Uno degli effetti del cambiamento climatico è il prolungamento della stagione dei pollini. La diminuzione delle giornate di gelo del terreno, ossia con temperature al di sotto dello zero, dà più tempo alle piante di rilasciare i pollini che provocano allergie. Il cambiamento climatico combinato con l’inquinamento ambientale aumenta i rischi per i pazienti allergici.
Il tema è stato affrontato al congresso “Libero Respiro”, patrocinato dalla Società Italiana di Allergologia e Immunologia Clinica (SIAAIC). Vincenzo Patella, presidente della SIAAIC, ci offre un quadro della situazione attuale.
Quali sono i meccanismi specifici con cui l’inquinamento urbano potenzia l’effetto allergizzante dei pollini?
“Negli ultimi 15 anni abbiamo osservato diversi fenomeni legati all’aumento degli inquinanti atmosferici e della quantità di pollini. Un dato molto recente arriva dagli Stati Uniti, dove uno studio su larga scala ha dimostrato che l’innalzamento delle temperature invernali ha causato una fioritura anticipata delle piante. Questo si aggiunge all’incremento dei componenti particolati nell’inquinamento atmosferico, come i tradizionali PM10, PM2,5, monossido di carbonio, nitrati e ozono troposferico.
L’interazione tra gli acidi dell’ossido nitrico e dell’ossido solfidrico potenzia l’effetto irritante sulle mucose respiratorie. Questo fa sì che non solo i soggetti allergici, ma anche coloro che non hanno una predisposizione genetica, possano manifestare sintomi più numerosi e gravi, soprattutto nel periodo primaverile. Lo studio ha focalizzato l’attenzione principalmente su bambini e anziani; in questi ultimi, la presenza combinata di pollini e inquinanti sembra aumentare la mortalità per eventi respiratori come bronchiti e polmoniti. È un allarme che abbiamo lanciato e sul quale manteniamo stretta osservazione, anche perché la stagione pollinica non solo viene anticipata, ma anche prolungata oltre il periodo autunnale. Questo fenomeno, in Italia è particolarmente significativo, essendo tra le dieci Nazioni al mondo più colpite dai cambiamenti climatici.”
Come stanno cambiando le caratteristiche delle allergie respiratorie rispetto al passato? In che modo l’urbanizzazione e il cambiamento climatico modificano l’insorgenza e la durata dei sintomi?
“Rispetto al passato, la sintomatologia si presenta in modo molto più grave, richiedendo maggiori cure per contenere i sintomi. È ormai dimostrato che chi vive nelle aree urbanizzate, indipendentemente dalla presenza di polline, è più esposto alle allergie respiratorie proprio a causa dell’interazione tra pollini e inquinamento.”
Ci sono differenze tra zone urbane e rurali?
“Nelle zone rurali, nonostante la presenza di pollini, la differenza sostanziale è che in queste aree aperte il vento e la pioggia purificano facilmente l’aria. Al contrario, nelle aree urbane l’urbanizzazione non favorisce un buon ricambio atmosferico. In particolare, è stata notata la presenza di inquinanti a base di nitrati, uno dei motivi per cui abbiamo registrato problemi respiratori più gravi anche nei casi di Covid, soprattutto nel Nord-Est italiano.
I nitrati sono strettamente legati ai gas di scarico dei veicoli diesel. Paradossalmente, per controllare meglio le emissioni di particolato, oggi nei diesel viene utilizzata l’urea, che però contiene alte concentrazioni di nitrati, aumentando così la presenza di nitrili nell’atmosfera. L’urea è anche ampiamente utilizzata in agricoltura come fertilizzante, specialmente nelle coltivazioni intensive, contribuendo ulteriormente all’accumulo di azoto nell’ambiente.”
Considerando l’aumento dei casi dall’11% al 16% tra il 2018 e il 2024, quali proiezioni fa per i prossimi anni? Prevede un ulteriore incremento?
“La tendenza è sicuramente in crescita. Abbiamo dati scientifici, riportati da gruppi di ricerca francesi, che prevedono come questa crescente interazione tra pollini e inquinanti abbasserà sempre più la soglia di insorgenza dei sintomi e aumenterà le patologie allergiche. Si prevede addirittura un raddoppio degli attuali numeri entro il 2051.”
Cosa consiglia ai medici di medicina generale per intercettare precocemente i pazienti a rischio e gestire efficacemente questi nuovi scenari allergologici?
“È fondamentale prestare particolare attenzione alle categorie fragili, quindi bambini e anziani over 70. I sintomi collegati alla stagionalità che si riacutizzano, specialmente in soggetti con predisposizione familiare alle allergie, sono campanelli d’allarme importanti. Bisogna essere attenti a questa sintomatologia ricorrente e ingravescente nei periodi stagionali, intervenire tempestivamente e indirizzare il paziente verso una diagnosi specialistica. Oggi l’allergologo dispone degli strumenti per effettuare una diagnosi certa di allergia e impostare la terapia più appropriata.”