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gut brain

Asse intestino-cervello, i probiotici possono influire sulle funzioni cognitive?

Un progetto di ricerca italiano ricostruirà in laboratorio i meccanismi biologici di comunicazione tra intestino e cervello

Ricostruire i meccanismi biochimici lungo il percorso dall’intestino al cervello. Questo l’ambizioso obiettivo del progetto Minerva del Politecnico di Milano, finanziato con 2 milioni di euro dalla Comunità Europea, nell’arco dei prossimi 5 anni.

Gli ingegneri del Politecnico realizzeranno una piattaforma microbiota-intestino-cervello per studiare l’impatto della microflora intestinale sulla funzionalità del cervello. “L’ipotesi su cui si fonda Minerva è nota come “asse microbiota-intestino-cervello” spiega la coordinatrice del progetto Carmen Giordano. “Secondo tale ipotesi, la microflora presente nel nostro intestino, più propriamente detta microbiota intestinale, impatta le funzioni del cervello secondo un complesso insieme di meccanismi biochimici, coinvolgendo organi periferici con modalità ancora parzialmente oscure. La stessa connessione microbiota-cervello è ancora da considerarsi un’ipotesi poiché basata su evidenze sperimentali e cliniche cui però manca ancora un comprovato nesso causa-effetto”.

La piattaforma consentirà di esplorare in modo del tutto nuovo, simulandole su un banco da laboratorio, le connessioni dell’asse microbiota-intestino-cervello in condizioni sia fisiologiche sia patologiche, aprendo così la strada allo studio di nuove strategie terapeutiche.

L’obiettivo di questi studi è capire se ci sia un ruolo del microbiota nelle malattie neurodegenerative, come Parkinson e Alzheimer, e se si possa ipotizzare un intervento preventivo o terapeutico su questo processo.

Sulla stessa linea di ricerca si pongono anche studi clinici che testa l’effetto dei probiotici, sostanze che agiscono sulla composizione del microbiota. Tra le pubblicazioni recenti da segnalare un editoriale della Harvard Medical School di Boston (The Benefits of Probiotics ) che prospetta un effetto benefico dei probiotici sull’umore e sulle funzioni cognitive riprendendo precedenti studi, come quello pubblicato nel 2016 su Frontiers of Aging Neuroscience (Salami M et al.) o quello del Journal of Gastroenterology del 2013 (Tillisch K et al): nel primo pazienti Alzheimer che assumevano per 12 settimane una dieta con latte arricchito da 4 differenti specie di microbioti presentavano punteggi migliori ai test neuropsicologici per la compromissione cognitiva rispetto a soggetti comparabili che assumevano latte normale.

Nel secondo un gruppo di donne che per 4 settimane hanno assunto 2 volte al giorno yogurt arricchito con probiotici, se sottoposte a un test di espozione a volti arrabbiati o spaventati restavano più calme rispetto a quelle del gruppo di controllo e la risonanza magnetica evidenziava una minore attivazione della loro insula, l’area cerebrale deputata al controllo delle decisioni, della morale e dell’ansia, nonchè all’elaborazione delle sensazioni corporee interne, la cosiddetta body awarness.

I ricercatori di Harvard concludono che, se certamente i probiotici giocano un ruolo nel cosiddetto gut-brain axis, è ancora presto per affermare che gli stessi benefici dimostrati a livello intestinale si riverberino anche a livello cerebrale, di qui la necessità di ricerche più approfondite, come quella citata all’inizio.

Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.