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Covid-19, i fattori determinanti per l’andamento dell’epidemia

Le misure di contenimento della diffusione del virus COVID-19 adottate dai governi nazionali che possibilità hanno di influenzare l’andamento dell’epidemia? E quali sono i fattori determinanti per il successo di queste politiche?

Se lo chiedono in un editoriale pubblicato il 9 marzo su The Lancet un gruppo di esperti infettivologi ed epidemiologi dell’Imperial College di Londra (UK) delle università di Oxford (UK), di Utrecht (NL) e del National Institute for Public Health and the Environment (NL).

I fattori determinanti per l’andamento dell’epidemia

Le misure adottate in Cina (quarantena, distanziamento sociale e isolamento dei maggiori focolai di infezione) si sono rivelate efficaci nel contenere l’epidemia. Questo modello è applicabile con successo anche in altri paesi?

Per cercare di dare una risposta gli autori elencano i fattori chiave che determinano l’andamento di un’epidemia, alcuni dei quali sono attualmente poco conosciuti per COVID-19.

Innanzitutto, il fattore R0, ossia il tasso netto di riproduzione (basic reproductive rate), che indica il numero di nuovi casi generati in media da un singolo caso durante il periodo infettivo.

Per quanto riguarda COVID- 19 in Cina nelle prime fasi dell’epidemia questo valore è stato 2,5, un valore ben superiore a quello dell’influenza A, che in genere ha un R0 di circa 1,1–1,5.

Con questo tasso di riproduzione si può calcolare che, in assenza di misure di contenimento, circa il 60% della popolazione sarebbe infettata.

Più complesso è valutare la velocità di diffusione dell’epidemia e la sua probabile durata, in quanto sono determinanti alcuni fattori che, nel caso di COVID-19 non sono ancora chiari.

Il primo è la durata media dell’infezione e il periodo di tempo in cui una persona è contagiosa.

Per la pandemia di influenza A H1N1 del 2009, ricordano gli autori, nella maggior parte delle persone infette questi tempi erano brevi, con un giorno circa di infettività e alcuni giorni di picco di infettività per gli altri. Al contrario, per COVID-19, l’intervallo tra il momento in cui si contrae l’infezione e la fine dell’infettività sembra più lungo (si stima da 4,4 a 7,5 giorni), tempi simili a quelli della SARS.

La seconda incognita è se l’infettività inizia prima dell’inizio dei sintomi. Il periodo di incubazione per COVID-19 è di circa 5-6 giorni. Se a questi giorni sommiamo quelli che ci vogliono perché l’infezione si manifesti nella persona contagiata è probabile che ci sia una notevole infettività presintomatica. Per avere un riferimento, l’influenza A ha un’infettività asintomatica di circa 1–2 giorni, mentre la SARS presentava un’infettività presintomatica scarsa o assente. Questa caratteristica di Covid-19 potrebbe rendere meno efficace la misura della quarantena, che viene applicata dopo il manifestarsi dei primi sintomi.

La terza incertezza è se ci sono molti casi asintomatici di COVID-19. Le stime suggeriscono che circa l’80% delle persone con COVID-19 ha una malattia lieve o asintomatica, il 14% ha una malattia grave e il 6% è gravemente malato. Anche questo dato indica che la quarantena a partire dai sintomi potrebbe non essere molto efficace.

La quarta incertezza è la durata del periodo infettivo per COVID-19. Il periodo infettivo è generalmente breve per l’influenza A, ma sembra lungo per COVID-19 sulla base dei pochi studi virologici clinici disponibili, forse della durata di 10 giorni o più dopo il periodo di incubazione.

Cosa implicano questi confronti con l’influenza A e la SARS per l’epidemia di COVID-19 e il suo controllo? In primo luogo, gli autori ritengono che l’epidemia in un singolo paese inizialmente si diffonderà più lentamente di quanto sia tipico per un nuovo ceppo di influenza A.

In secondo luogo, l’epidemia di COVID-19 potrebbe essere più diluita dell’influenza A stagionale.

In terzo luogo, l’effetto delle stagioni sulla trasmissione di COVID-19 è sconosciuto. Con un R0 tra 2 e 3, i mesi estivi nell’emisfero settentrionale potrebbero non ridurre necessariamente la trasmissione al di sotto del valore dell’unità come per l’influenza A, che in genere ha un R0 di circa 1,1–1, 5.

Che misure adottare ?

Gli epidemiologi, ricordano gli autori di questo editoriale, devono aiutare i responsabili politici a decidere i principali obiettivi di mitigazione, ad esempio minimizzare la morbilità e la mortalità associata, evitare un picco epidemico che travolge i servizi sanitari, mantenendo gli effetti sull’economia entro livelli gestibili e appiattendo la curva epidemica per attendere lo sviluppo di vaccini e terapie farmacologiche antivirali. Tali obiettivi di mitigazione sono difficili da raggiungere contemporaneamente, quindi è necessario fare delle scelte in merito alle priorità, considerando anche l’importanza del potenziale impatto economico.

