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Microbiota e salute, prima, durante e dopo la pandemia

“Il nostro microbiota intestinale contiene decine di trilioni di microrganismi e oltre 1.000 specie conosciute di batteri, che svolgono importanti funzioni all’interno del corpo umano. Non sorprende che vi sia un notevole interesse e sempre più ricerche sul ruolo che i microrganismi intestinali potrebbero svolgere nella salute e nelle malattie”.

Con queste parole l’Organizzazione mondiale dei gastroenterologi (WGO) ha annunciato che il WDHD (World Digestive Health Day) del 2020 è dedicato al microbiota intestinale.

La grande campagna di sensibilizzazione e informazione della classe medica e della popolazione (accessibile dal sito) offre una prospettiva globale sullo stato di salute del microbiota sia nella popolazione dei paesi sviluppati, con l’alta incidenza di patologie croniche legate a problemi metabolici, sia nei paesi a basso reddito con i problemi della scarsità e della scarsa varietà dell’alimentazione.

Una visione globale che oggi è drammaticamente attuale con la pandemia causata da SARS-CoV-2. Anche per il Covid-19 si può ipotizzare un ruolo del microbiota sia per quanto riguarda la diffusione del virus nell’organismo, che potrebbe chiamare in causa il rapporto tra microbiota intestinale e microbiota dell’epitelio polmonare (asse intestino-polmone), sia per l’influenza del microbiota sulla risposta immunitaria.

Asse intestino-polmone

Il possibile ruolo diretto del microbiota intestinale nella diffusione del virus SARS-CoV-2 viene affrontato in una recente rassegna pubblicata on line il 13 maggio sulla rivista “Virus Research”, a firma di Debojyoti Dhar responsabile della di Leucine Rich Bio, società biotech indiana dedicata allo studio del microbiota e Abhishek Mohanty del R. Gandhi Cancer Institute e Reserch Centre di New Delhi, India.

La presenza di sintomi gastrointestinali associabili a Covid-19 e il rinvenimento del virus SRAS-CoV-2 in campioni fecali di pazienti infetti fa pensare che il virus oltre che attaccare i polmoni tenda a diffondersi anche nell’apparato gastrointestinale.

I primi dati disponibili indicano nei pazienti ricoverati in ospedale per infezione Covid-19 un’alterazione del microbiota intestinale. Per esempio uno studio pilota cinese su 15 pazienti con COVID-19, ha riscontrato alterazioni persistenti del microbioma fecale durante il periodo di ricovero, rispetto ai controlli. Le alterazioni del microbiota fecale erano associate ai livelli di gravità della malattia.

A questo proposito i ricercatori indiani notano che le cellule dell’epitelio intestinale, oltre a quelle dell’epitelio polmonare, esprimono ACE-2 (enzima convertitore dell’angiotensina) a cui si lega il virus. Diverse ricerche hanno accertato un rapporto tra i batteri del microbiota intestinale e quelli del microbiota polmonare, tanto che si parla di “asse intestino-polmoni”. Un rapporto che è bidirezionale, in quanto i metaboliti dei microbi presenti nella flora intestinale possono venire a contatto, attraverso la circolazione sanguigna, con il microbiota polmonare e un’infezione polmonare può influire negativamente sull’equilibrio del microbiota intestinale.

In una recente rassegna pubblicata sullla rivista Immunology da Rachele Invernizzi e colleghi, dell’Imperial College di Londra (UK) si legge che: “le cellule epiteliali polmonari sono sempre più riconosciute come effettori attivi della difesa microbica, contribuendo alla funzione immunitaria sia innata che adattiva nel tratto respiratorio inferiore. (…) Le moderne tecniche molecolari hanno scoperto la complessità del microbioma del tratto respiratorio inferiore. L’interazione tra il microbiota e l’epitelio delle vie aeree è la chiave per capire come viene mantenuta l’omeostasi immunitaria stabile. La perdita di integrità epiteliale in seguito all’esposizione alle infezioni può provocare l’insorgenza di infiammazione in soggetti sensibili e può culminare in una malattia polmonare.”

