Obesità in Italia, una malattia ancora sottovalutata
In Italia un’alta percentuale di pazienti non considera l’obesità una malattia cronica e raramente i medici vanno oltre raccomandazioni generiche sulla dieta e l’esercizio fisico.
Una sostanziale sottovalutazione dell’obesità nel nostro Paese emerge dai dati italiani dello studio internazionale ACTION-IO pubblicato su Eating and Weight Disorders – Studies on Anorexia, Bulimia and Obesity.
Lo studio internazionale ACTION-IO (Awareness, Care, and Treatment In Obesity MaNagement – an International Observation), finanziato da Novo Nordisk, ha coinvolto 11 paesi in cinque continenti, con l’obiettivo di identificare le percezioni, le attitudini, i comportamenti e gli ostacoli per la cura dell’obesità sia per le persone con obesità sia per i medici. In Italia sono state 1.500 le persone con obesità e 300 i medici che hanno completato il questionario.
L’obesità vista dai medici e dai pazienti
Dalla survey è emerso che l’84 % delle persone con obesità è consapevole del grande impatto di questa condizione sulla salute generale, tuttavia quasi il 40% non la ritiene una malattia cronica, come invece dichiara il 91% dei medici intervistati. Solo il 13% dei pazienti e il 19% dei medici ha dichiarato che la società e/o l’assistenza sanitaria italiana stiano rispondendo alle esigenze delle persone con questa malattia.
“L’obesità deve essere considerata come una malattia cronica, a patogenesi multifattoriale, che necessita di cure e attenzioni adeguate. La gestione terapeutica è complessa e richiede un approccio multidimensionale. Le principali linee guida dell’obesità indicano che il primo passo della terapia è rappresentato dalla modificazione degli stili di vita attraverso l’intervento nutrizionale, l’incremento dell’attività fisica strutturata e le modifiche comportamentali. Tuttavia, quando questa prima strategia risulta insufficiente o del tutto inefficace è possibile ricorrere alla terapia farmacologica e in alcuni casi alla chirurgia bariatrica”, afferma Paolo Sbraccia, Vice Presidente IBDO Foundation e Professore Ordinario di Medicina Interna dell’Università di Roma “Tor Vergata”
Le raccomandazioni dei medici
Dallo studio è emerso che le raccomandazioni più frequenti dei medici alle persone con obesità sono state di migliorare le abitudini alimentari e ridurre l’apporto calorico (63%) e praticare attività fisica (63%). Meno frequentemente è stato consigliato di seguire una dieta specifica (22%) o programmi di allenamento (34%) e raramente di ricorrere a farmaci per la perdita di peso su prescrizione (11%) o alla chirurgia bariatrica (10%). Poche volte è stato anche raccomandato di rivolgersi a degli specialisti (24%) e a nutrizionisti o dietisti (31%).
Inoltre, solo una minoranza di medici ritiene attualmente disponibili valide opzioni farmacologiche (25%) o di chirurgia bariatrica (58%) per perdere peso. Analogamente, la maggior parte delle persone con obesità ha dichiarato che preferisce gestire il proprio peso autonomamente piuttosto che dover ricorrere all’utilizzo di farmaci (83 per cento) o della chirurgia (81 per cento).
“In linea con lo studio internazionale ACTION-IO, i dati italiani rivelano la necessità di implementare le conoscenze sull’obesità di medici, governi, persone con obesità e opinione pubblica in generale, migliorando l’educazione relativa alle basi biologiche per far sì che venga riconosciuta come malattia cronica. In secondo luogo, bisogna sfidare la percezione errata che l’obesità sia sotto il controllo dell’individuo e i medici devono promuovere conversazioni utili sulla perdita di peso. Infine, è necessario migliorare la formazione degli operatori sanitari per quanto riguarda la gestione clinica dell’obesità sottolineando l’importanza di un approccio multidisciplinare”, conclude Paolo Sbraccia.