La proposta di integrazione nei casi di mancanza di ferro o aumentato fabbisogno
Ferro Supremo® abbinato a magnesio è un integratore in grado di garantire biodisponibilità e tollerabilità ottimali di questi minerali
Il ferro è fondamentale per le funzioni biologiche, tra cui il processo di respirazione cellulare, la produzione di energia, la sintesi del DNA e la proliferazione cellulare [1]. Nell’organismo umano, esso si trova principalmente in forme complesse legate alle proteine (emoproteine) sotto forma di composti eme, in particolare nell’emoglobina presente negli eritrociti in circolo (quasi due terzi del ferro corporeo) e nella mioglobina, presente nel tessuto muscolare. Un ulteriore 25% è contenuto in una riserva di ferro prontamente impiegabile, mentre altre percentuali si trovano in una varietà di enzimi coinvolti nel metabolismo ossidativo e in molte altre funzioni cellulari [2].
Un sottile equilibrio tra l’assorbimento e la perdita con la dieta mantiene l’omeostasi del ferro [2]. Un individuo adulto, in media, immagazzina nel proprio organismo circa 1-3 g di ferro, mentre arriva a circa 1 mg il ferro che viene perso ogni giorno attraverso lo sfaldamento delle cellule della pelle e delle superfici mucose, compreso il rivestimento del tratto gastrointestinale.
Le mestruazioni aumentano la perdita media giornaliera di ferro a circa 2 mg al giorno nelle donne adulte in premenopausa. Un ulteriore fattore che aumenta (transitoriamente) il fabbisogno di ferro è il processo di crescita nella fase neonatale e infantile [2].
Il fabbisogno di ferro
Secondo l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), il fabbisogno giornaliero medio è di 6 mg per gli uomini e le donne in postmenopausa, e di 16 mg per le donne in premenopausa, tenuto conto che le percentuali di ferro assorbito, negli uomini e nelle donne, sono limitate al 16 e 18%, rispettivamente [3].
Il ferro contenuto negli alimenti, tuttavia, non è tutto uguale. Dal consumo di carne, pollame e pesce si ricava ferro eme, caratterizzato da un’elevata biodisponibilità (15%35%). Da cereali, legumi, frutta e verdura si ottiene invece ferro non eme, il cui assorbimento è molto più limitato (2%-20%). Complessivamente, tuttavia, nonostante questa differenza in termini di biodisponibilità, nella maggior parte delle diete la quantità di ferro non eme è di gran lunga superiore a quella del ferro eme, e contribuisce in misura maggiore al fabbisogno giornaliero rispetto al ferro eme [2].
Sempre in tema di alimentazione, occorre considerare alcuni fattori che agiscono da inibitori dell’assorbimento di ferro: tra i principali si annoverano, nelle diete a base vegetale, i fitati, che secondo alcuni studi, hanno un effetto dose-dipendente che inizia già a concentrazioni molto basse [2]. Altri composti con lo stesso effetto sono i polifenoli, in particolare quelli contenuti nel tè nero [2].
Particolare attenzione va dedicata al calcio, che ha dimostrato di avere effetti negativi sull’assorbimento del ferro sia non eme sia eme, il che lo differenzia da altri inibitori che agiscono solo sull’assorbimento del ferro non eme [2]. Infine, anche le proteine hanno un dimostrato effetto sull’assorbimento di ferro, non solo quelle di provenienza animale, contenute nel latte e nelle uova, ma anche quelle di provenienza vegetale, contenute per esempio nella soia [2].
Carenza di ferro e aumentato fabbisogno
Per carenza di ferro si intende la riduzione delle riserve di ferro che precede l’anemia da carenza di ferro o che persiste senza progressione. L’anemia da carenza di ferro è invece una condizione più grave, in cui bassi livelli di ferro sono associati ad anemia e alla presenza di globuli rossi ipocromici microcitici, con effetti importanti sulla salute di bambini e donne in premenopausa [1].
