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acidità

Farmaci antiacidi, attenzione alla carenza di ferro

Un uso prolungato degli inibitori di pompa protonica (PPI) aumenta il rischio di carenza di ferro. Un dato che si dovrebbe considerare con più attenzione quando si prescrivono questi farmaci.

Sono queste le conclusioni di uno studio pubblicato su Annals of Internal Medicine, che ha considerato una coorte di 25.806 pazienti di età ≥19 anni con una nuova diagnosi di carenza di ferro, tra il il 2005 e il 2016. I pazienti sono stati abbinati a casi-controllo e divisi in tre gruppi:

  • soggetti che avevano ricevuto PPI per una durata continua di almeno 1 anno,
  • soggetti che avevano seguito la terapia con PPI a intermittenza
  • soggetti che non avevano ricevuto prescrizioni di PPI.

Dopo l’elaborazione statistica, opportunamente aggiustata, il primo gruppo (terapia prolungata con PPI) aveva un rischio aumentato di carenza di ferro sia rispetto al secondo gruppo (terapia intermittente) sia rispetto al terzo gruppo (nessuna terapia) Rispettivamente OR 3.60 (IC 95% 3,32-3,91) e 1.51 (IC 95%, 1,44-1,58).

Il ruolo dell’acido cloridrico dello stomaco nell’assorbimento del ferro è noto, la novità di questa ricerca, che è stata curata da un team internazionale composto da ricercatori australiani e olandesi, è la verifica dell’effetto dei farmaci antiacidi sulla carenza di ferro.

Gli inibitori della pompa protonica, farmaci che hanno rivoluzionato la cura di ulcera, gastrite e reflusso gastroesofageo sono tra i medicinali più prescritti anche in Italia. Alle cautele da adottare, specialmente per l’uso prolungato, si aggiunge anche il monitoraggio del ferro.

Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.