La salute sessuale è una componente primaria della qualità di vita dei pazienti oncologici, ma è ancora troppo spesso trascurata nella pratica clinica. Cancro e trattamenti come chirurgia, radioterapia, chemioterapia e terapie ormonali possono causare diverse disfunzioni sessuali. Nonostante la disponibilità di interventi farmacologici, riabilitativi e psicologici, pochi pazienti ricevono un supporto adeguato, spesso a causa della reticenza a parlarne o della scarsa formazione degli operatori sanitari.
Un recente position statement dell’AIOM, Associazione italiana di oncologia medica, conferma che la disfunzione sessuale è altamente prevalente nei pazienti oncologici, ma largamente sottostimata nella pratica clinica. Le percentuali variano in base al tipo di tumore, al sesso, al trattamento ricevuto e al contesto socio-culturale, con un impatto significativo sulla qualità della vita e sulla relazione di coppia.
Sexandthecancer® è un progetto dell’associazione di promozione sociale Mamanonmama Aps che punta a favorire una comunicazione aperta tra medici e pazienti, sostenendo l’integrazione della valutazione della funzione sessuale nei percorsi di cura.
Ad Amalia Vetromile, presidente di Mamanonmama e responsabile del progetto Sexandthecancer® abbiamo chiesto quale può essere il ruolo del medico di medicina generale per supportare il paziente oncologico in queste problematiche.
L’impatto negativo del cancro e dei suoi trattamenti sulla sessualità è ben noto. A seconda del tipo di cancro, l’impatto medio è del 66% nelle donne mentre negli uomini è di circa il 40% ma, per pazienti sottoposti a prostatectomia, arriva al 68%. I medici di medicina generale dovrebbero valutare la salute sessuale dei propri pazienti, sia perché impatta sulla qualità della vita da un punto di vista fisico, psicologico ed emotivo, sia perché rientra in un più ampio quadro di prevenzione, in quanto è sintomo di patologie che potrebbero aggravarsi con tempo”.
La sessualità è ancora un tema difficile da affrontare in ambulatorio. Quali strategie comunicative può adottare il medico di base per aprire il dialogo con pazienti oncologici e sopravvissuti?
Il medico di base dovrebbe avere un approccio sensibile e proattivo, consapevole che i pazienti sono imbarazzati a parlare delle loro esigenze sessuali, si sentono ansiosi e possono tendere a negarle o a trascurarle. Il medico potrebbe anche utilizzare un semplice questionario oppure formulare domande aperte sulla salute sessuale che normalizzerebbero la conversazione e ridurrebbero lo stigma”.
Quando un MMG intercetta una disfunzione sessuale in un paziente oncologico, quali sono i principali percorsi terapeutici o figure specialistiche a cui dovrebbe indirizzare il paziente per garantire un approccio integrato?
Sarebbe opportuno iniziare con una valutazione medica per determinare se squilibri ormonali o effetti collaterali dei trattamenti stiano contribuendo al problema. Sarà poi necessario indirizzare il paziente, in base alle disfunzioni rilevate a specialisti come urologi, ginecologi, psicologi e/o sessuologi”.
Quali conoscenze o strumenti pratici mancano oggi ai medici di medicina generale per gestire meglio questo aspetto e cosa sarebbe utile introdurre nella loro formazione?
“La disfunzione sessuale nei pazienti oncologici e nei sopravvissuti è spesso sottovalutata, quando addirittura non conosciuta. I MMG dovrebbero conoscere la panoramica dei disturbi che sono alla base delle disfunzioni sessuali. Sarebbe importante che nella loro formazione continua vengano introdotti elementi di base che caratterizzano le patologie croniche correlate al cancro e ai suoi trattamenti quali, ad esempio, la sindrome genitourinaria della menopausa nelle donne, la disfunzione erettile negli uomini, la climaturia in entrambi, ecc. Inoltre, conoscenze di base sulle possibili terapie ed elementi formativi che aiutino il medico ad indirizzare il paziente allo specialista clinico più adeguato alle sue esigenze terapeutiche”.



