
Fumo passivo, un’indagine sulle abitazioni smoke free in Europa
L’esposizione al fumo passivo indoor rappresenta un rischio significativo per la salute, specie per le persone più fragili. L’Istituto Mario Negri ha coordinato durante il periodo 2017-2018, un’indagine a livello europeo, pubblicata su ERJ Open Research European Respiratory Journal, sul fenomeno del fumo passivo di sigaretta, nelle abitazioni di 12 Paesi, fra cui l’Italia.
Le abitazioni libere da fumo (smoke free) aumentano di circa l’1% all’anno. Sono le donne, le persone anziane, le persone con un livello di istruzione più alto e quelle che vivono con bambini quelle più inclini a vietare il fumo indoor.
Lo studio rileva che circa il 70% delle persone intervistate in Europa, non consente di fumare in nessuna parte della propria abitazione. Un ulteriore 18% ha dichiarato di applicare alcune regole, ma di non rendere la propria casa completamente libera da fumo ed è interessante notare che circa il 13% delle case in cui non vivono fumatori consente comunque ai visitatori di fumare.
L’Italia, con il 75,8% di case con restrizione totale del fumo, si posiziona al 4° posto tra gli Stati considerati, con il 13,4% di case con restrizione parziale e il restante 10,8% senza alcuna restrizione.
La proporzione di case senza fumo per Stato, dal valore più alto al più basso, è stata la seguente:
I dati dello studio sono stati raccolti nel corso degli anni 2017 e 2018 all’interno di un Progetto finanziato dalla Comunità Europea e coordinato dal gruppo spagnolo dell’Istituto Catalano di Oncologia, prima autrice dell’articolo, Olena Tigova.
Ne parliamo con Alessandra Lugo, ricercatrice, capo dell’unità di Biostatistica per l’epidemiologia osservazionale all’interno del Laboratorio di Ricerca sugli stili di sita, pipartimento di Epidemiologia medica dell’Istituto Mario Negri, coordinato da Silvano Gallus, direttore del laboratorio, coautore della pubblicazione e coordinatore dell’indagine. Spiega la ricercatrice:
questa indagine sul fumo passivo è una fotografia di quel momento storico, pre-COVID-19, della popolazione in 12 Paesi europei. Grazie all’agenzia di sondaggi e ricerche di mercato Doxa, siamo riusciti a intervistare circa 1.000 persone in ognuno dei 12 Paesi; in tutto, sono state coinvolte 11mila e 734 persone dai 15 anni in su, rappresentative della popolazione in termini di sesso, età e caratteristiche socioeconomiche”.
Quale metodologia è stata utilizzata per la ricerca?
“La metodologia applicata – riposnde Lugo – è quella CAPI (Computer Assisted Personal in House Interview). Il questionario, piuttosto complesso e lungo aveva l’obiettivo di parlare di indagare l’esposizione al fumo passivo; tuttavia, comprendeva anche diverse domande sul fumo e sui nuovi prodotti (sigarette elettroniche e prodotti a tabacco riscaldato). Nel questionario c’era anche una domanda sulle ‘smoke-free homes’ cioè le case libere da fumo, che chiedeva alle persone in quali posti nella loro casa consentissero di fumare, sia le persone che vivevano in casa, sia gli ospiti.”
I risultati quali sono stati?
“I risultati generali dello studio sono stati: circa il 70% delle persone non permette di fumare in alcuna area di casa; il 18% applica restrizioni parziali; invece, il 13% consente fumo anche in casa, con non fumatori. La percentuale di donne che hanno riportato una casa ‘libera da fumo’ era superiore rispetto agli uomini. Ovviamente i non fumatori avevano una percentuale molto maggiore di case libere dal fumo rispetto ai fumatori e agli ex fumatori. Anche nelle case di coloro che vivevano con i minori o con adolescenti, erano presenti più facilmente dei divieti totali di non fumare”.
Dalla Legge Sirchia del 2005 ad oggi come è cambiata la situazione?
“Dal periodo preso in considerazione dallo studio, per quanto riguarda il numero di fumatori in Italia, la situazione è molto cambiata perché stiamo assistendo a un aumento o comunque, ad una ‘non diminuzione’ del numero dei fumatori; si è tornati a fumare, in Italia, come dieci anni fa. Diverse sono le ipotesi di questo andamento; la prima, è quella dell’assenza di forti misure di contrasto del tabagismo a livello di popolazione. A livello nazionale, dopo la legge Sirchia del 2005 è stato fatto poco: un innalzamento da 16 a 18 anni per poter acquistare sigarette, il divieto di fumare in macchina con presenza di donne in gravidanza o bambini, ma sono mancate quelle misure, che anche l’OMS ci suggerisce come fortemente efficaci, come quella dell’aumento della tassazione e del prezzo. In Italia, le sigarette costano ancora pochissimo rispetto a Paesi come Francia, Inghilterra o Irlanda, dove il costo è almeno 2 o 3 volte tanto, rispetto all’Italia”.
E-cig e tabacco riscaldato, sono nuovi prodotti che non aiutano a liberare dal fumo?
“Quando fu implementata la Legge Sirchia si è assistito a una vera e propria ‘denormalizzazione’ del fumo. Negli ultimi anni, con l’introduzione nel mercato, anche dei nuovi prodotti quali sigarette elettroniche e i prodotti a tabacco riscaldato, si sta assistendo a una rinormalizzazione del fumo, proprio perché questi prodotti sono normati in modo differente, quindi sia dal punto di vista fiscale, sia regolatorio godono di grossi benefici. Quindi, usare sigarette elettroniche o tabacco riscaldato nel ristorante, teoricamente, sarebbe permesso dalla legge, è il ristoratore che decide. Inoltre, il livello di percezione di pericolosità delle nuove modalità del fumare ci ha fatto fare un passo indietro perché le sigarette elettroniche e il tabacco riscaldato sono percepite come meno dannose; anche il loro vapore emesso è percepito come innocuo, quindi anche l’utilizzo di sigarette elettroniche in casa è più accettato e viene percepito come non dannoso rispetto a chi fumava sigaretta tradizionale in casa”.
Qual è il ruolo del medico di medicina generale nella prevenzione del fumo, in qualunque forma?
“Sicuramente, informare il paziente, la persona, sui danni causati dall’esposizione al fumo passivo e anche da aerosol passivo. Quell’aerosol prodotto da sigarette elettroniche e tabacco riscaldato che non è sempre percepito come dannoso. Si è visto che sono necessari almeno dieci metri di distanza dal fumatore affinché tutte le sostanze tossiche non vadano a danneggiare altri soggetti. Importante che passi il concetto che non si deve fumare vicino alle persone, men che meno negli ambienti chiusi. Inoltre, informare che non basta tenere la finestra aperta o non basta essere in macchina ed abbassare il finestrino per eliminare le sostanze tossiche emesse dal fumo passivo da sigaretta o da nuovi prodotti. Inoltre, è utile informare consapevolmente che, soprattutto nelle popolazioni fragili, come nei bambini e negli anziani o nelle persone asmatiche e/o con delle patologie respiratorie i danni prodotti dal fumo passivo sono veramente moltissimi. L’esposizione al fumo passivo nei bambini sin dai primissimi giorni di vita, aumenta il rischio di morte in culla, aumentano gli episodi di asma, aumentano le patologie otorinolaringoiatriche e le patologie respiratorie, fino ad arrivare a tumori o a altre patologie che possono svilupparsi anche in età adulta”.