Le due condizioni sono attualmente riconosciute come problemi sanitari globali e sono riscontrabili comunemente nella pratica clinica quotidiana. Le stime epidemiologiche mostrano che, in assenza di fortificazione della dieta, la prevalenza di carenza di ferro si attesta al 40% nei bambini in età prescolare, al 30% nelle ragazze e donne in premenopausa e al 38% nelle donne in gravidanza. La carenza di ferro, inoltre, continua a essere la prima causa di anemia in tutto il mondo, anche se l’anemia da carenza di ferro è andata leggermente diminuendo negli ultimi anni [1].
In ambito clinico, occorre considerare le specifiche popolazioni che possono andare incontro a carenza di ferro. In primo luogo, va considerato l’aumento del fabbisogno fisiologico di ferro nella dieta durante specifiche fasi della vita (l’infanzia, l’adolescenza), l’ipermenorrea e la gravidanza nelle donne, e anche la frequente donazione di sangue [1,2]. Per i pazienti che rientrano in queste categorie, le cause della carenza di ferro sono spesso assenti e non è consigliabile un approfondimento diagnostico [2].
Quando la risposta al trattamento è insoddisfacente, è necessario prendere in considerazione cause diverse, anche nei pazienti appartenenti a questi gruppi ad alto rischio [2]. Tra i fattori ambientali, si possono considerare un apporto di ferro insufficiente dovuto a scelte dietetiche, nel caso per esempio di soggetti vegetariani e vegani, ma anche a malnutrizione e povertà. Non vanno inoltre trascurate le cause patologiche. Gastrectomia, bypass duodenale, chirurgia bariatrica, infezione da Helicobacter pylori, celiachia, gastrite atrofica, malattie infiammatorie intestinali (ad es. colite ulcerosa, morbo di Crohn) sono tutti fattori che possono esporre al rischio di un diminuito assorbimento di ferro.
Altre patologie del tratto gastrointestinale (esofagite, gastrite erosiva, ulcera peptica, diverticolite, tumori benigni, cancro intestinale, malattie infiammatorie dell’intestino) o del tratto genito-urinario possono causare una perdita cronica di sangue. Infine, vale la pena contemplare anche l’assunzione di farmaci quali glucocorticoidi, salicilati, FANS e inibitori della pompa protonica, possibili fattori genetici, come l’anemia da carenza di ferro refrattaria, e trattamenti con agenti per la stimolazione dell’eritropoiesi e malattie croniche (insufficienza renale cronica) [1].
Segnali, diagnosi e trattamento della carenza di ferro
La carenza di ferro può provocare segnali dovuti sia alla carenza di emoglobina (affaticamento, tachicardia e mancanza di resistenza) sia alla mancanza di ferro stesso: ciò non deve sorprendere, se si considera il ruolo chiave del ferro in molte proteine ed enzimi cellulari, in particolare nei citocromi e nella mioglobina. Un altro segnale di carenza di ferro non anemica può essere l’intolleranza al freddo, plausibilmente legata a una minore efficacia dell’ormone tiroideo [4].
Un mezzo comodo, economico ed efficace per trattare i soggetti con carenza di ferro è la somministrazione di ferro per via orale [1]. Sul mercato è disponibile attualmente un ampio ventaglio di diverse formulazioni di sali di ferro: oltre al solfato ferroso (FeSO4) – il più utilizzato – sono efficaci anche il gluconato e il fumarato. La dose giornaliera raccomandata per gli adulti con carenza di ferro è di 100-200 mg di ferro elementare e quella per i bambini è di 3-6 mg per chilogrammo di peso corporeo di una preparazione liquida; per entrambi i gruppi gli integratori dovrebbero essere somministrati in dosi divise senza cibo [1].
