a cura di: Stefano Cacciatore
Dipartimento di Scienze Geriatriche, Ortopediche e Reumatologiche, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma
L’invecchiamento della popolazione è una delle trasformazioni più rilevanti del nostro tempo. Secondo le stime delle Nazioni Unite, entro il 2050 oltre un miliardo di persone supereranno i 65 anni di età, con impatti profondi sui sistemi sanitari, sociali ed economici su scala globale (1). In Italia, dove l’aspettativa di vita è tra le più alte al mondo, la sopravvivenza media (lifespan) si attesta intorno agli 83 anni, ma il numero di anni vissuti in buona salute (healthspan) è sensibilmente inferiore.
Questo disallineamento, pari a circa 11 anni, ci impone una riflessione: non basta vivere più a lungo, occorre garantire qualità, autonomia e benessere durante gli anni guadagnati (2). Per rispondere a questa sfida, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha lanciato la Decade of Healthy Ageing (2021–2030), un’iniziativa globale volta a promuovere un invecchiamento sano e attivo (3).
Già nel World Report on Ageing and Health del 2015 (4), l’OMS aveva proposto una definizione evoluta di healthy aging, non più centrata solo sull’assenza di malattia o fragilità, ma sulla capacità di vivere una vita significativa e autonoma secondo i propri valori, nonostante l’avanzare dell’età.
In questa prospettiva, il focus si sposta dall’elenco delle patologie croniche al rafforzamento dell’abilità funzionale, ovvero la capacità di soddisfare i propri bisogni fondamentali, prendere decisioni, muoversi, partecipare alla vita sociale, restare attivi e connessi con il mondo circostante. Questa abilità funzionale nasce dall’interazione tra l’ambiente e ciò che l’OMS definisce capacità intrinseca, ovvero l’insieme delle risorse fisiche e mentali della persona, articolate in cinque domini principali (mobilità, funzioni cognitive, vitalità, funzione sensoriale e salute psicologica) (3,4).
Promuovere la capacità intrinseca significa, in sostanza, rafforzare le riserve funzionali individuali e ritardare il declino che spesso porta alla fragilità e alla disabilità. È un cambio di paradigma che la medicina geriatrica ha progressivamente abbracciato: dalla fase iniziale di adattamento dei modelli clinici alle specificità dell’età avanzata (5), al concetto di fragilità come vulnerabilità funzionale (6,7), fino all’attuale visione proattiva basata sulla promozione della riserva funzionale residua (3,4).
Capacità intrinseca e fragilità non sono concetti in contrasto, ma complementari (8). Se la fragilità misura quanto ci stiamo avvicinando alla perdita dell’autonomia, la capacità intrinseca ci mostra quanto margine abbiamo per restare indipendenti. Valutarla precocemente consente di intercettare segnali iniziali di vulnerabilità e di agire in modo mirato, anche in assenza di malattia.
Le evidenze epidemiologiche più recenti rafforzano questo approccio. Studi condotti in coorti inglesi e cinesi suggeriscono che gli anziani di oggi entrano nella vecchiaia con una riserva funzionale superiore rispetto alle generazioni precedenti, in particolare nei domini cognitivi, motori e nutrizionali (9). In altre parole, per una parte significativa della popolazione, “i 70 di oggi sono i 60 di ieri”.
In questo scenario, la capacità intrinseca si propone come un indicatore guida per identificare precocemente le traiettorie di declino e orientare interventi personalizzati. Per le cure primarie, ciò significa disporre di un nuovo strumento concettuale e operativo per sostenere l’autonomia delle persone anziane, valorizzando ciò che ancora funziona e intervenendo prima che la fragilità si manifesti.
I cinque domini della capacità intrinseca: definizione e rilevanza clinica
La capacità intrinseca, concetto cardine del modello dell’invecchiamento sano proposto dall’OMS, si articola in cinque domini funzionali che riflettono le risorse fisiche e mentali di cui l’individuo dispone per affrontare le sfide dell’età avanzata (10).
Tali domini non operano in modo isolato, ma interagiscono dinamicamente, contribuendo alla definizione del profilo funzionale complessivo della persona. Nelle cure primarie, comprenderne la natura e le implicazioni cliniche consente di orientare l’osservazione quotidiana verso una valutazione precoce delle traiettorie di declino.
