Il trattamento con l’ipoglicemizzante semaglutide (agonista del recettore GLP-1), alla dose settimanale di 2,4 mg s.c., si mostra efficace nel migliorare le limitazioni funzionali e la sintomatologia in pazienti affetti da scompenso cardiaco correlato a obesità con frazione di eiezione preservata (HPpEF) e diabetici, inducendo un calo ponderale, indipendentemente dai valori iniziali di emoglobina glicata (HbA1c).
Sono queste le conclusioni di uno studio di recente pubblicazione sul Lancet Diabetes & Endocrinology, condotto da ricercatori dell’Università di Leicester. Il lavoro in questione è un’analisi prespecificata dei risultati ottenuti nell’ambito dello studio STEP-HFpEF DM in cui sostanzialmente la terapia con semaglutide mostrava effetti positivi in termini di riduzione del peso corporeo, miglioramento della sintomatologia correlata allo scompenso cardiaco e della qualità di vita dei pazienti.
STEP-HFpEF DM è un trial randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo, condotto in pazienti adulti con diabete di tipo 2 (DT2) e scompenso cardiaco correlato all’obesità (valori di BMI ≥30 kg/m2 e frazione di eiezione parzialmente ridotta o preservata-frazione di eiezione ventricolare sinistra ≥45%). Il disegno dello studio STEP-HFpEF DM prevedeva, dopo una stratificazione del campione in base ai valori di BMI al basale (<35 kg/m2 vs ≥35 kg/m2), la randomizzazione (1:1) a trattamento con semaglutide o con placebo.
L’efficacia del farmaco può dipendere dai valori iniziali di emoglobina glicata?
Sulla scorta dei dati raccolti nell’ambito dello STEP-HFpEF DM è stata condotta questa nuova analisi con l’obiettivo di indagare l’eventuale variazione degli effetti del trattamento in funzione dei livelli iniziali di HbA1c.
Questa analisi, oltre a valutare – a 52 settimane dall’inizio – i cambiamenti del peso corporeo, aveva l’obiettivo di valutare le variazioni del punteggio ottenuto con il questionario Kansas City Cardiomyopathy Questionnaire Clinical Summary Score (KCCQ-CSS), specifico per la valutazione di sintomi, limitazioni fisiche e funzionali e qualità della vita in pazienti con scompenso cardiaco.
L’analisi ha incluso complessivamente 616 partecipanti (età media 68,4 anni), 227 dei quali con valori di HbA1c al basale bassi, 226 medi e 163 elevati, per un follow-up mediano di 401 giorni.
Gli effetti dei trattamenti sugli end-point sono stati confrontati in base ai valori di emoglobina glicata al basale; in base a questi il campione è stato classificato in tre categorie: HbA1c bassa (<6,5%); HbA1c media (compresa tra 6,5% e 7,5%) e HbA1c elevata (≥7,5%). In tutti i sottogruppi, a distanza di 52 settimane, è stata riscontrata una diminuzione di peso; nel gruppo trattato con semaglutide il calo ponderale è stato generalmente pari a tre volte quello del gruppo placebo, e ha raggiunto un valore massimo pari al 10,8% nei pazienti con bassi valori basali di HbA1c(inferiori a 6,5%).
Positivi anche i cambiamenti dei punteggi ottenuti con il questionario, indicanti un miglioramento della sintomatologia nei pazienti in studio.
Per quanto riguarda i dati di sicurezza, la frequenza delle crisi ipoglicemiche, calcolata per tutti i partecipanti che avessero ricevuto almeno una dose del farmaco, è stata del 10% per i trattati e del 7% per il gruppo placebo, nonostante un buon controllo dei valori basali di HbA1c e il diffuso impiego concomitante di farmaci ipoglicemizzanti.
I risultati sembrano, pertanto, mostrare effetti positivi del farmaco sui sintomi dello scompenso cardiaco in pazienti obesi e diabetici, a prescindere dai valori basali dell’emoglobina glicata.