Tollerabilità e biodisponibilità degli integratori
Un problema comune con l’assunzione di sali di ferro è l’elevato rischio di disturbi gastrointestinali, spesso causa di un’inadeguata aderenza al trattamento e di insufficiente biodisponibilità [5]. Un metodo efficace per migliorare entrambi questi fattori prevede l’incapsulamento dei sali di ferro, insieme a vitamine e minerali, nei liposomi. Questi sono vescicole fosfolipidiche di dimensioni variabili tra 0,025 e 1 micron, che facilitano l’assorbimento dei nutrienti in essi contenuti tramite il meccanismo di fusione di membrana e fagocitosi [6].
Nella formulazione di Ferro Supremo® (FS), i liposomi veicolano ferro associato a vitamina C, rame e vitamina b12 (riboflavina) – tutti micronutrienti che concorrono a migliorare l’assorbimento di ferro. La vitamina C riduce il ferro alimentare ferrico (Fe3+) allo stato ferroso (Fe2+), forma più biodisponibile, oltre a proteggere il ferro stesso dall’aumento del pH luminale nel duodeno. Il rame contribuisce al normale trasporto del ferro nell’organismo. La vitamina b12 infine, è cruciale per la mobilitazione del ferro della ferritina, consentendo quindi il suo utilizzo nei tessuti [6].
Ferro Supremo® vs. solfato ferroso
Un recente studio ha valutato il profilo di biodisponibilità e sicurezza di Ferro Supremo® rispetto a solfato ferroso utilizzando cellule umane differenziate intestinali Caco-2, una linea cellulare che simula la barriera intestinale [7]. Dai dati raccolti è emerso che né Ferro Supremo® né il solfato ferroso sono in grado di compromettere la vitalità delle cellule Caco-2. L’analisi quantitativa e qualitativa hanno infatti mostrato che Ferro Supremo® può avere accesso al citoplasma, dove si accumula, per poi essere trasportato dalle cellule intestinali in modo quattro volte più efficiente del solfato ferroso. In conclusione, questa formulazione può essere considerata una scelta valida ed efficiente come integratore alimentare per rispondere alle carenze di ferro [7].
Ferro e magnesio
Ferro Supremo® si può ora trovare associato al magnesio, un altro macroelemento essenziale per il nostro organismo. Entra infatti nei meccanismi di regolazione della contrazione muscolare, della pressione arteriosa e dei livelli di zuccheri nel sangue. Inoltre, è coinvolto nel metabolismo dei grassi e nella trasmissione dei segnali nervosi. Per adulti e anziani il fabbisogno giornaliero è di 250-350 milligrammi, mentre per donne in gravidanza e allattamento può salire fino a 450 milligrammi [8]. La supplementazione con Ferro Supremo® e magnesio supporta il metabolismo energetico, ed è perciò indicata come supporto alla riduzione della sensazione di stanchezza e affaticamento [6].
Bibliografia
Camaschella C. Iron deficiency anemia. N Engl J Med 2015; 372:1832-43
Abbaspour, N.; Hurrell, R.; Kelishadi, R. Review on Iron and Its Importance for Human Health. J Res Med Sci 2014, 19, 164–174
Bresson JL, Burlingame B, Dean T et al. Scientific Opinion on Dietary Reference Values for Iron. EFSA J. 2015, 13, 4254
DeLoughery Iron Deficiency Anemia. Med Clin N Am. 2016
Tolkien, Z.; Stecher, L.; Mander, A.P.; Pereira, D.I.A.; Powell, J.J. Ferrous Sulfate Supplementation Causes Significant Gastrointestinal Side-Effects in Adults: A Systematic Review and Meta-Analysis. PLoS ONE 2015, 10, e0117383
MgS Ferro Scheda Informativa
Fanzaga M, Bollati C, Ranaldi G et al. Bioavailability Assessment of an Iron Formulation Using Differentiated Human Intestinal Caco-2 Cells. Foods 2023; 12(16):3016
https://www.epicentro.iss.it/sali/macroelementi
in collaborazione con Natural Point