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Covid-19, va organizzata l’assistenza a lungo termine per i sopravvissuti

I sistemi sanitari dei paesi colpiti dall’epidemia di Covid-19 devono attrezzarsi per il monitoraggio e l’assistenza a lungo termine di una percentuale significativa dei pazienti che sono sopravvissuti a una forma grave della malattia. Non seguire questi pazienti nelle settimane e nei mesi successivi alla dimissione dall’ospedale può comportare rischi per la loro salute e un ulteriore carico per il sistema sanitario.

L’indicazione viene da un team di ricerca inglese che ha messo a punto un programma di riabilitazione basato sulla sinergia tra cure primarie e assistenza specialistica.

Lo studio inglese

“Sappiamo dalle precedenti epidemie di influenza spagnola, SARS ed Ebola che fino a un terzo dei sopravvissuti può soffrire di problemi di salute a lungo termine, in particolare stanchezza cronica che ha implicazioni sulla vita familiare, sul lavoro e sulla spesa sanitaria.”

Lo ha affermato Manoj Sivan, autore con altri colleghi dell’Università di Leeds, nel Regno Unito, di uno studio sulla riabilitazione a lungo termine dei pazienti Covid-19, che hanno avuto la malattia in forma grave, pubblicato sul Journal of Rehabilitation Medicine.

“Si stima – precisano gli autori dello studio – che fino ad oggi, 23 milioni di persone in tutto il mondo sono state infettate dalla malattia. La maggior parte ha avuto una malattia lieve, ma una minoranza considerevole, fino a un milione, avrà postumi che dureranno per molti mesi e forse anni.”

Gli ospedali universitari di Leeds con fondi del NHS, il servizio sanitario nazionale inglese, hanno sperimentato un programma di riabilitazione per le persone che hanno avuto forme gravi di Covid-19. I pazienti vengono contattati dal loro medico di famiglia o da uno specialista del team di riabilitazione dell’ospedale dopo sei e 12 settimane dalla fase acuta della malattia. Con un questionario appositamente predisposto si verifica la persistenza di alcuni sintomi e le loro manifestazioni.

Lo screening identifica i sintomi che devono essere valutati con urgenza da operatori sanitari specializzati nei servizi di assistenza secondaria o primaria. I servizi includono medicina respiratoria, riabilitazione polmonare, fisioterapia, terapia occupazionale, psicologia.

I sintomi persistenti più comuni identificati in questa ricerca sono stati stanchezza, mancanza di respiro e disagio psicologico.

Il dottor Ian Clifton, docente onorario senior presso l’Università di Leeds e consulente in medicina respiratoria, spiega: “Una delle sfide che dobbiamo affrontare è che COVID-19 è una nuova malattia e non conosciamo ancora gli esiti a lungo termine. È essenziale che mettere a punto programmi di riabilitazione con il contributo di una serie di specialisti.”

Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.