Microbiota e sistema immunitario

Un altro aspetto riguarda il rapporto del microbiota intestinale con il sistema immunitario. Gli studi più recenti indicano che il microbiota dell’intestino ha un ruolo importante nella regolazione delle funzioni innate e adattative del sistema immunitario.

Quindi nella risposta al coronavirus, il microbiota potrebbe essere chiamato in causa sia per una risposta immunitaria troppo debole, che rende il soggetto più suscettibile all’infezione, sia per una risposta infiammatoria eccessiva che aggrava il decorso clinico.

 

Un conferma indiretta del ruolo del microbiota nel Covid-19 viene dalla considerazione che la diversità e la salute del microbiota intestinale è ridotta nella vecchiaia che è la fascia d’età più colpita e con gli esiti peggiori dall’infezione.

Il possibile ruolo della dieta

Se dunque lo squilibrio del microbiota potrebbe avere un ruolo nella maggiore suscettibilità al Covid-19 e nella maggiore gravità clinica della malattia si può ipotizzare l’utilità di un intervento dietetico e nutrizionale sia come profilassi per diminuire le possibilità di contrarre la malattia sia come rafforzamento delle terapie.

Esistono diverse evidenze sull’influenza della dieta sullo stato di salute del microbiota, con effetti di modulazione dei processi infiammatori.

Tra gli studi più recenti ,ce n’è uno particolarmente interessante presentato al congresso europeo di gastroenterologia UEG dello scorso anno. I ricercatori del Medical Center dell’Università di Groningen, Paesi Bassi, hanno analizzato i campioni fecali di quattro gruppi di pazienti sani e con patologie gastrointestinali (malattia di Crohn, la colite ulcerosa e con sindrome dell’intestino irritabile (IBS) e li hanno confrontati con le loro abitudini alimentari rilevate con un questionario.

I risultati hanno identificato 61 singoli alimenti associati a popolazioni microbiche e 49 correlazioni tra modelli alimentari e gruppi microbici.

In estrema sintesi lo studio ha evidenziato i benefici per la salute del microbiota degli alimenti prevalenti nella dieta mediterranea come cereali, meglio se integrali, legumi, pesce e frutta secca. Mentre un consumo troppo frequente di carne, cibi pronti e zucchero raffinato può avere effetti negativi sulla salute del microbiota.

Altre evidenze riguardano yogurt e prodotti con latte fermentato che sono associati a un potenziamento dei batteri “buoni”.

Laura Bolte prima autrice dello studio ha sintetizzato così le raccomandazioni nutrizionale che si ricavano da questo studio:

“Una dieta caratterizzata da frutta a guscio, frutta, maggiore assunzione di verdure e legumi rispetto alle proteine animali, combinata con un consumo moderato di alimenti di origine animale come pesce, carne magra, pollame, prodotti lattiero-caseari fermentati a basso contenuto di grassi e vino rosso e una minore assunzione di carne rossa, carne trasformata e dolci, sono beneficamente associati all’ecosistema intestinale nel nostro studio.”

Infine vanno considerati gli effetti positivi, documentati da numerose ricerche, sulla funzionalità del microbiota intestinale di integrazione con prebiotici e probiotici. Un capitolo da approfondire con ulteriori studi anche per il Covid-19.

l miglioramento del profilo del microbiota intestinale attraverso un’alimentazione personalizzata e l’integrazione nota per migliorare l’immunità può essere uno dei modi profilattici con cui l’impatto di questa malattia può essere ridotto al minimo negli anziani e nei pazienti immunocompromessi.

Possono essere avviati ulteriori studi per vedere l’effetto della co-integrazione di alimenti funzionali personalizzati inclusi prebiotici / probiotici insieme alle terapie attuali.

Alessandro Visca
Alessandro Visca

Giornalista specializzato in editoria medico­­­­-scientifica, editor, formatore.