Intestino irritabile, buoni risultati con la terapia comportamentale
Un gruppo di pazienti con sintomi gravi e persistenti collegati alla sindrome dell’intestino irritabile (IBS) ha ottenuto benefici evidenti e duraturi nel tempo imparando a controllare i sintomi, senza l’utilizzo di farmaci.
La ricerca è basata su un programma partito nel 2000 e finanziato dal National Institutes of Health americano. Si tratta di dei più grandi test di medicina comportamentale che non include un braccio di controllo con i farmaci. Guidato dai ricercatori dell’Università di Buffalo in collaborazione con i colleghi della New York University e della Northwestern University, lo studio è stato pubblicato online prima della stampa sulla rivista Gastroenterology.
Il trattamento testato consiste in una forma di terapia cognitivo comportamentale (CBT) che insegna le abilità pratiche per il controllo dei sintomi gastrointestinali. Il programma prevede 10 visite a domicilio oppure 4 sessioni in clinica. Le istruzioni per seguire il programma sono contenute anche in materiali di autoapprendimento consegnati ai pazienti.
Entrambi i trattamenti CBT si sono concentrati sulle informazioni riguardo le interazioni cervello-intestino, sull’auto-monitoraggio dei sintomi, sui fattori scatenanti della sintomatologia, sul controllo dell’ansia, sul rilassamento muscolare e sulla capacità di affrontare i problemi
“Il trattamento si basa su ricerche all’avanguardia che dimostrano che la connessione cervello-intestino è una strada a doppio senso”, ha spiegato Jeffrey Lackner, del Dipartimento di Medicina della Jacobs School of Medicine and Biomedical Sciences, Università di Buffalo (USA). “La nostra ricerca mostra che i pazienti possono imparare strategie per ricalibrare queste interazioni cervello-intestino in un modo che porti loro un significativo miglioramento dei sintomi”.
Dei 436 pazienti reclutati ha riportato un miglioramento dei sintomi dopo due settimane il 61% dei pazienti che ha seguito a domicilio una terapia comportamentale domiciliare, il 55% dei pazienti che hanno seguito il trattamento nell’ambulatorio e il 43% di coloro che avevano seguito solo un programma di educazione al paziente. Il beneficio del trattamento è persistito anche fino a sei mesi dopo la fine del programma.
“Questo è un approccio di trattamento rivoluzionario per un problema di salute pubblica che ha importanti costi economici e sulla qualità di vita, con poche cure mediche in grado di gestire l’intera gamma di sintomi” ha commentato Lackner.
La possibilità di applicare questo programma a domicilio, hanno sottolineato i collaboratori della ricerca, costituisce un’interessante prospettiva per i pazienti residenti in aree rurali o appartenenti a gruppi sociali disagiati.
Secondo James Jaccard della Silver School of Social Work, Università di New York (USA) “Lo sviluppo di questo approccio di gestione dei sintomi dell’IBS può interessare milioni di persone, principalmente donne, che soffrono di questa condizione spesso stigmatizzata e mal compresa, integrando le prospettive della medicina e delle scienze sociali. Una dimostrazione dell’efficacia di approcci di squadra e multidisciplinari per ridurre le disparità sanitarie nelle popolazioni più vulnerabili”.