Mobilità
il dominio della mobilità rappresenta le capacità motorie fondamentali per mantenere l’autonomia negli spostamenti, ed è strettamente correlato a esiti sfavorevoli quali disabilità, cadute e mortalità. Indicatori come la velocità del cammino e la capacità di alzarsi da una sedia sono validati nella letteratura come predittori robusti di eventi clinici avversi (11,12). Una riduzione della performance motoria, spesso silente, può riflettere alterazioni precoci nei sistemi neuromuscolare, cardiovascolare o respiratorio, anticipando di anni la comparsa di una fragilità conclamata (13,14).
Funzioni cognitive
La funzione cognitiva abbraccia domini complessi quali memoria, attenzione, linguaggio e capacità esecutive. Anche in assenza di demenza, il declino cognitivo può interferire significativamente con la gestione delle attività quotidiane, aumentando il carico assistenziale e riducendo la qualità di vita (15). La rilevazione precoce di segnali di compromissione cognitiva, spesso sfumati o sottovalutati, consente di attivare strategie preventive e di supporto, valorizzando la plasticità cognitiva residua (16,17).
Vitalità
Il dominio della vitalità fa riferimento allo stato nutrizionale e metabolico, inteso come espressione dell’equilibrio omeostatico dell’organismo (18). La perdita di peso involontaria, la riduzione dell’appetito o segni di malnutrizione, anche subclinici, rappresentano segnali d’allarme di una ridotta resilienza biologica (19). La compromissione del dominio della vitalità può accelerare il percorso verso la fragilità e incidere negativamente sulla prognosi, soprattutto in contesti di comorbidità o stress fisiologici acuti (20).
Benessere psicologico
Il benessere emotivo e la salute mentale costituiscono il quarto dominio, che comprende aspetti quali tono dell’umore, motivazione e coinvolgimento nelle attività quotidiane. Sintomi depressivi, spesso atipici o non riferiti spontaneamente, sono comuni nella popolazione anziana e si associano a un aumento del rischio di declino funzionale, isolamento sociale e peggioramento delle condizioni croniche (21). Il riconoscimento precoce di vulnerabilità psicologiche è essenziale per preservare l’autoefficacia e la qualità della vita (22,23).
Capacità sensoriale
La funzione visiva e uditiva, raccolta nel dominio della capacità sensoriale, gioca un ruolo cruciale nel mantenimento dell’interazione sociale e nella prevenzione dell’isolamento. I deficit sensoriali, spesso misconosciuti o considerati “fisiologici” con l’età, sono associati a un aumento del rischio di cadute, depressione e deterioramento cognitivo (24,25). Intervenire su questi aspetti, anche con soluzioni semplici e a basso costo, può avere un impatto sostanziale sulla sicurezza e sull’autonomia dell’individuo.
Nel loro insieme, i cinque domini delineano un modello di valutazione che si discosta dalla logica della diagnosi nosologica per orientarsi verso la valorizzazione delle risorse residue. Il monitoraggio regolare della capacità intrinseca consente di intercettare segnali precoci di vulnerabilità e di attuare interventi tempestivi, mirati e proporzionati, prima che si manifesti la disabilità. In questo senso, la capacità intrinseca si configura come un vero e proprio “vital sign” della geriatria moderna, capace di guidare le decisioni cliniche verso la promozione della salute e il mantenimento dell’autonomia.
Dalla teoria alla pratica: il modello icope e lo screening nei contesti reali
Tradurre il concetto di capacità intrinseca in azioni cliniche concrete è una delle sfide più rilevanti, ma anche più promettenti, della medicina dell’invecchiamento. In risposta a questa esigenza, l’OMS ha proposto il modello della Cura Integrata per le Persone Anziane (Integrated Care for Older People, ICOPE), una strategia operativa centrata sulla valutazione precoce e il supporto dinamico dei cinque domini della capacità intrinseca (26). La prima versione del manuale ICOPE, pubblicata nel 2019, è disponibile nella versione italiana sul sito della OMS.
Il primo passo del modello è lo screening funzionale, un’azione semplice e concepita per essere realizzata direttamente nel contesto delle cure primarie. Per facilitarne l’applicazione, l’OMS ha sviluppato l’ICOPE Screening Tool, uno strumento agile che consente di identificare tempestivamente eventuali segnali di compromissione nei cinque domini.
Per il dominio della mobilità, viene proposto il five-time-sit-to-stand test, che misura il tempo necessario ad alzarsi cinque volte da una sedia senza l’ausilio delle braccia. Un tempo eccessivamente lungo, o l’incapacità di completare la prova, sono indicativi di una ridotta riserva motoria e richiedono approfondimenti mirati. In presenza di un deficit, gli interventi raccomandati includono esercizi multicomponenti con focus su forza, equilibrio e resistenza, adattati all’età e alla condizione funzionale della persona.
