Transizione digitale nella sanità pubblica, a che punto siamo?
La rivoluzione digitale, che ha investito tutti i settori del lavoro e della vita sociale, mette a disposizione dei sistemi sanitari nuove tecnologie, teoricamente in grado di migliore la quantità e la qualità dei servizi offerti ai cittadini. Tuttavia per arrivare all’utilizzo effettivo dei nuovi strumenti digitali occorrono investimenti economici, e soprattutto una strategia di innovazione, applicata alle realtà assistenziali.
Esempi in questo senso sono emersi dal recente congresso della SItI (Società italiana di igiene medicina preventiva e sanità pubblica). Nel corso di una sessione dedicata a “La digitalizzazione a supporto degli obiettivi di sanità pubblica”, si è parlato di Digital Health Prevention, ossia del supporto informatico ad attività di prevenzione.
Walter Mazzucco, ordinario di Igiene all’Università di Palermo e Segretario generale della SItI ha parlato della nascita di centri di performance computing (HPC) che potranno federarsi al Supercomputer di Leonardo, in grado di far fare un salto di qualità alla sanità pubblica. E ha precisato:
questi interventi consentiranno, entro il 2026, non soltanto di raccogliere grandi moli di dati, ma anche di creare delle reti che potranno restituire in maniera capillare l’esito di queste analisi sia sotto forma di interventi di prevenzione mirati su specifici target della popolazione, sia facilitando l’adesione ai percorsi di prevenzione.”
Il progetto DARE per la raccolta e valorizzazione dei dati
“Fra queste iniziative – ha aggiunto Mazzucco – rientra il progetto “Digital Life Long Prevention – DARE”, curato da una fondazione, che coordina 28 partner pubblici e privati, che stanno lavorando alla interoperabilità del dato, a partire dalla valorizzazione di dati già esistenti, oltre che allo sviluppo di tecnologie digitali a supporto di percorsi di prevenzione. Uno dei centri HPC, policentrico e diffuso, sarà realizzato in Sicilia, con capofila l’Università degli Studi di Palermo, in collegamento con l’ARPA Sicilia, l’Università KORE di Enna e i Policlinici Universitari di Catania e Palermo. Tra gli obiettivi, quello di realizzare un’interoperabilità tra i Registri Tumori e i dati sul monitoraggio degli inquinanti ambientali per avviarli ad analisi di intelligenza artificiale.”
Stefania Boccia, ordinario di Igiene presso l’Università Cattolica di Roma e vice direttore scientifico dell’IRCCS Gemelli, ha specificato:
“All’interno del progetto DARE vi sono vari progetti pilota che stanno sperimentando alcune potenzialità dell’uso di App per monitorare a distanza pazienti con morbo di Parkinson e dei loro caregiver. E ancora altre applicazioni che permettono di verificare l’idoneità di un’abitazione al momento della dimissione di un paziente fragile per mappare i rischi cadute (es. rimozione tappeti e barriere architettoniche ecc) velocizzando così i tempi di dimissione es. dopo interventi chirurgici ortopedici.”
“Vi sono diversi progetti pilota che si realizzano all’interno del Policlinico Gemelli dell’Università Cattolica di Roma supportati dal finanziamento di DARE – conclude la prof.ssa Boccia – Uno di questi, ad esempio, usa algoritmi predittivi di rischio di malattia cardiovascolare in persone sane basato sulla conoscenza delle varianti genetiche comuni ereditate da ciascun individuo (si chiama rischio poligenico). Per ora si tratta di un uso limitato alla ricerca, ma l’ambizione è che una volta conosciuto anche il proprio rischio di base (non modificabile), i soggetti con rischio particolarmente elevato possano motivarsi maggiormente a migliorare i propri stili di vita (es. smettere di fumare, essere più attivi, alimentarsi meglio, ecc.)”
PNRR, le opportunità e il percorso da fare
Nel corso del dibatti al congresso della SItI è emerso che l’Italia è partita con un gap infrastrutturale da colmare dal punto di vista della digitalizzazione dei sistemi informativi e dei dati sanitari. I fondi del PNRR offrono un’occasione preziosa per fare passi avanti. A questo proposito Andrea Costa, esperto di strategie di attuazione del PNRR per il Ministero della Salute, già sottosegretario nel governo Draghi, ha detto a Medico e Paziente:
“Siamo in una fase delicata del PNRR, che non è la soluzione a tutti i problemi, ma costituisce una grande opportunità che, se ben utilizzata, ci può aiutare a fornire alcune risposte di cui il nostro sistema sanitario nazionale, certamente, ha bisogno, come per esempio garantire omogeneità territoriale nell’erogazione delle cure. La telemedicina ci può aiutare a colmare quei gap di disomogeneità territoriale che caratterizzano l’Italia.” E aggiunge:
cronologicamente, siamo all’interno di un percorso in linea con gli obiettivi europei del PNRR; quindi, almeno per questo aspetto dobbiamo guardare al futuro con ottimismo, siamo in una fase delicata di messa a terra, non siamo più a parlare di obiettivi qualitativi, ma quantitativi, e le Regioni sono chiamate a un grande sforzo. Le due Regioni capofila Regione Lombardia e Regione Puglia hanno rispettato la gara e confido che nelle prossime settimane, finalmente, si provveda all’allineamento anche delle Regioni che ancora non dispongono delle infrastrutture regionali attive.”
“Oltre alle risorse del PNRR – spiega Costa – ce ne sono altre, che non afferiscono al Ministero della Salute, ma ad altri ministeri. Sono risorse necessarie per creare infrastrutture adeguate, con una rete digitale idonea. Quindi da un lato, come Ministero della Salute investiamo molti miliardi nel PNRR per creare le piattaforme digitali, la condivisione dei dati e la possibilità di erogare servizi e, contestualmente, ci sono altri investimenti nel nostro paese che prevedono di andare a infrastrutturare quelle realtà che oggi da un punto di vista digitale non lo sono ancora”.
Il ruolo dei medici di medicina generale
“Uno dei pilastri del miglioramento del sistema sanitario pubblico – aggiunge Costa – è quello di rafforzare la medicina del territorio e, in questo contesto, i medici di medicina generale hanno un ruolo fondamentale e strategico, poiché rappresentano il primo contatto sul territorio, creano un filtro che permette, di fare prevenzione, e soprattutto di creare le condizioni affinché si riferisce al pronto soccorso solo chi effettivamente ne ha necessità.”
“In questo senso – aggiunge Costa – le case della salute rappresentano un’opportunità anche come filtri e il ruolo dei medici di medicina generale è un ruolo strategico. Lavorare in équipe multidisciplinari con la presa in carico del paziente e con percorsi personalizzati. Ecco, tutte queste iniziative possono trovare risposta nel PNRR, non solo teoricamente, ma anche da un punto pratico per la messa a disposizione delle risorse. Quindi credo che ci siano le condizioni per guardare al futuro con positività. Siamo all’interno di un percorso complicato e difficile. Quando parliamo di scelte in sanità i risultati spesso non si vedono in un tempo immediato, ma possono vedersi in un tempo un po’ più prolungato. Se riusciremo a fare un lavoro di squadra, come abbiamo dimostrato nella pandemia, sapremo affrontare anche questa grande opportunità”.