Secondo gli autori nessun vaccino o farmaco antivirale efficace sarà disponibile in tempi brevi. Lo sviluppo del vaccino è in corso, ma il problema principale è dove verranno condotti gli studi di fase III e chi produrrà il vaccino su vasta scala. Il numero di casi di COVID-19 sta rapidamente calando in Cina, ma un sito per gli studi sui vaccini di fase III deve trovarsi in un luogo in cui è in corso la trasmissione della malattia. La produzione su larga scala richiede che uno o più grandi produttori di vaccini accettino la sfida e collaborino strettamente con le aziende biotecnologiche. Questo processo richiederà tempo e probabilmente ci vorrà da 1 anno a 18 mesi per avere la disponibilità di un vaccino.

Quindi, per il momento non c’è altra arma che l’isolamento volontario più la quarantena obbligatoria, la sospensione delle manifestazioni di massa, la chiusura delle scuole e dei luoghi di lavoro in cui è stata identificata l’infezione e l’isolamento di famiglie e interi paesi e città.

Vantaggi e limiti delle singole misure

Le misure di distanziamento sociale, spiegano gli autori dell’editoriale di Lancet, riducono il tasso di contagio. Nel caso di COVID-19, che ha un R0 di 2,5, con questi provvedimenti si dovrebbe ridurre la trasmissione del virus del 60%.

La chiusura delle scuole, che è stato un pilastro della riposta alle pandemia di influenza A, nel caso di COVID-19 sembra meno importante dato l’apparente basso tasso di infezione tra i bambini.

Evitare grandi raduni di persone ridurrà il numero di eventi di super-diffusione; tuttavia, se per la trasmissione è necessario un contatto prolungato, questa misura potrebbe ridurre solo una piccola parte delle trasmissioni. Pertanto, sarà probabilmente necessario un distanziamento sociale su più ampia scala, come è stato messo in atto in Cina.

Questa misura impedisce la trasmissione da casi sintomatici e non sintomatici, appiattendo quindi la curva dell’epidemia e spingendo il picco in un tempo più lontano. Il distanziamento sociale su larga scala offre ai servizi sanitari il tempo di trattare i malati e aumentare la capacità e, a lungo termine, di sviluppare vaccini e trattamenti.

Le misure in corso in Italia, scrivono gli autori, fornirà dati preziosi sull’efficacia di questo approccio.

Maggiore è la riduzione della trasmissione, più lunga e piatta la curva epidemica (vedi figura), con il rischio, però, di ripresa dell’epidemia quando gli interventi vengono revocati per mitigare l’impatto economico.

Avrà successo il distanziamento sociale?

Le principali questioni epidemiologiche che determinano l’impatto delle misure di distanziamento sociale, secondo gli autori dell’editoriale, sono:

  • la percentuale di individui infetti che presentano sintomi lievi;
  • se questi individui si autoisoleranno e con quale efficacia;
  • quanto velocemente gli individui sintomatici si isolano dopo l’insorgenza dei sintomi;
  • la capacità effettiva di diffusione del virus nel periodo asintomatico.

Il comportamento individuale sarà cruciale per controllare la diffusione di COVID-19. L’azione personale, più che quella governativa, nelle democrazie occidentali potrebbe essere la questione più importante. Autoisolamento precoce, richiesta di assistenza medica da remoto a meno che i sintomi non siano gravi e il distanziamento sociale sono gli elementi chiave. Le azioni del governo per vietare le riunioni di massa sono importanti, così come le buone strutture diagnostiche e la consulenza sanitaria a distanza, insieme a trattamenti specializzati per le persone con malattie gravi.

L’analisi dei singoli modelli di contatto suggerisce che la tracciabilità dei contatti può essere una strategia di successo nelle prime fasi di un focolaio, ma la logistica della traccia tempestiva in media 36 contatti per caso costituisce una sfida.

Gli eventi di super-diffusione sono inevitabili e potrebbero sopraffare il sistema di tracciamento dei contatti, portando alla necessità di interventi di distanziamento sociale su più ampia scala.

Inoltre, ricordano gli autori, durante l’epidemia da virus Ebola nell’Africa occidentale nel 2014-2016, i decessi per altre cause sono aumentati a causa di un sistema sanitario saturo e dei decessi di operatori sanitari.

Questi eventi sottolineano l’importanza di un maggiore supporto per l’infrastruttura sanitaria e di procedure efficaci per proteggere il personale dalle infezioni.

Gli autori dell’editoriale su Lancet specificano che i modelli previsionali sull’andamento dell’epidemia possono aiutare i governi a prendere decisioni

Tuttavia, se è facile indicare gli obiettivi: riduzione del 60% dei contagi, isolamento di chi ha contratto l’infezione entro 1 giorno dal contagio, non è altrettanto semplice quali misure adottare per arrivare a questi risultati

Sono decisioni difficili per i governi – concludono gli autori – Come le persone risponderanno ai consigli per prevenire al meglio la trasmissione sarà importante quanto le azioni del governo, se non di più. Le strategie di comunicazione del governo per tenere informato il pubblico sul modo migliore per evitare l’infezione sono vitali, così come il supporto per gestire la recessione economica.

Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.