Il dominio cognitivo viene esplorato mediante semplici domande sull’orientamento temporale e sulla memoria a breve termine. Un sospetto decadimento cognitivo, se confermato da strumenti più specifici come il Mini-Mental State Examination (MMSE) o il Montreal Cognitive Assessment (MoCA), apre la strada a programmi di stimolazione cognitiva, promozione dell’attività sociale e controllo dei fattori cardiovascolari modificabili.
La vitalità è indagata tramite indicatori nutrizionali essenziali, come la perdita di peso involontaria, la riduzione dell’appetito o l’indice di massa corporea. In caso di sospetta malnutrizione, è indicata una valutazione approfondita con strumenti come il Mini Nutritional Assessment e altri parametri clinici. Gli interventi possono comprendere l’arricchimento dietetico, l’integrazione nutrizionale orale e, nei casi più a rischio, il supporto nutrizionale individualizzato.
Per esplorare il benessere psicologico, lo screening si basa su domande rapide che rilevano sintomi depressivi o perdita di interesse nelle attività quotidiane. Qualora emergano segnali di vulnerabilità emotiva, si raccomanda una valutazione più strutturata con scale specifiche, come la Geriatric Depression Scale (GDS). Gli interventi possono spaziare dal counseling psicologico alla terapia cognitivo-comportamentale, fino al coinvolgimento dello specialista nei casi più complessi.
Infine, la capacità sensoriale viene valutata con domande dirette sulla qualità della vista e dell’udito, anche in presenza di ausili. Laddove disponibili, è incoraggiato l’impiego di strumenti digitali rapidi e validati, come le app audiometriche su tablet o smartphone. In caso di deficit confermati, sono indicati interventi riabilitativi specifici: correzione visiva, protesi acustiche, oppure, ove appropriato, procedure chirurgiche (es. cataratta).
Il percorso ICOPE promuove un approccio integrato, personalizzato e dinamico alla cura, capace di adattarsi all’evoluzione della capacità intrinseca nel tempo. A partire dall’implementazione del programma ICOPE in diversi contesti realworld, sono stati recentemente sviluppati e validati dei centili di riferimento per la capacità intrinseca in coorti di popolazione generale in Francia (studio INSPIRE-T) e in Brasile (ICOPE Brazil) (27).
Questi centili, nei prossimi anni, potrebbero fornire una base standardizzata per il monitoraggio longitudinale, consentendo di tracciare le traiettorie individuali nel tempo e di identificare precocemente i soggetti a maggior rischio di declino funzionale e disabilità.
Tuttavia, al di là della disponibilità di strumenti quantitativi, l’approccio centrato sulla capacità intrinseca implica un cambio di paradigma: l’attenzione clinica si sposta dalla semplice identificazione dei deficit alla promozione attiva delle risorse residue, attraverso interventi mirati al sostegno di ciascuno dei cinque domini. La valutazione non è finalizzata alla diagnosi, ma alla costruzione di un percorso di salute che valorizzi ciò che ancora funziona e che possa essere rafforzato. In questo senso, il modello ICOPE rappresenta una concreta opportunità per integrare la valutazione geriatrica nella pratica delle cure primarie, con l’obiettivo di mantenere l’autonomia, prevenire la disabilità e accompagnare l’invecchiamento in modo proattivo.
Capacità intrinseca e rischio di cadute: i risultati dello studio ilsirente
Le cadute rappresentano uno degli eventi sentinella più rilevanti nell’anziano, spesso preludio a un rapido declino funzionale, perdita dell’autonomia e aumento del rischio di istituzionalizzazione. Prevenirle non significa semplicemente ridurre gli incidenti domestici, ma intercettare precocemente un processo di compromissione funzionale, spesso silente, che riflette un’erosione progressiva delle riserve fisiche e mentali della persona (28).
In questa prospettiva, la capacità intrinseca offre un quadro integrato per riconoscere in anticipo le vulnerabilità che predispongono all’instabilità posturale e al rischio di caduta. Sebbene la sua misurazione sia ancora in fase di standardizzazione, gli strumenti di valutazione multidimensionale già adottati nella pratica geriatrica consentono oggi una stima affidabile di ciascuno dei suoi domini.
