Con l’approvazione in Senato della proposta di legge, firmata dall’on. Roberto Pella, “Disposizioni per la prevenzione e la cura dell’obesità”, l’Italia è il primo paese al mondo a riconoscere l’obesità come malattia cronica non trasmissibile. Pella, che è presidente dell’Intergruppo parlamentare “Obesità, diabete e malattie croniche non trasmissibili” afferma che:
aver riconosciuto l’obesità come una vera e propria malattia testimonia la volontà piena di affrontarla come una priorità nazionale.”
I numeri mostrano uno scenario preoccupante. In Italia circa il 12% della popolazione adulta, pari a 6 milioni di persone, è affetto da obesità; a questo si aggiunge un ulteriore 40% con sovrappeso. In totale, quindi, oltre la metà degli adulti italiani ha un problema legato al peso corporeo. La situazione non è diversa nei più giovani: in Europa circa un bambino su tre è in sovrappeso o obeso, e i dati italiani sono sovrapponibili, con una prevalenza intorno al 30%.
Con l’approvazione della nuova legge cosa cambia per medici e pazienti? Lo abbiamo chiesto a Roberto Carlo Rossi, presidente dell’Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri della provincia di Milano (OMCeO-MI).
Dottor Rossi, la legge Pella riconosce l’obesità come malattia cronica non trasmissibile. Quali implicazioni concrete ci sono per medici e pazienti?
l’obesità era già considerata in alcune normative, ad esempio nelle tabelle per l’invalidità civile, ma questo riconoscimento normativo rappresenta un passo avanti. Significa destinare risorse specifiche a prevenzione e cura, come programmi di educazione sanitaria nelle scuole e iniziative per ridurre il consumo di zuccheri e bevande ad alta densità calorica. Inoltre, sancisce diritti per i pazienti obesi, non solo sul piano clinico, ma anche sull’accessibilità alle strutture: basti pensare a sedute o ambulatori adeguati. È un modo per affermare che l’obesità non è solo “una questione di volontà”, ma una condizione patologica complessa”.
Questo riconoscimento può contribuire a ridurre lo stigma sociale?
Sì, anche se da solo non basta. Le leggi non cancellano lo stigma, ma avviare un percorso culturale è fondamentale. In Italia il body shaming è ancora diffuso; altrove, come negli Stati Uniti, è addirittura perseguito. Senza estremizzare, è importante comprendere che discriminare per obesità è come discriminare per un’altra disabilità o per caratteristiche fisiche. Questa legge può essere un catalizzatore di consapevolezza collettiva”.
L’obesità è multifattoriale: genetica, ambiente e fattori sociali interagiscono. In che modo, secondo lei, la legge Pella può favorire un approccio multidisciplinare?
proprio riconoscendo la natura complessa del problema. Gli strati sociali più svantaggiati sono i più esposti, perché trascurano la prevenzione e associano il cibo all’idea di benessere. L’epidemia di obesità che osserviamo anche in Italia richiede interventi coordinati: corretta alimentazione, attività fisica, chirurgia bariatrica dove indicata, nuovi farmaci quando appropriati. È un approccio “a bouquet”, come già avviene per diabete e fumo: integrare prevenzione, terapie e supporto sociale per ritardare la comparsa delle cronicità e migliorare la qualità della vita”.
Quanto conta la prevenzione in età scolare?
da decenni sostengo la necessità di introdurre l’educazione sanitaria nelle scuole, non con il vecchio modello del medico scolastico, ma con programmi strutturati e trasversali. Si tratta di fornire ai ragazzi informazioni corrette su stili di vita, igiene, vaccinazioni, sessualità responsabile, corretto utilizzo del SSN. I giovani assorbono queste nozioni come spugne e diventano adulti più consapevoli, riducendo anche gli sprechi del sistema sanitario. Esperienze come la “curvatura biomedica” hanno mostrato la grande sete di conoscenza scientifica degli studenti. È un investimento culturale prima ancora che sanitario”.
