativamente più alto di sviluppare diabete di tipo 2 nelle persone che avevano un consumo maggiore di carni rosse, un dato già noto, che viene confermato in uno studio che cerca di andare oltre i principali limiti di questo tipo di ricerche. Infatti, gli studi sulla possibile associazione tra specifici componenti della dieta e il rischio di sviluppare patologie croniche, se si basano esclusivamente su dati epidemiologici, non possono dimostrare che ci sia un rapporto causale tra alimento e incidenza della patologia. Inoltre, le indagini che si concentrano su un alimento o categoria di alimenti spesso non tengono conto del resto della dieta e dello stile di vita dei soggetti considerati.
I ricercatori hanno quindi puntato l’attenzione su un fattore specifico: il ferro eme, ossia quella parte di ferro che si assorbe direttamente dagli alimenti e soprattutto dalla carne rossa e hanno incluso nell’analisi lo stile di vita dei partecipanti.
Lo studio si basa sull’analisi di una grande mole di dati
Hu e i coautori hanno esaminato i dati di 36 anni di resoconti dietetici di 204.615 adulti iscritti ai Nurses’ Health Studies I e II e all’Health Professionals Follow-Up Study. Hanno suddiviso questi risultati in cinque gruppi in base all’assunzione di ferro eme.
Nel quintile più alto sono stati collocati quelli che hanno riferito di mangiare circa 8-10 porzioni di carne rossa non lavorata ogni settimana, mentre quelle nel gruppo con eme basso hanno riferito di consumarne circa 2 o 3 porzioni. Hu e i coautori hanno affermato che le persone con un’assunzione maggiore di ferro totale e ferro non eme hanno riferito di essere più attive fisicamente, più propense a usare multivitaminici e meno propense a fumare rispetto a quelle con un’assunzione inferiore. Quelli con un’assunzione maggiore di ferro eme erano generalmente meno attivi fisicamente e più propensi a fumare e consumavano quantità minori di fibre alimentari, magnesio, frutta e cereali integrali.
L’associazione tra ferro eme e rischio di diabete
In oltre 5.483.981 anni-persona di follow-up, i ricercatori hanno trovato documentato 22.761 casi di T2D. L’assunzione di carne rossa totale, lavorata e non lavorata è stata associata positivamente a rischi più elevati di T2D. Confrontando i quintili più alti con quelli più bassi, gli hazard ratio (HR) erano 1,62 (IC 95%: 1,53-1,71) per la carne rossa totale, 1,51 (IC 95% 1,44-1,58) per la carne rossa lavorata e 1,40 (IC al 95% 1,33- 1,47) per la carne rossa non lavorata. Sostituendo una porzione al giorno di carne rossa totale con una porzione di noci/legumi il rischio scendeva del 30% (HR 0,70, IC 95% 0,66, 0,74), per la carne rossa lavorata, del 41% (HR 0,59, IC 95% 0,55, 0,64) e per la carne rossa non lavorata era del 29% (HR 0,71, IC 95% 0,67, 0,75); la sostituzione di 1 porzione/giorno di latticini con la carne rossa totale, lavorata o non lavorata era anche associata a un rischio significativamente inferiore di diabete di tipo 2.
Non demonizzare la carne rossa
Dariush Mozaffarian, cardiologo e direttore del Food is Medicine Institute presso la Tufts University di Medford, Massachusetts, in un commento dello studio per Medscape ha sottolineato che l’assunzione di ferro eme ha contribuito a più della metà dell’associazione tra carne rossa non lavorata e rischio di diabete, mentre era meno significativa nell’associazione tra carne rossa lavorata e DT2.
Quindi l’associazione tra carne rossa lavorata e rischio di DT2 potrebbe essere attribuita all’elevato contenuto di altri composti, come nitrati e nitriti. E ha aggiunto:
le raccomandazioni della comunità medica sulla dieta si sono concentrate sui grassi saturi, ma questo studio e altre ricerche hanno suggerito che ci sono altri fattori in gioco, come i composti infiammatori. Quindi sarebbe bene riconsiderare l’enfasi posta sul contenuto di grassi, che potrebbe indurre le persone a pensare che gli alimenti altamente trasformati siano scelte salutari. Una salsiccia di tacchino e un salume magro potrebbero non essere una scelta migliore di una bistecca o un hamburger di carne fresca.”
Quindi secondo Mozaffarian il messaggio principale da portare a casa per i pazienti è che la carne rossa non può essere un alimento alla base di una dieta sana, ma non merita nemmeno di essere demonizzata, come il peggior componente della catena alimentare.