Utilizzando i dati dello studio ilSIRENTE, abbiamo voluto esplorare se e in che misura la capacità intrinseca, valutata attraverso i suoi cinque domini fondamentali, fosse associata al rischio di cadute recenti in una popolazione di ultraottantenni. Lo studio è stato condotto dal Dipartimento di Scienze Geriatriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e dalla Fondazione Policlinico Universitario “A. Gemelli” IRCCS. Ha coinvolto 319 partecipanti di età pari o superiore a 80 anni, residenti in una comunità rurale dell’area montuosa del Sirente, in Abruzzo. La valutazione ha incluso strumenti clinici validati per i cinque domini della capacità intrinseca. I punteggi ottenuti per ciascun dominio, normalizzati su una scala da 0 a 100, sono stati combinati in un indice globale rappresentativo del potenziale funzionale complessivo della persona (FIGURA 1).
Figura 1 Definizione del punteggio di capacità intrinseca
Fonte: Cacciatore S, Marzetti E, Calvani R, Picca A, Salini S, Russo, A, Tosato M, Landi F. Intrinsic capacity and recent falls in adults 80 years and older living in the community: results from the ilSIRENTE Study. Aging Clin Exp Res. 2024 Aug 10;36(1):169. doi:10.1007/s40520-024-02822-7
Lo studio ha incluso 319 persone di età media pari a 85,5 anni, di cui due terzi donne, residenti in comunità rurali dell’Appennino abruzzese. Il punteggio medio di capacità intrinseca era 80,5 su 100. Applicando un valore soglia pari a 77,6, i partecipanti sono stati suddivisi in due gruppi: capacità intrinseca alta (≥77,6) e capacità intrinseca bassa (<77,6). Coloro con alta capacità intrinseca, circa il 64% del campione, erano più giovani, più frequentemente uomini, più attivi fisicamente e presentavano meno disabilità, depressione, multimorbidità e cadute recenti. Le donne presentavano, in media, un punteggio di capacità intrinseca globale inferiore rispetto agli uomini (79,0 vs 83,4 su 100), con una maggiore proporzione classificata nel gruppo a bassa capacità intrinseca. Le differenze di genere erano particolarmente marcate nei domini della mobilità, della vitalità e del benessere psicologico, nei quali gli uomini riportavano punteggi significativamente più elevati. Al contrario, non sono emerse differenze sostanziali nei punteggi relativi alle abilità cognitive e sensoriali (FIGURA 2).
Figura 2 Confronto dei domini della capacità intrinseca e del punteggio totale
tra categorie di capacità intrinseca alta e bassa e tra uomini e donne
Dai modelli di regressione logistica, è emerso che un punteggio di capacità intrinseca più elevato era significativamente associato a una minore probabilità di cadute recenti (entro 90 giorni), anche dopo aver corretto per età, sesso, comorbidità e altre variabili rilevanti. Quando la capacità intrinseca veniva considerata come variabile continua, ogni punto in più era associato a una riduzione del 4% del rischio di caduta. Considerata invece come variabile dicotomica, avere una capacità intrinseca alta riduceva di circa il 70% le probabilità di cadere rispetto a chi presentava una capacità intrinseca bassa.
Tra i singoli domini della capacità intrinseca, la mobilità, misurata attraverso la Short Physical Performance Battery, è risultato associato in modo indipendente al rischio di caduta. I partecipanti con punteggi di mobilità più alti erano significativamente meno esposti al rischio di cadute.
Gli altri domini (vitalità, stato psicologico, funzione sensoriale e cognitiva) mostravano associazioni più deboli o non significative, confermando che la velocità del cammino e l’equilibrio rappresentano elementi chiave nel mantenimento della stabilità e nell’autonomia dell’anziano. L’analisi di mediazione, infine, ha suggerito che il legame tra capacità intrinseca e cadute è in parte mediato dal livello di attività fisica: una capacità intrinseca più alta consente una maggiore partecipazione alla vita attiva, che a sua volta contribuisce a prevenire le cadute, alimentando un circolo virtuoso tra riserva funzionale, movimento e sicurezza.
Conclusioni
La capacità intrinseca rappresenta oggi uno strumento concettuale e operativo per guidare le strategie di prevenzione nelle cure primarie. Valutarne precocemente i domini consente di intercettare vulnerabilità ancora silenti e di attuare interventi mirati per sostenere le riserve funzionali. Promuovere la capacità intrinseca significa agire a monte della fragilità, contribuendo in modo concreto alla prevenzione della disabilità e delle cadute, con benefici significativi per la salute e l’autonomia delle persone anziane.
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