Quali eventuali criticità intravede nell’attuazione della legge Pella?
il rischio maggiore è che resti lettera morta. Abbiamo già visto progetti avviati con buone intenzioni, poi abbandonati. Serve un monitoraggio serio, non l’ennesima commissione di facciata. Stato e Regioni devono garantire che i fondi siano utilizzati davvero per prevenzione, cura e formazione. Solo così la legge potrà tradursi in cambiamenti concreti e duraturi”.
I contenuti della legge
L’articolo 1 enuncia i princìpi e le finalità della proposta, volta a garantire la tutela della salute e il miglioramento delle condizioni di vita dei pazienti affetti da obesità, definita come una malattia progressiva e recidivante.
L’articolo 2 prevede che, al fine di garantire equità e accesso alle cure, i soggetti affetti da obesità usufruiscono delle prestazioni contenute nei livelli essenziali di assistenza (LEA) erogate dal Servizio sanitario nazionale.
L’articolo 3 autorizza, per il finanziamento di un programma nazionale per la prevenzione e la cura dell’obesità, la spesa di 700 mila euro per l’anno 2025, di 800 mila euro per l’anno 2026 e di 1,2 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2027.
Alla ripartizione di tali risorse tra le Regioni si provvede con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, ai fini dell’adozione di iniziative rivolte: alla prevenzione del sovrappeso e dell’obesità, in particolare infantile e delle relative complicanze, nonché al miglioramento della cura delle persone con obesità; al sostegno e alla promozione dell’allattamento al seno quale nutrimento necessario a prevenire l’obesità infantile, sostenendone la continuità fino almeno ai sei mesi di età, come indicato dall’OMS, anche nei luoghi di lavoro e negli asili; alla responsabilizzazione dei genitori nella scelta di un’alimentazione equilibrata per i propri figli e sull’importanza di limitare il consumo giornaliero di alimenti e di bevande con un elevato apporto energetico e con scarse qualità nutrizionali; ad agevolare l’inserimento delle persone con obesità nelle attività scolastiche, lavorative e sportivo-ricreative; alla promozione delle attività sportive e della conoscenza delle principali regole alimentari nelle scuole primaria e secondaria di primo e di secondo grado, finalizzate a migliorare lo stile di vita degli studenti; a promuovere, nel rispetto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, iniziative didattiche extracurriculari per lo svolgimento di attività sportive e volte a rendere consapevoli gli studenti sull’importanza di un corretto stile di vita; alla diffusione, mediante campagne di informazione, tramite i mass media, in collaborazione con gli enti locali, le farmacie, i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, di regole semplici ed efficaci per un corretto stile di vita; all’educazione sulla corretta profilassi dell’obesità e del sovrappeso; a promuovere la più ampia conoscenza dei centri per i disturbi alimentari e per l’assistenza alle persone con obesità esistenti, in modo da favorire l’accesso a tali strutture, anche in una prospettiva di prevenzione delle malattie connesse all’obesità.
Viene poi stabilito che, al fine di promuovere la formazione e l’aggiornamento in materia di obesità e sovrappeso degli studenti universitari, dei medici di medicina generale, dei pediatri di libera scelta e del personale del Servizio sanitario nazionale che intervengono nei processi di prevenzione, diagnosi e cura dell’obesità, è autorizzata la spesa di 400 mila euro annui a decorrere dal 2025.
L’articolo 4 prevede l’istituzione, presso il Ministero della salute, dell’Osservatorio per lo studio dell’obesità, cui sono attribuiti compiti di monitoraggio, studio e diffusione degli stili di vita della popolazione italiana.
L’articolo 5 autorizza la spesa di 100 mila euro annui a decorrere dal 2025 affinché il Ministero della salute promuova campagne di informazione, di sensibilizzazione e di educazione per lo sviluppo di un corretto stile di alimentazione e per favorire la pratica dell’attività fisica.
L’articolo 6 prevede infine, in merito alle Disposizioni finanziarie, che agli oneri derivanti dall’attuazione degli articoli 3 e 5, pari a 1,2 milioni di euro per l’anno 2025, a 1,3 milioni di euro per l’anno 2026 e a 1,7 milioni di euro a decorrere dall’anno 2027, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo previsto dalla legge di bilancio per il 2025.



